La questione sollevata dalla Ordinanza oggetto d’esame che richiede l’intervento chiarificatorio delle Sezioni Unite riguarda la necessità o meno di includere la commissione di massimo scoperto nella formula per il calcolo del TEG (Tasso Effettivo Globale) anche in relazione al periodo anteriore al gennaio 2010, ai sensi dell’art. 2 bis, comma 2, Legge n. 2/2009.
Con riguardo al caso giuridico all’origine dell’ordinanza in commento occorre segnalare che essa nasce dai ricorsi separati, ma dai contenuti strettamente conformi, che Intesa San Paolo s.r.l. – in qualità di cedente del credito contestato – e la Guber s.p.a. – in qualità di mandatario di altra società cessionaria del predetto credito – hanno proposto nei confronti del Fallimento Frutta e Verdura s.r.l. e avverso il decreto emesso dal Tribunale di Napoli. Provvedimento con il quale era stata rigettata la domanda avanzata dall’istituto di credito in opposizione all’esclusione dello stato passivo stabilita dal giudice delegato in relazione ad un credito vantato come saldo di conto corrente per linea capitale ed interessi di mora sino al tempo della dichiarazione di fallimento. Nel decreto l’esclusione veniva confermata in considerazione del fatto che dalla CTU era emersa l’applicazione di un TEG superiore ai tassi soglia vigenti che, pertanto, ne determinava la usurarie.
Con il terzo motivo di ricorso è stata contestata la scelta compiuta dal Tribunale napoletano di valutare l’usurarietà del credito tenendo conto anche della CMS per la seguente ragione. Il rapporto di conto corrente al quale si riferisce la controversia si era svolto nel periodo antecedente al 2010 in relazione al quale la Banca d’Italia (con la circolare del 30.09.1996, aggiornata al dicembre 2002 e in vigore fino al secondo trimestre del 2009) aveva escluso che la commissione andasse inclusa nella formula per il calcolo del TEG dovendo, invece, essere rilevata separatamente ed espressa in termini percentuali. Soltanto con le istruzioni dell’agosto 2009 il riferito orientamento della Banca d’Italia era mutato comportando, a partire da quel momento, la inclusione della CMS nel novero degli oneri economici rilevanti ai fini della verifica dell’usurarietà.
Dato conto dei termini della contestazione mossa, i Giudici di Legittimità rilevano la contrarietà del motivo in esame rispetto all’orientamento prevalentemente seguito dalla giurisprudenza della Corte secondo il quale la CMS, rappresentando un onere per il debitore e, dunque, un costo del credito, deve essere computata ai fini della verifica, in concreto, dell’eventuale usurarietà dei negozi conclusi dall’autonomia privata.
Il predetto motivo denuncia, infatti, l’emersione di un contrasto in seno alla giurisprudenza di legittimità proprio con riguardo alla rilevanza che la CMS assume nel periodo antecedente al 2010 ai fini della valutazione del carattere usurario dei tassi applicati dall’istituto di credito.
Nel riferire delle opposte posizioni sorte, la Corte si sofferma ad analizzare i due principali profili sui quali essenzialmente converge il dibattito giurisprudenziale in parola.
Il primo attiene al rapporto intercorrente tra la Legge n. 108/1996 e l’art. 644 c.p., da un lato, e la Legge n. 2/2009 di conversione del D.L. 185/2008, dall’altro; il secondo riguarda, invece, il rapporto intercorrente tra i parametri di costruzione del tasso effettivo medio preso in considerazione dalle rilevazioni trimestrali del Ministero dell’economia, e i parametri di verifica dell’usurarietà utilizzati in relazione ai negozi posti in essere dalla autonomia privata. Si tratta, cioè, della questione attinente alla validità di un accertamento usurario compiuto mediante confronto di parametri disomogenei come il TEG e il TEGM.
In relazione al primo profilo, il nodo essenziale della questione attiene alla qualificazione dell’art. 2 bis, comma 2, Legge n. 2/2009 quale norma di interpretazione autentica, ovvero di portata innovativa rispetto alla disciplina dettata in materia di usura.
Secondo l’orientamento minoritario recentemente formatosi (cfr Cassazione, 22 giugno 2016, n. 12965; Cassazione, 3 novembre 2016, n. 22270), non è affatto pacifico che l’art. 2 bis, comma 2, Legge n. 2/2009 integri gli estremi di una norma di mera interpretazione autentica dell’art. 1, Legge n. 108/1996 – art. 644 c.p.. Conclusione cui potrebbe giungersi solo se si ritenesse che la medesima norma abbia voluto operare direttamente sulla disposizione del codice chiarendo il significato da attribuire ai concetti di “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese” indicati al comma quarto del citato art. 644 c.p..
