ISSN 2239-8570

Il chiarimento delle Sezioni Unite sulla natura dell’ordinanza di ammissibilità dell’azione di classe, di Chiara Sartoris


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Le Sezioni Unite prendono posizione sul dibattuto problema della natura giuridica da riconoscere all’ordinanza che, pronunciandosi in via preliminare sul problema della ammissibilità dell’azione di classe ex art 140 bis del d.lgs 206/2005 (cd. codice del consumo), dichiari la medesima inammissibile.

Il chiarimento in ordine alla natura di siffatta ordinanza è decisivo al fine di risolvere la questione se sia possibile o meno proporre ricorso in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. contro di essa. È evidente, infatti, che solo riconoscendo natura non decisoria all’ordinanza – come statuito dalle Sezioni Unite – si può concludere per la non ricorribilità in Cassazione.

La giurisprudenza di legittimità era divisa sul punto.

Secondo un primo orientamento (Cf Cass., 9772/2012), l’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe avrebbe natura non decisoria, essendo fondata su una delibazione sommaria e mirando unicamente a una pronuncia di rito, inidonea, in quanto tale, a formare giudicato sostanziale.

Si osserva, inoltre, che l’ordinanza di inammissibilità non impedirebbe la proposizione della domanda risarcitoria in sede ordinaria, così come, ove l’azione di classe venga rigettata per manifesta infondatezza, non sarebbe preclusa la possibilità di presentare una nuova istanza.

Da tali considerazioni conseguirebbe, dunque, l’esclusione della possibilità di proporre ricorso straordinario in Cassazione avverso l’ordinanza di inammissibilità.

Da questa impostazione prende, invece, le distanze la Terza Sezione di Cassazione nella ordinanza interlocutoria che ha rimesso la presente questione alle Sezioni Unite (Cass., 8433/2015). Ad avviso della Terza Sezione, l’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe avrebbe natura decisoria e, dunque, ben sarebbe ricorribile in Cassazione ex art 111, comma 7, Cost..

A sostegno di questa tesi vengono richiamati molteplici argomenti. In particolare, si esclude, in primo luogo, la possibilità di riproporre l’azione di classe che sia stata dichiarata inammissibile, essendo consentita soltanto la riproponibilità dell’azione individuale. L’azione di classe, difatti, non avrebbe carattere alternativo ed equivalente rispetto l’azione individuale, in quanto le due azioni differiscono non solo sul piano del rito, ma anche per il maggior grado di pressione che l’azione di classe è in grado di esercitare sul professionista/produttore, nonché per il diverso fine che le connota: l’azione di classe consente di proteggere interessi collettivi e di riequilibrare il rapporto, oltre che di esonerare il debitore da ogni diritto e incremento sulle somme pagate entro 180 giorni dal deposito della sentenza. In secondo luogo, l’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe, lungi dal costituire il frutto di una valutazione sommaria, sarebbe il risultato di un esame a cognizione piena, richiedendo la verifica della manifesta infondatezza della pretesa, ai sensi del comma 6, dell’art 140 bis, cod. cons..

Al fine di prendere posizione sulla questione in esame, le Sezioni Unite, prima di tutto, richiamano la disciplina dell’azione di classe. Come è noto, l’azione di classe costituisce uno strumento di tutela multi-individuale, in quanto una pluralità di soggetti agiscono a tutela del proprio interesse individuale. Al riguardo, la riforma del 2012 ha modificato l’art 140 bis cod. cons., prevedendo che gli interessi individuali siano non identici, ma carattere omogeneo, nel senso che ad agire deve essere una classe di individui i quali fanno valere pretese non individuali, ma omogenee, presupponendo la soluzione di questioni di diritto e di fatto identiche. Inoltre, la medesima riforma ha previsto che, oltre ai diritto omogenei, possano essere fatti valere anche interessi collettivi.

Ciò posto, le Sezioni Unite passano poi ad analizzare i presupposti per la proposizione del ricorso straordinario in Cassazione, evidenziando come esso richieda necessariamente il carattere decisorio dell’ordinanza o del decreto, dovendo cioè essere idoneo a incidere con efficacia di giudicato sui diritti soggettivi.

Tale requisito non sembra ricorrere in un caso, come quello di specie, in cui l’azione di classe sia proposta unicamente a fini risarcitori, e non a tutela di interessi collettivi. L’azione di classe, in tale circostanza, costituirebbe un mezzo processuale di tutela che va ad aggiungersi a quello risarcitorio ordinario spettante al singolo interessato.

La differenza sostanziale tra azione di classe e azione individuale, quando “con la prima vengano fatte valere pretese che incidono esclusivamente sul piano risarcitorio o restitutorio, non determina un mutamento dell’oggetto della domanda, che continua ad essere la pretesa alle restituzioni o al risarcimento del danno subito da ciascuno degli appartenenti alla classe che abbiano agito con l’azione di cui all’art 140 bis”.

Da ciò consegue – secondo il ragionamento della Corte – che ove venisse riconosciuta natura decisoria all’ordinanza dichiarativa della inammissibilità, verrebbe meno la possibilità stessa, per il singolo attore proponente l’azione di classe, di ottenere altrimenti il bene della vita oggetto della domanda giudiziale.

Tale situazione non ricorre, invece, nel caso di specie. L’art 140 bis, al comma 15, prevede che “le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito” e che “gli stessi diritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo”. In tale fattispecie va ricondotta anche l’ipotesi di inammissibilità dell’azione di classe, che si caratterizza per una chiusura anticipata del processo in cui la domanda non è mai stata trattata nel merito.

Se ne conclude che “la definitività sulle modalità di svolgimento dell’azione in giudizio (cioè su un cd diritto processuale), ma non sulla situazione sostanziale dedotta in giudizio, è, dunque, inidonea a giustificare il ricorso straordinario”.

Le Sezioni Unite, infine, hanno analizzato le conseguenze dell’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe. Tale ordinanza esplica effetti tanto per i soggetti che l’hanno proposta quanto per i soggetti che vi abbiano aderito, i quali si vedono preclusa la possibilità di riproporre la medesima iniziativa processuale. La preclusione non opera, invece, per gli altri soggetti appartenenti alla medesima classe, in quanto soggetti diversi da quelli per i quali è intervenuta la dichiarazione di inammissibilità.

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