ISSN 2239-8570

Funzioni della Responsabilità Civile e “Punitive Damages”, di Stefano Carabetta


DOCUMENTI ALLEGATI

Sommario
1. Origine e ratio dei “punitive damages” nei sistemi di common law. 2. La delibabilità delle sentenze straniere di condanna ai “punitive damages” tra ordine pubblico e funzioni della responsabilità civile. 3. Verso una funzione sociale della responsabilità civile: il modello preventivo-punitivo. 4. “Punitive damages” e proporzionalità del risarcimento: l’esigenza di una copertura completa degli interessi lesi.

1. Origine e ratio dei “punitive damages” nei sistemi di common law.
Il dibattito intorno all’ammissibilità dei punitive damages nell’ambito del sistema italiano del diritto civile è ritornato di grande attualità a seguito della pubblicazione della recente sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017, pronunciata a sezioni unite dalla Corte di Cassazione, e della relativa ordinanza n. 9978 del 16 maggio 2016 di rimessione al primo presidente della questione di massima di particolare importanza (1) .
Nell’arco di oltre un decennio i giudici di legittimità sono stati investiti per oltre tre volte del giudizio relativo alla delibabilità di sentenze straniere irrogatorie di condanne punitive.
L’espressione punitive damages rimanda al rimedio di matrice anglosassone, nato nel XIII secolo in Inghilterra sulla base della tradizione romanistica (2) e diffusosi con particolare successo negli Stati Uniti d’America.
Pur nella consapevolezza delle difficoltà legate ad una piena ed integrale reductio ad unum dei diversi apparati legislativi e giurisprudenziali (3) dei sistemi di common law, è possibile distinguere – non senza qualche approssimazione necessaria per esigenze di sintesi – le diverse voci della condanna pecuniaria inflitta al responsabile di un illecito civile. Sulla base delle finalità che tendono a perseguire si rinvengono, infatti, i compensatory o restitutory damages (risarcimenti con finalità riparatoria e restitutoria) e i non compensatory damages (liquidazioni con un fine punitivo e deterrente) (4) .
All’interno della prima categoria si annoverano gli special damages, che l’attore deve chiedere esplicitamente e provare anche nel loro ammontare, ed i general o presumptive damages, comprendenti le condanne per il danno morale e soggettivo (damages for pain and suffering), i quali, viceversa, non richiedono la prova della loro concreta entità e che possono essere dimostrati anche mediante il ricorso a presunzioni (5).
Si collocano nella seconda tipologia di danni i punitive damages (detti pure exemplary o vindicative), i quali rappresentano una reazione in senso afflittivo nei confronti del soggetto responsabile della lesione di un diritto e vengono concessi con la precipua finalità di punire il soggetto danneggiante ma anche allo scopo di educare lo stesso autore dell’illecito così come la generalità dei consociati e, quindi, per prevenire il ripetersi di uno stesso comportamento in futuro (6).

