ISSN 2239-8570

Il contratto di rete e sviluppo dell’impresa, di Giuseppe Vettori

Giuseppe Vettori – Professore Ordinario di Diritto Civile

1.Variazioni sul contratto. 2. Le reti contrattuali. 3. La funzione e l’utilità. 4. Sul contratto di rete 4.1 Tipicità e atipicità. 4.2 L’intreccio di fonti diverse. 4.3 Il controllo del contenuto.

•1.      Variazioni sul contratto.

Per riflettere sul ruolo dell’autonomia privata in aree prima occupate dalla legge  occorre prestare attenzione al contratto, come  fatto che occupa uno spazio fisico (come quelli materiali) ed è soggetto al tempo ( a differenza di quelli ideali). Dunque un atto sociale che deve essere valutato e disciplinato in base alle percezioni del tempo e per le funzioni che può realizzare(1). 

Le nuove finalità possono essere riassunte  con uno slogan che ponga il luce  un passaggio netto. Dallo di scambio alla organizzazione per creare e agevolare nuova ricchezza e per permettere che essa sia utilizzata al meglio nell’intero ciclo di vita dell’impresa.

Esempi evidenti, in tal senso, si hanno nei rapporti reticolari creati e disciplinati come strumento di sviluppo  alternativo ad altri modelli organizzativi (2) e nella nuova disciplina fallimentare.

 Su entrambi  i temi è utile  soffermarsi.

2. Le reti contrattuali.

Il fenomeno delle reti di imprese (3) assume, sempre più, un deciso rilievo in un contesto socio-economico che si interroga sulle sfide del mercato  globale e su tutto ciò che esso comporta  in tema di sviluppo della produttività  e della internazionalizzazione delle aziende (4).

In tale settore il contratto assume un preciso ruolo  come strumento di sviluppo  alternativo alla struttura societaria   o alla “crescita interna all’impresa” e come atto dotato di funzioni diverse. Dal coordinamento produttivo o distributivo ad una funzione di ristrutturazione e di risanamento, sino a strategie  di collaborazione .

Al centro c’è dunque un “insieme di relazioni contrattuali ovvero organizzative, che tendono a coordinare la governance e l’attività di una pluralità di imprese in modo tendenzialmente stabile” attraverso, reti di contratti collegati, reti organizzative composte da enti giuridici “promossi e partecipati dalle imprese nodo”, reti complesse ove si combinano “strumenti contrattuali e organizzativi di coordinamento”, reti proprietarie costituite mediante l’intreccio di partecipazioni incrociate. Tutto ciò attraverso una ” supplenza associativa”  coordinata con attori “collettivi e individuali pubblici e privati, a livello locale e regionale” rivolta ad una “costruzione sociale e politica della competitività”(5).

Basta pensare al ruolo, strategico, dei distretti tecnologici  che conta almeno ventiquattro realtà riconosciute dal Ministero dell’Università e della ricerca(6).

“Le principali esperienze nazionali ed internazionali nella gestione dei sistemi locali di innovazione suggeriscono come l’efficienza di tali sistemi sia fortemente influenzata dalla presenza locale di enti preposti al coordinamento ed all’indirizzo delle attività realizzate”. Enti capaci di favorire la presenza di fondazioni o enti consortili, di “attivare processi di animazione dei distretti favorendo processi di collegamento di apprendimento collettivo o di collaborazione diffusa”(7).

Dalle reti emerge insomma un modello particolarmente funzionale alle esigenze dell’economia italiana in questo momento. Per una serie di motivi.

“L’Italia soffre di un gap di capacità innovativa rispetto ai principali paesi europei” e ciò dipende “sia da un livello strutturalmente insufficiente di investimenti in risorse per la ricerca e sviluppo sia da una insufficienza di sistema”. “Fra gli Stati membri dell’Unione europea compare nel gruppo di coda con Estonia, Malta, Ungheria, Croazia e Slovacchia” mentre Francia, Germania e Paesi Scandinavi hanno incrementato di oltre un terzo la produzione e l’esportazione di prodotti di alta tecnologia e gli investimenti in Ricerca e sviluppo”. Sicchè “la loro presenza in settori avanzati è sempre più sostenuta dalla presenza di grandi multinazionali in grado di competere sul mercato con concorrenti statunitensi e giapponesi”(8). “Nella valutazione complessiva basata sugli obbiettivi degli indicatori strutturali, fissati a Lisbona, l’Italia si posiziona nel 2006 al ventunesimo posto”. E’ evidente che uno dei problemi maggiori del nostro paese è “la bassa produttività..come manifestazione evidente di una scarsa innovazione” e una delle  risposte non può essere che la promozione di “cambiamenti strutturali del suo sistema produttivo centrati sullo sviluppo di imprese che producano beni ad alto contenuto di conoscenza”(9).

Questo obbiettivo può essere centrato investendo nell’industria tradizionale o valorizzando la struttura distrettuale italiana. Da qui l’analisi e il potenziamento di “appropriati modelli evolutivi basati sul meccanismo delle reti” che prevedono “una complessa articolazione di interazioni tra attori diversi, governi, istituzioni, imprese, università. Quando questa articolazione funziona permette flessibilità ed adattabilità al mercato e consente di sfruttare le potenzialità locali”(10).