Tale circostanza non è, però, univocamente desumibile dal testo della legge che non esprime alcuna precisa volontà del legislatore di fornire una interpretazione autentica della richiamata disposizione. Al contrario, invece, viene fissato un dies a quo per attribuire rilevanza alla CMS nel calcolo del TEGM ed è assegnato all’autorità amministrativa il compito di fissare un periodo transitorio per consentire alle banche di adeguarsi. Circostanze, queste ultime, difficilmente conciliabili con l’attribuzione di una funzione meramente interpretativa dell’art. 2 bis, comma 2, Legge n. 2/2009.
In considerazione di ciò, sarebbe più plausibile considerare tale disposizione come norma diretta ad incidere in senso innovativo non già in relazione al comma 4, dell’art. 644 c.p., bensì con riguardo al comma 3 per cui la “legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.
L’opposto e maggioritario orientamento giurisprudenziale (per tutte cfr: Cassazione penale, n. 12028/2010; Cassazione penale, n. 28928/2014; Cassazione civile, n. 10516/2016) muove da una interpretazione letterale dell’art. 1, Legge n. 108/1996 – art. 644 c.p.. In essa, ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario, viene fatta espressa menzione alle stesse commissioni, unitamente alle remunerazioni a qualunque titolo e alle spese (escluse quelle per imposte e tasse). Si tratterebbe, quindi, di una componente imprenscindibile della predetta operazione di calcolo trattandosi di un onere che, al pari degli altri, l’utente è tenuto a sopportare in relazione all’utilizzo del credito.
Date queste premesse, l’art. 2 bis, comma 2, Legge n. 2/2009 non potrebbe che essere considerata regola di interpretazione autentica dell’art. 1, Legge n. 108/1996 – art. 644 c.p.. Infatti, diversamente dalla disposizione contenuta al comma 1 del medesimo art. 2 bis, Legge cit. che regola ex novo la materia della nullità della CMS, il secondo comma non introduce alcun elemento di novità rispetto alla disciplina previgente, ma è volto a ribadire la necessità di calcolare, ai fini dell’usura, tutti gli oneri economici di cui è gravato il cliente.
Confermerebbero la sopra esposta posizione interpretativa due ulteriori argomenti riportati, a margine, dai Giudici di Legittimità. Innanzitutto, viene sostenuto che il richiamo compiuto dall’art. 2 bis, comma 2 – secondo periodo, Legge cit. in relazione alla necessità di prevedere una regolamentazione transitoria deve essere riferito non già al primo periodo della disposizione, ma alla nuova disciplina introdotta dalla norma del comma 1 dell’art. 2 bis in materia di nullità delle CMS.
In secondo luogo, viene fatto notare che, trattandosi di una specifica forma di remunerazione del credito, l’esclusione della CMS dal novero degli oneri di rilevanza economica, per un periodo più che decennale, “dovrebbe comunque trovare un’oggettiva e forte giustificazione” .
Il secondo nodo da sciogliere riguarda la necessità o meno di ricorrere a parametri omogenei in punto di verifica dell’usura. Rispetto a tale questione la Corte rileva come la sua risoluzione implichi la definizione di ulteriori sotto-problemi. Tra questi, prioritario è quello concernente la verifica della effettiva sussistenza nel sistema antiusura attualmente vigente di una regola di omogeneità.
Al riguardo, la Corte rileva come il contesto della vigente legge antiusura non espliciti una regola di omogeneità dei dati in comparazione, né la suppone in via necessaria. Inoltre, osserva che anche le istruzioni della Banca d’Italia sono, per vero, rivolte esclusivamente agli intermediari escludendo qualsiasi interferenza con i negozi dell’autonomia privata.
In conclusione, viene segnalato l’ulteriore dubbio generato dal tema della omogeneità dei dati da porre a confronto ai fini del controllo dell’eventuale superamento del tasso soglia che attiene direttamente alla qualificazione della CMS.
In proposito i giudici di legittimità ricordano che le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia, a partire dal 1996, hanno sempre ritenuto che la CMS non dovesse entrare nel calcolo del TEG, ma dovesse essere rilevata separatamente ed espressa in termini percentuali. In considerazione di ciò non si può, quindi, sostenere una totale irrilevanza della CMS ai fini della regolamentazione dell’usura, ma piuttosto una autonoma rilevanza rispetto agli altri parametri che devono essere considerati. Questo carattere delle CMS si spiegherebbe in considerazione del fatto che esse costituiscono una forma di remunerazione del credito applicata non indiscriminatamente, ma solo in relazione a certe forme tecniche di utilizzo del credito.
Per le sopra esposte ragioni la Corte ritiene di dover rimettere alle Sezioni Unite la “questione di massima di particolare importanza” emersa nella trattazione della causa.
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