ISSN 2239-8570

La doppia dimensione fenomenologica del danno non patrimoniale, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione esamina la questione se, in tema di danno da sinistro stradale, contrasti con la natura unitaria del danno non patrimoniale il risarcimento del danno liquidato discostandosi dai parametri risarcitori indicati nelle tabelle milanesi, in ragione delle eccezionalità del caso (consistenti per il danno biologico, nella particolare rilevanza del danno estetico; per il danno morale, nella particolare sofferenza cui il danneggiato è stato costretto).

La Cassazione muove dalla considerazione che la natura unitaria del danno non patrimoniale sta a significare unitarietà rispetto alla lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non suscettibile di valutazione economica. Mentre natura omnicomprensiva del danno non patrimoniale indica la necessità che nella valutazione di un pregiudizio non patrimoniale il giudice tenga conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall’evento di danno, evitando, però, duplicazioni risarcitorie.

Pertanto, l’accertamento e la liquidazione del danno non patrimoniale costituiscono questioni concrete e non astratte. Cionondimeno, il giudice di merito non può prescindere dalla reale fenomenologia del danno alla persona: oggetto di valutazione giudiziaria è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto.

Una volta identificata la situazione soggettiva costituzionalmente protetta, al giudice di merito è chiesto di effettuare una valutazione, sul piano probatorio, sia dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale, cioè il cd danno morale) sia del suo impatto emotivo in pejus sulla vita quotidiana (il danno esterno, cioè il cd danno esistenziale).

Questa doppia dimensione del danno non patrimoniale evidenziata dalla sentenza trova il suo simmetrico corrispondente nella doppia fenomenologia del danno patrimoniale, il quale – come noto – si può atteggiare come danno emergente (cioè come un danno interno, che incide su un patrimonio già esistente) o come lucro cessante (cioè come un danno esterno, che incide sulla proiezione dinamica ed esterna del patrimonio).

Così ragionando, la Cassazione, attraverso l’affermazione della dimensione doppiamente fenomenologica – recupera quelle categorie del danno non patrimoniale, che le Sezioni Unite del 2008 avevano cercato di superare, riconoscendo loro valenza ontologica e non meramente descrittiva.

Questa impostazione sembra, peraltro, trovare conferma nell’art 612 bis c.p., che scolpisce sia la dimensione morale sia quella esistenziale del danno. Analoghe considerazioni valgono se si legge l’art 139 cod. ass., che prevede il risarcimento del danno biologico con la possibilità di consentire un

incremento per risarcire il danno morale (Cf. Corte Cost. n. 235/2014).

In tal modo, la Cassazione perviene a sconfessare la tesi della “unicità del danno biologico”,

«quale sorta di primo motore immobile dell’intero sistema risarcitorio». Infatti, nella sentenza si afferma che «anche all’interno del micro-sistema delle micro-permanenti resta ferma (…) la distinzione concettuale tra sofferenza interiore e incidenza sugli aspetti relazionali della vita del soggetto».

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