3. La funzione e l’utilità.

Se questa è la realtà da disciplinare(11) è facile osservare che  il diritto dei contratti non è sempre  adeguato a regolare fenomeni di interdipendenza contrattuale in cui coesistono cooperazione e competizione e sono possibili  diverse linee ricostruttive .

Da un lato si ipotizza la previsione legislativa di un contratto trans-tipico di rete ispirato da  una disciplina del collegamento contrattuale che consenta di far emergere l’interdipendenza sia nel momento della costruzione del regolamento che in quello della dissoluzione(12), con particolare attenzione  al  tema dei rapporti coi terzi (13) e ai  rapporti contrattuali all’interno delle reti societarie (14).

D’altra parte si  analizza e chiarisce  la diversa funzione e struttura del contratto di rete alla ricerca di regole e principi e ciò che emerge in un caso e nell’altro offre un quadro di estremo interesse su una serie di aspetti essenziali che è opportuno riassumere in breve.

a) Il contratto di rete tra imprese con funzione di coordinamento interimprenditoriale è applicabile ad operazioni economiche molto diverse fra loro.  Dalla ideazione del prodotto alla  produzione e distribuzione, dalla  gestione dei  diritti di proprietà intellettuale frutto della cooperazione  sino al coordinamento del ciclo produttivo o di singole fasi o profili relativi alla gestione del marchio.  In molti casi il contratto è lo strumento con cui circola la proprietà immateriale e le reti sono strumenti incentivanti per  favorire la produzione di nuova conoscenza e strumenti difensivi volti ad impedire che i terzi si approprino illegittimamente di conoscenza.

b) Il contratto può definire regole che le imprese sono tenute a rispettare nella stipulazione dei contratti bilaterali con cui organizzano la propria attività . Sicchè il programma può essere attuato attraverso altri contratti bilaterali o plurilaterali o attraverso atti esecutivi sempre riconoscendo alla rete, anche se sprovvista di capacità, la titolarità di diritti strumentali all’attività di coordinamento.

c) Quando le imprese decidono di affiancare allo strumento contrattuale quello societario si hanno le reti complesse con funzione diversa. L’esigenza di  stabilizzazione richiede deroghe al diritto dei contratti e delle obbligazioni, (con patti di non concorrenza o di esclusiva con una intensità maggiore rispetto a ciò che si consente normalmente) e, al contempo, un collegamento negoziale che disciplini  l’interdipendenza sul piano contrattuale e organizzativo (15).

d) Particolarmente avvertita è l’esigenza di costituire istituzioni o fondazioni associative per lo sviluppo tecnologico (FAST)

e) Essenziale è il ruolo della banca locale e di enti pubblici di ricerca per una serie di motivi evidenti. Sono necessari servizi di consulenza finanziaria che comprendono percorsi di crescita e internazionalizzazione. Si devono valorizzare lo spostamento del finanziamento dal soggetto al progetto imprenditoriale, in particolare quello che valorizza la cooperazione tra imprese.. Cambia, insomma, l’oggetto delle prestazioni erogate dalle banche le quali debbono offrire pacchetti di servizi correlati a progetti imprenditoriali ed accompagnare l’impresa nella crescita(16).

4.Sul contratto di rete .

Ogni riflessione su questo nuovo impiego del contratto non può non premettere alcuni chiarimenti iniziali in ordine al rapporto fra disciplina generale e speciale e fra diverse fonti di disciplina.

Come ho osservato altrove(17) non credo che esista un’autonomia concettuale e operativa del contratto di impresa o di un terzo contratto, né che sia generalizzabile un’ astratta categoria di tutela del contraente debole. E il nostro tema lo dimostra ampiamente. Come sempre l’atto di autonomia regola interessi e bisogni imposti dalle cose e dal tempo e la rete si propone di incentivare la crescita e l’innovazione. Ciò che occorre è un coordinamento razionale e rigoroso fra un sistema di fonti diverse.

Per evitare ogni generalizzazione mi soffermerò su tre aspetti  1) le modalità dell’intervento normativo sul tipo, 2)  l’intreccio di fonti diverse ( dalla disciplina generale alle discipline di settore, dal diritto dei contratti  alle  regole di concorrenza, dalla disciplina dei contratti regolati ai rimedi), 3) la recente evoluzione nell’uso delle clausole generali ( regole di validità e responsabilità, exceptio doli generalis, rinegoziazione e correzione del regolamento).

