ISSN 2239-8570

La presa di posizione delle Sezioni Unite in tema di danni punitivi e funzione sanzionatoria della responsabilità civile, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

Con la sentenza che qui si segnala, le Sezioni Unite danno risposta al quesito sollevato con l’ordinanza di rimessione n. 9978/2016: si trattava di stabilire se le sentenze straniere che prevedono danni punitivi siano o meno in contrasto con il principio di ordine pubblico.

Le Sezioni Unite ritengono di prendere le distanze dai propri precedenti giurisprudenziali che, tanto nel 2007, quanto nel 2012, avevano escluso la possibilità di delibare sentenze di condanna al risarcimento di danni punitivi, sull’assunto per cui «l’idea della sanzione e estranea al risarcimento del danno, cosi come e indifferente la condotta del danneggiante». La responsabilità civile, in questa prospettiva, avrebbe solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto leso, mediante il pagamento di una somma diretta a eliminare le conseguenze del danno arrecato.

Le Sezioni Unite nel 2107 superano questa analisi, evidenziando come, negli ultimi anni, si siano registrate talune aperture giurisprudenziali circa il possibile riconoscimento di una funzione sanzionatoria del risarcimento del danno, in considerazione delle disposizioni normative che il legislatore ha introdotto a macchia d’olio in vari settori, riconoscendo un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento (cf. Cass., Sez. Un., n. 9100/2015 in tema di responsabilità degli amministratori; Cass., n. 7613/2015 in tema di astraintes; Cass., Sez. Un., 5072/2016 in tema di violazione del diritto eurounitario).

Nell’elencare le numerose disposizioni significative al riguardo, i giudici evidenziano come esse esprimano l’esigenza del legislatore di «ricorrere all’armamentario della responsabilità civile per dare risposta ai bisogni emergenti», ritenendo «inappagante un insegnamento che voglia espungere dal sistema, confinandole in uno spazio indeterminato e asfittico, figure non riconducibili alla “categoria”».

La stessa giurisprudenza costituzionale, peraltro, sembra fornire un utile sostegno al riconoscimento nel nostro ordinamento di una concezione polifunzionale della responsabilità civile, affinché questa possa rispondere a quella esigenza di effettività della tutela che, in molti casi, rimarrebbe sacrificata in quella che i giudici definiscono come “angustia monofunzionale” (Cf. Corte Cost., 303/2011 in materia laburistica; Corte Cost., 152/2016 in tema di responsabilità processuale ex art 96 c.p.c.).

In considerazione di ciò, le Sezioni Unite affermano che la responsabilità civile nel nostro ordinamento non abbia solo la finalità di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione; al contrario, si riscontra all’interno del sistema anche una funzione di deterrenza e una funzione sanzionatoria.

Al riguardo, tuttavia, i giudici svolgono alcune importanti precisazioni, chiarendo che questa curvatura deterrente/sanzionatoria della responsabilità civile non ha mutato l’essenza dell’istituto e che ai giudici italiani resta comunque preclusa la possibilità di «imprimere soggettive accentuazioni ai risarcimenti che vengono liquidati» in materia di danno extracontrattuale o contrattuale.

Le Sezioni Unite invocano, allora, la necessità di assicurare il rispetto del principio di legalità, atteso che, in forza del principio di cui all’art 23 Cost., letto in combinato disposto con gli artt. 24 e 25 Cost., ogni imposizione di prestazione personale esige una intermediazione legislativa: sussiste, cioè una riserva di legge in tema di nuove prestazioni patrimoniali, idonea a precludere un incontrollato soggettivismo giudiziario.

Ne consegue, allora, che in questi stessi termini debba essere inquadrato e risolto il problema del riconoscimento di sentenze straniere che condannino a risarcire danni punitivi. Il principio di legalità richiamato impone la necessità che sussista una legge o simile fonte che regoli la materia secondo principi e soluzioni di quel Paese, con effetti che non risultino contrastanti con l’ordinamento italiano. Il riconoscimento della sentenza straniera, quindi, in tanto sarà possibile, in quanto sussistano «basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa e i limiti quantitativi».

In aggiunta, le Sezioni Unite non rilevano alcun contrasto con l’ordine pubblico di sentenze di condanna per danni punitivi. Esse concordano con la nozione di ordine pubblico internazionale prospettata dalla ordinanza di rimessione, identificandolo nel «distillato del “sistema di tutele approntate a livello sovraordinario rispetto a quello della legislazione primaria (…) (Cass., 1302/2013)”», dovendo i giudici prendere in considerazione non solo la nostra Costituzione, ma anche, dopo il Trattato di Lisbona, le garanzie riconosciute ai diritti fondamentali dalla Carta di Nizza, che è stata elevata al livello dei trattati fondanti dell’Unione europea dall’art 6 TUE.

Ne consegue che, accanto al ruolo di strumento di controllo avverso l’ingresso di norme o sentenze straniere che possono minare la coerenza interna dell’ordinamento giuridico, l’ordine pubblico svolge oggi anche una funzione promozionale dei valori tutelati dall’Unione europea, diretta ad assicurare l’armonizzazione del rispetto dei medesimi.

Resta comunque fermo che la sentenza straniera applicativa di un istituto non regolato dall’ordinamento nazionale, per quanto non ostacolata dalla disciplina europea, possa trovare sempre un limite nella Costituzione e nelle leggi che caratterizzano l’ordinamento costituzionale di uno Stato, le quali continuano tutt’oggi a costituire “un limite ancora vivo”.

Se ne conclude, allora, che, di fronte a una sentenza di condanna per danni punitivi, il giudice debba soltanto chiedersi se l’istituto «sia in aperta contraddizione con l’intreccio di valori e di norme che rilevano ai fini della delibazione», e non piuttosto se la ratio della funzione deterrente della responsabilità civile nel nostro sistema sia identica a quella che genera i danni punitivi.

Sebbene nel caso di specie la sentenza straniera non comporti condanna per danni punitivi in quanto la somma liquidata dal giudice è stata ritenuta non abnorme, le Sezioni Unite affermano che, in astratto, la riconoscibilità del risarcimento punitivo vada commisurata agli effetti che la sentenza straniera può avere in Italia, trattandosi di “istituto sconosciuto, ma in via generale non incompatibile con il sistema”. La vicenda, inoltre, ha offerto l’occasione per un ripensamento giurisprudenziale del più generale istituto della responsabilità civile nel senso del riconoscimento della polifunzionalità dello stesso, che appare coerente con l’esigenza sempre più attuale di assicurare una tutela effettiva a nuovi bisogni e istanze della società.

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