ISSN 2239-8570

Nullità degli accordi preventivi sull’assegno di divorzio, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

 

La prima sezione della Corte di Cassazione torna nuovamente a pronunciarsi sulla questione della validità degli accordi preventivi tra coniugi in vista della eventuale e futura crisi coniugale.

Nella sentenza di esame la Corte si sofferma su un accordo patrimoniale intercorso in sede di separazione. Il caso riguarda la corresponsione, in un’unica soluzione, da parte del marito alla moglie, di una ingente somma di denaro a titolo di anticipazione dell’assegno di mantenimento e divorzile.

La Cassazione, disattendendo le conclusioni della Corte territoriale, ritiene di essere in presenza di un accordo preventivo in vista del divorzio e ne afferma la nullità per illiceità della causa. In tal modo, i giudici di legittimità ribadiscono il loro tradizionale orientamento sfavorevole ad ammettere la validità di accordi preventivi aventi ad oggetto l’assegno di divorzio (cf. Cass., 18 febbraio 2000, n. 1810).

A sostegno di questa impostazione vengono invocati due argomenti fondamentali.

In primo luogo, gli accordi stipulati tra i coniugi in sede di separazione al fine di regolare il regime giuridico-patrimoniale del futuro divorzio sarebbero conclusi in violazione del principio fondamentale di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, di cui all’art 160 cc.. Da qui discenderebbe la radicale nullità degli stessi per illiceità della causa.

Tanto è vero che – secondo tale impostazione – tali accordi sarebbero irrilevanti non solo ed ovviamente nel caso in cui limitino o escludano il diritto del coniuge economicamente più debole a conseguire quanto necessario al soddisfacimento delle proprie esigenze di vita; ma anche nell’ipotesi opposta in cui la pattuizione soddisfi pienamente siffatte esigenze. Opinando diversamente, infatti, si correrebbe il rischio che il coniuge più debole, allettato dalla proposta economica, specie se consistente, finisca per rilasciare il proprio consenso allo scioglimento del vincolo matrimoniale.

In secondo luogo, la Cassazione osserva che tali pattuizioni snaturerebbero la funzione assistenziale dell’assegno divorzile, quale strumento a tutela del coniuge più debole, il cui diritto a richiederlo è indisponibile.

In considerazione di ciò, la sentenza arriva alla conclusione secondo cui, l’art 8, comma 8, legge 898/1970, nel prevedere che, su accordo delle parti, la corresponsione di un assegno divorzile possa avvenire in un’unica soluzione, vada interpretata in aderenza al dato letterale della stessa: ossia si tratta di una disposizione suscettibile di trovare applicazione solo nell’ambito del giudizio sul divorzio, non anche al di fuori di esso. Quindi non potrebbe essere invocata in sede di separazione. Gli accordi di separazione, dunque, non possono implicare la rinuncia all’assegno divorzile (in tal senso di vedano anche: Cass., 10 marzo 2006, n. 5302; v. anche Cass., 9 ottobre 2003, n. 15064; Cass., 11 giugno 1981, n. 3777).

La sentenza in esame ribadisce così l’impostazione tradizionale secondo cui restano invalidi gli accordi economici che riguardano il futuro assegno di divorzio, stante l’indisponibilità del diritto alla corresponsione dell’assegno.

Tale sentenza va però letta inserendola nel più ampio dibattito sul tema della validità degli accordi prematrimoniali, nell’ambito del quale la Cassazione, a partire dalla nota sentenza Cass., sez. I, 21 dicembre 2012, n. 23713, ha aperto le porte a siffatti accordi: si è ammessa la possibilità, per i coniugi, di stipulare pattuizioni dirette anche alla preventiva regolamentazione di possibili controversie che potrebbero sorgere in sede di separazione e di divorzio (sul tema, si rinvia, ex multis, ai numerosi contributi di G. Oberto).

Quindi, il riconoscimento della autonomia privata anche nell’ambito del diritto di famiglia, ex art 1321 c.c., consente ai coniugi di disporre del proprio patrimonio, in vista dell’eventuale scioglimento del matrimonio, ogniqualvolta non sussistano condizioni di disparità tra gli stessi ovvero non vengano pattuite prestazioni sproporzionate in pregiudizio di una delle parti. Viceversa, resta confermata la chiusura della giurisprudenza ad ammettere la validità di accordi patrimoniali connotati dalla condizione di particolare debolezza economica di uno dei coniugi, come quando venga in considerazione la necessità di un assegno divorzile.

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