4.1  Tipicità e atipicità.

Nel riflettere sulla tipizzazione dei contratti sin ora atipici Giorgio De Nova ha ricordato l’ampia tendenza in tal senso del codice del 1942 e la cautela del legislatore dopo gli anni sessanta di fronte alla proliferazione di forme contrattuali di origine anglosassone (leasing, factoring ,engineering, franchising ) diffusi per la rigidità del nostro sistema e  per la tendenza  dell’impresa a “concentrarsi sul core business e a delegare all’esterno le attività ulteriori”(18). L’analisi ci ricorda come  siano seguiti interventi minimi sul leasing, dettando norme sul fallimento della società che promuove tali operazioni(19) e sull’iscrizione in bilancio delle plusvalenze “derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore (art.2425-bis) (con implicita benedizione del lease back); si sia disciplinato non il factoring ma aspetti della cessione dei crediti di impresa; si siano previste tutele per il contraente di un’operazione di franchising.

In tutti questi casi, osserva l’autore, non si sono disciplinati nuovi tipi per un motivo chiaro(20). L’insieme di norme dispositive e imperative riferite ad una disciplina legale non è spesso utile e coerente con la materia da regolare  perché il modello anglosassone non è fatto per essere integrato con norme dispositive, in quanto tendenzialmente completo, sicchè non occorre, spesso, una configurazione strutturale, ma forme di reazione nei confronti di contenuti e clausole che prevedono ampie liberatorie per una parte, limitano l’interpretazione del contratto, escludono o limitano la responsabilità o la possibilità di proporre eccezioni.

La strategia che si reputa necessaria, dunque, è diversa. Non tanto una tipizzazione, ma interventi che vietano un risultato economico  e un ampio ricorso a norme imperative di principio come le norme costituzionali, i diritti  ed i principi. La conclusione è altrettanto chiara. Le prime costituiscono una barriera sempre più fragile, mentre i secondi scontano una incerta concretizzazione.

D’altra parte esistono di recente  forme di tipizzazione diretta di un collegamento fra contratti (come nell’ articolo 34,comma 1, codice del consumo) e  indiretta dell’operazione economica con funzione di protezione del contraente più debole tramite un divieto di frazionamento (come nella vendita dei beni di consumo e nella  multiproprietà)(21), ma il nostro caso è diverso.

La rete non nasce con intenti di sola protezione ma con la specifica finalità dello sviluppo contemperando cooperazione e competizione.

Da qui una grande attenzione non tanto alla configurazione di un tipo ma ai principi regolatori dell’operazione .

Il collegamento del resto se “è deducibile dal contenuto precettivo del contratto, non rileva alla stregua di un motivo, bensì come elemento che attiene alla esatta definizione del profilo funzionale del regolamento”(22). Sicchè “la clausola che pretendesse di escluderlo o di attenuarlo costituirebbe un venire contra factum proprium, del quale occorrerebbe predicare l’irrilevanza”(23) o l’invalidità. Come è noto la pretesa di escludere il collegamento è “uno dei principali nodi problematici” nella tutela del consumatore nel credito al consumo e può costituire un’ anomalia da contrastare con strumenti di reazione che possono concernere anche l’abuso di dipendenza economica. Non solo.  Nell’operazione economica complessiva che dà rilievo al nesso di collegamento o di dipendenza tra vari segmenti ” c’è il riconoscimento dell’innegabile rilievo che, nell’ambiente che le è proprio, assume la causa in concreto ( e quindi anche la forma di organizzazione degli interessi scelta in concreto dalle parti) nella valutazione dell’atto di autonomia privata”(24). L’operazione “identifica una sequenza unitaria e composita che comprende in sé il regolamento, tutti i comportamenti che con esso si collegano per il conseguimento dei risultati voluti e la situazione oggettiva nella quale il complesso delle regole e gli altri comportamenti si collocano”(25).

4.2 L’intreccio di fonti diverse.

Sul punto si intersecano i problemi della disciplina generale e speciale, della concorrenza e dei mercati regolati, della regolazione e degli  aiuti di Stato ed è facile capire perché.

La rete deve coordinare e conciliare comportamenti di cooperazione e competitivi, diffondere e proteggere le conoscenze, moltiplicare le opportunità ed evitare abusi. Tutto ciò esige un’attenta ricognizione della fonte e delle tutele.

Il richiamo della normativa sulla concorrenza esige due chiarimenti. Uno sul rapporto fra concorrenza e regolazione. L’altro fra concorrenza e contratto.

