Con la sentenza in esame la Corte di Giustizia ha ribadito il proprio recente orientamento in ordine alla possibilità di applicare la direttiva 93/13/CEE ad un contratto di fideiussione stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio, al fine di garantire l’adempimento delle obbligazioni assunte da una società commerciale verso quest’ultimo.
La questione è stata sottoposta alla Corte di Giustizia su rinvio pregiudiziale dei giudici romeni, avente ad oggetto l’interpretazione degli artt. 1, parag. 1, e 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
In particolare, i giudici romeni si interrogano, in primo luogo, sull’applicabilità della nozione di consumatore anche alla persona fisica che operi come garante-fideiussore di un contratto accessorio rispetto al contratto di credito stipulato da una società commerciale, ove detta persona fisica non abbia alcun collegamento con l’attività della società commerciale e abbia agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale.
In secondo luogo, si chiede alla Corte di chiarire l’ambito applicativo oggettivo della direttiva e, in particolare, se essa possa operare anche per i contratti accessori (come i contratti di garanzia e di fideiussione) di un contratto di credito il cui beneficiario sia una società commerciale, oltre che, ovviamente, per i contratti di vendita di beni e servizi.
La Corte di Giustizia sgombera il campo da equivoci, innanzitutto, per quanto riguarda la portata oggettiva della direttiva, rilevando come il decimo considerando della stessa preveda che «le regole uniformi in merito alle clausole abusive devono applicarsi a “qualsiasi contratto” stipulato tra un professionista e un consumatore». In tal modo, viene evidenziata l’irrilevanza dell’oggetto del contratto ai fini della applicazione della disciplina consumeristica.
Pertanto, il criterio alla stregua del quale definire il campo di applicazione di siffatta disciplina va individuato unicamente nella qualità delle parti del contratto, coerentemente con la ratio della stessa, ispirata alla tutela del contraente debole, cioè del consumatore.
Nel prendere posizione poi sulla questione principale oggetto del rinvio, la Corte di Giustizia richiama un proprio recente precedente (ordinanza Corte di Giustizia, 19 novembre 2015, Tarcău, causa C-74/2015) e conferma il superamento dell’orientamento tradizionale, secondo il quale la qualifica del garante deriverebbe dalla qualità del debitore garantito, stante il carattere accessorio del contratto di garanzia rispetto al contratto principale (così Corte di Giustizia, 17 marzo 1998, causa C-45/96).
La Corte di Giustizia afferma che il contratto di garanzia o di fideiussione, pur avendo un oggetto
accessorio rispetto al contratto principale fonte del debito garantito, va considerato, sotto il profilo soggettivo, come un contratto del tutto distinto da quest’ultimo, essendo stipulato tra contraenti diversi dalle parti del contratto principale.
Pertanto, è solo la qualità con cui le parti sono intervenute nel contratto di garanzia o di fideiussione a determinare la applicabilità o meno della direttiva sui consumatori.
La tutela consumeristica, allora, ben può essere estesa al garante-fideiussore ogniqualvolta il giudice nazionale riscontri che questi abbia agito come persona fisica nell’ambito della sua attività professionale, tenuto conto dei collegamenti funzionali che la legano alla società commerciale debitrice (tra i quali l’amministrazione della società, una partecipazione consistente al suo capitale sociale, l’aver agito per scopi di natura privata). Il che appare coerente con il carattere oggettivo della nozione di consumatore fornito dalla direttiva, da verificare «alla luce di un criterio funzionale consistente nel valutare se il rapporto contrattuale rientri nell’ambito di attività estranee all’esercizio della professione».
Alla luce di siffatte considerazioni, la Corte di Giustizia ritiene vada esclusa, nel caso di specie, l’applicazione della direttiva, dal momento che la persona fisica che ha agito come garante ipotecario dei contratti di mutuo è amministratore e socio unico della società commerciale debitrice, cioè essa ha agito in ragione dei collegamenti funzionali che aveva con quest’ultima, e non come mero consumatore.
Tale impostazione trova, peraltro, conferma, nel nostro ordinamento, in significative pronunce giurisprudenziali che, alla luce anche del precedente della Corte di Giustizia del 2015, ripudiano la tesi del cd “professionista di rimbalzo”, rigettando ogni automatismo tra la qualifica di debitore e la qualifica di fideiussore o garante, e affidano la soluzione ad una valutazione del giudice da compiere caso per caso, alla luce delle circostanze concrete (in tal senso: Cass., 1 febbraio 2016, n. 1869; Trib. Milano, ord. 4 aprile 2016; ABF, collegio di coordinamento, decisione 11 maggio 2016).
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