a) Dal controllo e dall’ attività delle Autority nei mercati regolati(26) emerge  un intervento incisivo e penetrante sull’autonomia privata e la libertà di contratto, tanto da sollevare dubbi sulla rigida predeterminazione di molti contenuti contrattuali e sugli esiti di tali attività che sconfinano, per alcuni, in aspetti di vero e proprio neo-corporativismo(27).”Emerge insomma  un’ulteriore riprova del legame stretto fra intervento pubblico e tutela della concorrenza. Ciò che distingue le due ipotesi  sono le modalità dell’intervento, diverso a seconda della diversità delle epoche storiche e dei problemi concreti da risolvere. Una diversità derivata da scelte di politica economica che inducono ad una conclusione. La tutela della libertà di concorrenza come la libertà di iniziativa economica e la libertà di contratto trovano il loro fondamento non in percezioni o teorie economiche o su di un ordine spontaneo del mercato ma in una cornice di regole,  e principi che devono conciliare l’economicità, la giustizia sociale e la libertà individuale(28). Ciò esige un criterio di correttezza procedurale che costituisce la base di valutazione di atti e comportamenti in ogni settore di attività, compresa la protezione dell’assetto concorrenziale del mercato(29). La collocazione sistematica della legge 287 del 1990(30) è coerente con il modello di Stato sociale di diritto recepito in molte Carte del novecento. L’utilità sociale riassume i limiti posti alla libertà di iniziativa economica e il mercato non è un fine, ma uno dei mezzi di realizzazione dell’ “etica personalistica” insita nella disciplina formale(31). La normativa comunitaria, dall’Atto Unico del 1986 in poi, ha fatto sì che la libera concorrenza sia divenuta un “principio istituzionale centrale dell’ordinamento dell’economia” soggetto ad una regolazione di cui la legge italiana del 1990 è una diretta espressione(32). Essa attua i tre commi dell’art. 41 e in particolare l’utilità sociale della quale è “generale e principale garante”(33).

Queste considerazioni, nel loro complesso, escludono un carattere autonomo  solo pubblicistico e ispirato alla sola logica dell’efficienza delle fattispecie concorrenziali e consentono di identificare i destinatari di tali norme in ogni soggetto interessato al rispetto delle finalità espresse nei Trattati europei e nelle norme costituzionali interne. I lavori preparatori della legge non smentiscono queste considerazioni. Per superare il contrasto fra chi sosteneva la centralità della tutela dei consumatori e chi anteponeva ad essa altri obbiettivi, fu varata l’attuale disciplina approvata da tutti come soluzione compromissoria, ma coerente con le finalità generali del sistema nazionale, integrato in quello comunitario(34).

b) Quanto all’idea di una netta separazione del contratto (che riguarderebbe  un rapporto ) e la concorrenza ( che disciplinerebbe solo le relazioni  di mercato) il suo superamento è altrettanto evidente nella scansione della stessa legislazione e giurisprudenza  recente.

“La legge supera nettamente l’idea di una cesura netta  fra le due regolazioni e ciò per vari motivi. Il fatto contrattuale può essere oggetto di una pluralità di valutazioni che integrano la sua disciplina in presenza di un rapporto fra imprese che operino nello stesso mercato e non ha alcuna giustificazione separare la normativa del contratto e la normativa dell’atto di concorrenza. Come si è avuto modo di precisare atto e comportamento rinviano a giudizi di validità e di illiceità che possono coesistere e integrarsi, tramite la clausola di correttezza. D’altra parte è ovvio che la disciplina del mercato in cui i contraenti operano non è affatto indifferenti alla valutazione dell’assetto negoziale, il quale non può essere inteso come fatto isolato, ma come frammento di un’attività dell’impresa la cui valutazione è strettamente connessa con il contesto economico e con la struttura del mercato. Elementi questi, entrambi esterni rispetto al contenuto del contratto, ma che possono incidere, in certi casi, sulla sua validità ed efficacia”. Il che significa che i rimedi a tutela del mercato e del contratto sono concorrenti e che un ruolo del rimedio individuale quale quello risarcitorio è fondamentale nella considerazione dell’antitrust continentale(si vedano i casi “Courage” e “Manfredi”).

Il contratto di rete si può giovare di queste acquisizioni teoriche e cogliere ulteriori frutti di questa percezione.

La concorrenza e il mercato sono strumenti per accrescere lo sviluppo e un limite alle aspettative nei confronti dell’intervento assistenziale dello Stato che deve rimuovere gli ostacoli al potenziamento della persona. Ma concorrenza e regolazione del mercato non sono affatto in contraddizione. Evocano anzi due aspetti dell’intervento pubblico sull’economia. Il loro rapporto mobile e vigile dipende dalle necessità dei tempi e  non da astratte formule(35).

Il problema non è se la disciplina debba essere trovata nella regole della concorrenza o del contratto ma sta nel fissare attentamente le reciproche interferenze e di particolare significato è il settore dei mercati regolati.

4.3 Il controllo del contenuto.

Il discorrere  di giustizia contrattuale  è oramai fastidioso se chi usa o critica quella accezione non chiarisce  a che cosa intendente riferirsi  .

Per quanto mi riguarda la parola non evoca una generica regola morale ma esprime l’esigenza che in ogni scienza, e quindi anche nel diritto dei contratti, si debba riflettere e  fissare, con ragionevole precisione, le regole e i rimedi adeguati ai tempi e alle  materie trattate, coniugando eguaglianza e singolarità con uno sforzo di aggiustamento e un rischio di inesattezza che è connaturale ad ogni idea sana di giustizia che esige solo di spingersi sempre alla ricerca di  “ancora di più e di ..ancora oltre”(36) nell’attribuire a ciascuno quanto è dovuto tenendo conto del valore assoluto e irripetibile di ogni individualità.

Se è così anche in questo settore per ricercare un assetto “giusto, equilibrato, ragionevole” occorre  riflettere  sul momento in cui si costruisce o si modifica il regolamento e sulla esecuzione  del rapporto. In entrambe le fasi essenziale è il ruolo della buona fede e anche in questo caso è necessario chiarire il suo ruolo nella fase formativa ed esecutiva dell’atto con grande attenzione alla giurisprudenza recente.

E’ bene ricordare allora che la buona fede è criterio di valutazione dei contegni e fa sorgere nuovi diritti e obblighi ma non integra e corregge il contenuto. L’intervento correttivo sull’atto compete all’equità nei limiti che la legge prevede. Se si premette questo essenziale chiarimento si elimina ogni accezione generica o moralizzante e ogni rischio di eccessiva discrezionalità del giudice, caratterizzando il rimedio con una correttezza procedurale che la stessa common law non ha difficoltà ad accogliere. Questa precisazione consente poi di recepire con la dovuta consapevolezza la recente giurisprudenza  sulla responsabilità pre-contrattuale(37) e sull‘exceptio doli generalis(38). Vediamola da vicino.

a) La responsabilità pre-contrattuale. Come al solito la prassi agevola e consente la evoluzione di aspetti essenziali del diritto dei privati. Ciò che è accaduto è noto e non va sminuito con timide o reticenti letture. Di fronte a norme che impongono obblighi senza precisare le conseguenze della violazione si trattava di indicare il rimedio consentito dal sistema. La Suprema Corte(39) utilizza una semplificazione utilissima. La violazione determina nullità se l’obbligo incide sulla struttura e gli elementi essenziali dell’atto, genera responsabilità se incide su un comportamento delle parti. Ma la vera novità è un’altra.

Si precisa che le regole di validità non esauriscono ogni altra valutazione sui contegni posti in essere nella fase formativa e che la responsabilità precontrattuale o contrattuale può essere affermata anche in presenza di un contratto già concluso e valido.

Ciò significa riconoscere che a fianco delle norme sui vizi del consenso e la rescissione coesiste ed opera una regola duttile e primaria che impone di informare, di non approfittare, di non porre in essere pratiche sleali e ingannevoli. In tal caso, pur essendo il contratto concluso e valido ma pregiudizievole per effetto di tali contegni, è possibile richiedere il risarcimento dei danni sofferti. La novità rispetto al passato anche recente è chiara. Si (riteneva e si) ritiene che le norme di validità esauriscano e assorbano ogni altra valutazione e che sia dunque impossibile affermare il dovere di risarcire per fatti posti in essere prima di un contratto concluso e valido. Ciò sarebbe contrario,si dice, ad un’esigenza di certezza e stabilità delle relazioni giuridiche. Ma il giudicato delle Sezioni Unite fa oggi chiarezza con una  pronunzia  che sottende una precisa ratio.

Si tende in presenza di comportamenti scorretti a conservare il contratto e a riequilibrare l’operazione economica con il risarcimento che può avere una precisione chirurgica secondo una linea coerente con il principio del cumulo dei rimedi affermato nelle fonti e nei principi europei. La Corte di Giustizia europea, nel caso Courage,  in presenza della domanda di risarcimento di una parte di un contratto affetto da nullità ha ritenuto possibile cumulare  le due azioni  superando la tradizione di civil law  ove “l’invalidazione è destinata a prevenire e sostituire il risarcimento”(40). Ancora nel testo di Common frame of reference si afferma con chiarezza la cumulabilità dei rimedi che non siano fra loro incompatibili (art. III- 3:102) ,secondo una logica che ammette, in caso di lesione di un interesse protetto, tutte le tutele che sia possibile esperire salvo le ipotesi di incompatibilità logica.

Certo un tale indirizzo necessita di correttivi che è già possibile prefigurare. Innanzi tutto contro il timore di un’ eccessiva discrezionalità del giudice occorre ricordare due aspetti.

Il giudice deve accertare su impulso di parte l’esistenza di un comportamento scorretto e ciò in base ad un giudizio, non di fatto ma di diritto, secondo un procedimento e una motivazione che è censurabile sotto il profilo della legittimità. Sicchè l’accertamento della  buona o male fede è regola di diritto al pari di qualsiasi altro giudizio.

D’altra parte la vicenda andrà esaminata in base alle circostanze specifiche e alla concreta condotta di entrambe le parti. Se la conclusione del contratto è avvenuta con la piena consapevolezza di entrambi i contraenti dell’esistenza di comportamenti scorretti non si potrà poi sollevare la violazione della buona fede senza venire contra factum proprium.

Queste ed altre accortezze sono del tutto idonee a consentire giudizi equilibrati e ragionevoli.

b) l’exceptio doli generalis.

Nella fase esecutiva del rapporto la tendenza giurisprudenziale non è meno netta. Scorrettezze, eccezioni di dolo, abuso del diritto hanno un riconoscimento esplicito entro l’area della clausola di buona fede in executivis con funzione correttiva. La massima della Cassazione è ancora chiarissima ed è volta d attribuire al rimedio efficacia generale.

Si distingue una figura di dolo commessa al tempo della conclusione del contratto (seu praeteriti ) volta ad ottenere l’annullamento o il risarcimento del “danno prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede”(41) da una figura diversa e generale. L’exceptio doli generalis ( seu praesentis) che  è indicato appunto come “rimedio generale, diretto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall’ordinamento”, con un preciso fondamento. Contenere “azioni giudiziarie pretestuose o palesemente malevole, intraprese, cioè, all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri o contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui”. La casistica richiama il contegno di chi tace “nella prospettazione della fattispecie controversa situazioni sopravvenute alla fonte negoziale modificative o estintive  del diritto fatto valere (Cass. n.10864 del 1999), richieste di pagamento risultanti prima facie abusive o fraudolente in caso di contratto autonomo di garanzia (Cass. n.3964 del 1999), divieti di venire contra factum proprium  ( Cass. 5639 del 1984)(42). L’ambito della clausola è dunque esteso con un unico limite ancora non varcato. Si hanno ancora dubbi, forse giustificati, nell’ammettere l’eccezione in caso di diritto a lungo non esercitato ma non prescritto e l’ eccezione di nullità  in presenza di un atto che ha prodotto effetti di cui la parte si è giovata senza aver esercitato l’impugnazione  per un lungo periodo di tempo.

Si può solo concludere che le clausole generali sono uno strumento utile e rigoroso la cui efficacia   è  espressamente precisata dalla Corte di Cassazione  in vari settori e con varie modalità. Come valutazione dei contegni in tutta la fase antecedente e successiva all’atto di autonomia (Cass. n.26724 del 2007). Come mezzo di tutela rafforzata del cittadino nei confronti del gestore di servizi pubblici (Cass. n.23304 del 2007). Nei contratti bancari (Cass. n. 10692 e 2137 del 2007) ove in tema di validità della pattuizione di interessi ultralegali viene ribadita ” una definizione rigorosa dell’onere della prova a carico della banca, fondata oltre che sulla necessità del rispetto del principio della buona fede, sul principio di prossimità della prova, che informa tutte le tipologie di contratti caratterizzate da una forte asimmetria informativa e documentale tra le parti”. Come regola di condotta non solo di diritto sostanziale ma anche “di diritto processuale capace di precludere condotte abusive del creditore nella fase di tutela giudiziale del credito contrastanti anche con il principio del giusto processo”( Cass. n.23726 del 2007) (43).

Sarebbe spiacevole constare che la dottrina è oggi ,in parte, più arretrata della giurisprudenza nella ricerca e definizione dei rimedi più efficienti nelle aree di attività ove si avverte con sempre più insistenza il respiro nuovo del mondo. Sono sicuro che non sarà così.

NOTE

(1) G. Vettori, La disciplina del contratto nel tempo presente, in Riv. dir.priv.,2004,p. 313 ss.,ora in Diritto dei contratti e “costituzione” europea, Milano,2005, p. 5 ss.

(2) F.Cafaggi e P. Iamiceli, Premessa, in Reti di imprese tra crescita e innovazione organizzativa. Riflessioni da una ricerca sul campo, Bologna, 2007, p.17.

(3) F.Cafaggi e P. Iamiceli, (a cura di), Reti di imprese tra crescita e innovazione organizzativa. Riflessioni da una ricerca sul campo, Bologna, 2007.

(4) Il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha annunciato che si darà avvio ad un “Programma nazionale sui distretti tecnologici” al fine di realizzare un coordinamento che garantisca la stabilità dei distretti esistenti ed eviti la frammentazione, portando sul territorio l’attività di ricerca e di laboratorio. Il Nuovo Programma Nazionale si fonderà su piani pluriennali che ciascun distretto tecnologico dovrà predisporre per poi essere approvato dal Ministero. Si darà vita, inoltre, ad un “Comitato di gestione” in cui Ministeri e Regioni, coordinati dal MIUR, avranno il compito di stabilire interventi e di verificare i risultati dei distretti (Sole 24 Ore, 1° marzo 2009).

(5) C.Trigilia, Sviluppo locale. Un progetto per l’Italia, Roma-Bari,2005.

(6) R.Bernardinis- S.Giovannelli,  Innovazione è competitività. Potenziare i circuiti della conoscenza nei distretti italiani,Quaderno LDE n.2/08,Trieste,2007,p. 30.

(7) R.Bernardinis e S. Giovannelli, op. cit.

(8) R. Bernardinis- S.Giovannelli, op.cit., p.20, 21.

(9) R.Bernardinis -S.Giovannelli, op. ult.cit.

(10) v. ancora R.Bernardinis-S.Giovannelli, Innovazione è competività, cit. p. 24-25. L’aggregazione (l’atmosfera industriale) si pone come aspetto nodale caratterizzato da “quattro elementi”: ” a) la strategia, la struttura e la rivalità tra le imprese; b) la pressione del mercato; c) la rete di supporto, cioè la prossimità delle imprese all’interno della catena di valore; d) i fattori produttivi, sia quelli naturali che quelli creati”. ” L’obbiettivo è di generare nuova conoscenza in modo da creare le condizioni per un processo sostenibile di innovazione”. Essenziali sono:”la creazione di sinergie, cioè il coordinamento tra tutti gli attori, la valorizzazione di relazioni formali ed informali, la messa in opera di efficaci canali di circolazione e scambio di informazioni. I rapporti fra università o centri di ricerca con le imprese. Rapporti fra imprese per realizzare processi di diffusione della conoscenza. Un ruolo delle istituzioni locali per promuovere non solo collegamenti fra le prospettive globali e le potenzialità locali ma anche “centri di sviluppo dell’innovazione nazionale”

(11) I risultati della ricerca sono i seguenti:

  • 1. Le reti sono un fenomeno qualitativamente significativo ma quantitativamente meno rilevante rispetto alle relazioni di mercato. Il prodotto incide sulla struttura della filiera e sulla natura e forma della rete. Il segmento di mercato è altrettanto rilevante: sono più frequenti nella produzione di gamma alta mentre le produzioni con alto tasso di sostituibilità sono riferibili a relazioni di mercato.

  • 2. La relazione della rete con il distretto non è univoca.

  • 3. Le reti indagate sono organizzate prevalentemente come sistemi di contratti bilaterali collegati, più di rado sono plurilaterali. Sono formali anche se è rilevante una correlazione fra rete e sistemi di relazione informale. Sono redatti dagli imprenditori. Non vi è un largo uso di contratti standard e neppure di contratti predisposti da professionisti che intervengono di più nella definizione dell’assetto societario.

  • 4. Si sviluppano di più fra imprese medie e non tra le piccole, generalmente con una proiezione sui mercati internazionali. Hanno più successo per le imprese che si trovano in fasi diverse della catena produttiva, (reti verticali) mentre risultano di difficile impiego “quando le imprese operano nella stessa fase (produzione,distribuzione) e sono tra loro concorrenti (reti orizzontali)”.

  • 5. Hanno una funzione regolativi con riguardo alla comunità locale in cui operano. “Proteggono reputazione collettiva e si sviluppano in misura maggiore quando la natura del prodotto dipende dal territorio di provenienza come nel caso vitivinicolo”.

  • 6. Le reti transnazionali si distinguono a seconda che operino nell’est europeo, in Asia o in Sud America. Le reti transnazionali hanno prodotto una modificazione delle reti nazionali, più corte e dense rispetto al passato. Spesso si verificano fenomeni di “trapianti”, tentativi di esportare il modello locale su quello internazionale o di importare quello internazionale sul piano locale.

  • 7. E’ presente una correlazione tra modelli di istituzioni socioeconomiche operanti a livello locale ed assetti di mercato. Associazioni di categoria, banche e enti intermedi offrono servizi alle imprese. Le associazioni di categoria hanno anche stimolato l’aggregazione.

  • 8. La banche svolgono una funzione rilevante, che va oltre l’erogazione del credito.

 Il ruolo delle professioni giuridico-economiche è rilevante per la definizione di forme organizzative. Spesso reti informali di professionisti scambiano informazioni e svolgono una funzione di diffusione di modelli. Ma l’offerta di servizi e le proposte concernenti l’innovazione sono inadeguate.

(12) F.Cafaggi- P.Iamiceli, op. cit. p. 433. Ciò comporta  definire  regole che consentano di applicare clausole del contratto principale a quelli collegati e  di circoscrivere l’applicazione di clausole ad ogni singolo contratto (ad es. quelle limitative di responsabilità); di affiancare al regime sanzionatorio della invalidità e del risarcimento sanzioni che consentano di mantenere la rete contrattuale; di disciplinare l’abuso di dipendenza economica con riferimento alla rete anziché alla singola relazione bilaterale.

(13) In ipotesi di rete organizzata attraverso contratti bilaterali collegati, nelle reti prive di soggettività giuridica, si pone il problema dell’imputazione degli effetti giuridici dell’attività compiuta nell’interesse dei partecipanti, della responsabilità patrimoniale della pubblicità e opponibilità ai terzi degli atti interni.In caso di contratti plurilaterali, si può adottare la soluzione del mandato collettivo con o senza rappresentanza; attribuire la funzione ad un ente dotato di personalità e controllato dai partecipanti alla rete contrattuale. Al fine di rendere conoscibile a terzi la rete assume importanza anche il profilo della pubblicità degli atti sia per quanto concerne il venire in essere della rete che la sua operatività.

(14) Nell’Avant project francese si è proposto di modificare l’art. 1172 del codice civile introducendo una disciplina dell’interdipendenza contrattuale. In questa prospettiva si considerano interdipendenti i contratti la cui esecuzione è necessaria per la realizzazione di un’operazione economica unitaria. Si tratta di un profilo generale che non si applica ai soli contratti d’impresa. La norma si collega all’art. 1342 del codice civile francese in cui si consente il cumulo della responsabilità extracontrattuale con quella contrattuale. Si ammette l’effetto di propagazione della  nullità nell’ambito del gruppo di contratti; al contempo si ammette che tale effetto non sia automatico, potendo il giudice valutare la presenza di interessi alla conservazione degli altri contratti anche in ipotesi di caducità del contratto principale.

(15) Essenziale è altresì una disciplina per definire sistemi di exit che non renda penalizzante l’uscita.  Nel caso siano previste  funzioni complesse emerge la necessità di  un apparato organizzativo incompatibile coi requisiti del mandato collettivo. Si consente, così, la costituzione di una società per l’amministrazione della rete e i rapporti coi terzi o l’impiego di enti senza scopo di lucro per attività dirette alla produzione e gestione di conoscenza. Così F.Cafaggi- P.Iamiceli, op. cit. 445.

(16) V. ancora F. Cafaggi – P. Iamiceli, op. cit. p. 446

(17) G.Vettori, Il diritto dei contratti fra costituzione, codice civile e codici di settore, in Riv. trim. dir. proc. civ., 3, 2008, 751 ss.

(18) G. De Nova, I contratti atipici e i contratti disciplinati da leggi speciali:verso una riforma?, in Riv.dir.civ.,2006, p.346ss.

(19) art. 7.1 d.l. 24 dicembre 2003 ,n.354 convertito il l.26 febbraio 2004,n.45.

(20) G. De Nova, op.cit., p.348

(21) E.Gabrielli, Il contratto e le sue classificazioni, in Trattato dei contratti, dir. da P.Rescigno e E.Gabrielli, 2 ed.,Torino, p. 65ss.

(22) Camardi, Economie individuali e connessione contrattuale. Saggio sulla presupposizione, Milano, 1997, 205ss.

(23) Carusi, La disciplina della causa, in “I contratti in generale”, a cura di E. Gabrielli, Torino, 1999, p. 643.

(24)E.Gabrielli, Il contratto e le classificazioni,  p. 65

(25) E.Gabrielli, op.cit, p.60

(26) v. da ultimo F.Cafaggi, Il diritto dei contratti nei mercati regolati:ripensare il rapporto fra parte generale e parte speciale, in Riv.trim. dir. proc.civ., 2008,1,p.95ss. ” La ridefinizione del rapporto tra Stato e mercato non ha riguardato solo il passaggio da Stato imprenditore a Stato regolatore ma ancor di più l’oggetto e la funzione di regolazione dello Stato nella prospettiva di sistemi multilivello”. “L’impiego della regolazione per creare concorrenza per il mercato  e concorrenza nel mercato è necessario. Ciò che nel tempo muterà è l’equilibrio tra concorrenza e regolazione, mentre non appare ipotizzabile un progressivo esaurimento delle funzioni della regolazione a favore della concorrenza”. V. anche S. Cassese, Oltre lo Stato,Bari, 2006, p. 68ss.

(27) V. G. Gitti, Autorità indipendenti, contrattazione collettiva, singoli contratti, in Riv. dir. priv., 2003, p. 255 ss.; F. Macario, Autorità indipendenti, regolazione del mercato e controllo di vessatorietà delle condizioni contrattuali, ivi , p. 295 ss.

(28) L. Mengoni, L’argomentazione orientata alle conseguenze, in Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano,1996, p. 11 ss.

(29) G. Rossi, Antitrust e teoria della giustizia, in Riv. Soc., 1995, p. 21 ss.

(30) Cass. 9 dicembre 2002, n. 17475, in Foro it., 1993, c. 1132 ss.

(31) L. Mengoni, Persona e iniziativa economica privata nella Costituzione, in Persona e Mercato, a cura di G. Vettori, Padova, 1996, p. 33 ss.

(32) L. Mengoni, op. cit., p. 35 ss.

(33) G. Oppo, Costituzione e diritto privato nella “tutela della concorrenza”, in Riv. dir. civ., 1993, p. 545 ss.; M. Libertini, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. Dir. comm., 2002, p. 440; F. Gobbo, Il mercato e la tutela della concorrenza, Bologna, 2001, p. 229.

(34) A. Toffoletto, Il risarcimento del danno nel sistema delle sanzioni per la violazione della normativa antitrust, Milano, 1996, p. 159 ss.

(35) V. G. Vettori, Diritto dei contratti e costituzione europea, Regole e principi ordinanti, Milano, 2005, p. 203ss.

(36) J – L, Nancy, Il giusto e l’ingiusto, Feltrinelli, Milano, 2007.

(37) Cass. sez.un. 19 dicembre 2007 n. 26725 (e 2674) vedila in Obb.cont. 2008,2, con commento di G.Vettori, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risarcitorio, p. 1 ss.

(38) Cass. 7 marzo 2007, n. 5273 in Foro it. On-line

(39)Cass. 19 dicembre 2007, n. 26724 cit.

(40)Così A.Di Majo, Le obbligazioni pecuniarie, Torino, 1996,  p.141.

(41) Cass. 7 marzo 2007,n.5273, in Contr., 2007, 971.

(42) vedi l’elenco dei precedenti in Cass. 7 marzo 2007, n.5273.

(43) v. V. Carbone, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2007, Roma,25 gennaio 2008,p.445-46

Pubblicato in Contratto e Mercato

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