2. La delibabilità delle sentenze straniere di condanna ai “punitive damages” tra ordine pubblico e funzioni della responsabilità civile.
Attraverso la clausola generale dell’ordine pubblico – che costituisce il parametro fondamentale per l’exequatur delle sentenze straniere ai sensi della legge sul diritto internazionale privato – la Cassazione è stata chiamata sostanzialmente a pronunciarsi in particolare sulle funzioni ascrivibili alla responsabilità civile e sul rispetto del principio di proporzionalità in caso di condanna a risarcimenti punitivi (7).
Nei precedenti del 2007 e del 2012 la Corte di Cassazione, utilizzando la clausola dell’ordine pubblico (8) di cui alla l. 218 del 1995 in senso restrittivo – come limite riferibile all’ordinamento giuridico interno e composto dai principi inderogabili che costituiscono l’identità nazionale della società in un determinato periodo storico – aveva riconosciuto alla responsabilità civile una monofunzionalità meramente riparatoria e restitutoria.
Nella decisione a sezioni unite n. 16601 del 2017 il Supremo Collegio, coerentemente con la dimensione sovranazionale degli ordinamenti moderni, abbraccia una interpretazione in senso “minimale” e “ammorbidito” (9) del concetto di ordine pubblico – inclusivo cioè anche dei principi rinvenibili a livello sovranazionale – riconoscendo che dalla traiettoria percorsa dall’istituto della responsabilità civile negli ultimi decenni è emersa indubbiamente una natura polifunzionale, tra cui quella preventiva/ dissuasiva e quella sanzionatorio/punitiva.
Siffatto riconoscimento, secondo i giudici della legittimità, si deve anzitutto al necessario e obiettivo riscontro a livello di diritto positivo di una serie crescente di misure legislative che non mirano semplicemente a ristorare la perdita subita dalla vittima dell’illecito (o dell’inadempimento contrattuale), ma tendono pure a punire il soggetto responsabile mediante la condanna ad un surplus monetario. Invero, la dottrina e la giurisprudenza hanno passato in rassegna un elenco nutrito di fattispecie risarcitorie nelle quali il legislatore ha già predeterminato a monte la misura o i criteri della liquidazione, andando oltre la stretta quantificazione della lesione inferta, evidentemente per finalità che non possono che annoverarsi nell’ambito della punizione e della prevenzione. Si tratta di ipotesi tutt’altro che marginali che arrivano certamente a intaccare i gangli del sistema confermando, altresì, che la finalità punitiva del risarcimento – sia in ambito contrattuale sia in ambito extracontrattuale – permea ormai a pieno titolo e non più occasionalmente anche il formante legislativo (10).
Siffatto mutato quadro normativo ha consentito anche al diritto vivente di riconoscere formalmente l’esistenza di specifiche finalità punitive in capo ad alcuni rimedi del diritto civile. Il riferimento è alla sentenza n. 303 del 2011 con la quale la Corte costituzionale ha affermato che la novella in materia giuslavoristica di cui alla l. 183 del 2010, nella parte in cui contempla la possibilità, a fronte di talune violazioni, di condannare il datore di lavoro al pagamento di una indennità onnicomprensiva a favore del lavoratore, assume una chiara valenza sanzionatoria.
Sulla stessa linea si colloca la sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 2016 secondo la quale l’art. 96 c.p.c. avrebbe una chiara natura non risarcitoria o non esclusivamente tale (11).
Parimenti, la giurisprudenza di legittimità ha ormai ammesso la funzione punitiva della responsabilità civile. A tal proposito occorre ricordare la sentenza della Corte di Cassazione n. 7613 del 15 aprile 2015, con la quale si è affermato il principio di diritto per cui “le astreintes, già previste in altri ordinamenti. dirette ad attuare, con il pagamento di una somma crescente con il protrarsi dell’inadempimento, una coercizione per propiziare l’adempimento di obblighi non coercibili in forma specifica, non sono incompatibili con l’ordine pubblico italiano” (12).
Nello stesso senso, la decisione delle sezioni unite n. 9100 del 2015 ha stabilito che una funzione punitiva «potrebbe oggi forse non apparire più così incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva, giacché negli ultimi decenni sono state qua e là introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento».

3. Verso una funzione sociale della responsabilità civile: il modello punitivo per la prevenzione.
Il conforto dell’avallo normativo e giurisprudenziale, unitamente ai più evoluti approdi di certa dottrina, consentono di mettere in luce che l’idea di una responsabilità civile costruita all’interno di un individualistico quanto riduttivistico schema bilaterale – che, riservando una considerazione esclusiva al danneggiante e al danneggiato, protagonisti primi del conflitto aquiliano, limita la portata della responsabilità per fatto illecito alla traslazione della perdita economica dalla vittima all’autore del fatto illecito – si prepara ad abbandonare la scena.
L’idea che si va profilando negli ultimi anni è che il complesso delle ragioni funzionali giustificative del sistema aquiliano non può essere esaurito circoscrivendolo alle sole finalità di ristoro, riparazione o retribuzione comunque denominate (13).
Non essendo più esaustivo guardare a ciascun conflitto tra danneggiante e danneggiato come ad un segmento isolato, ossia alla stregua di una vicenda incidente puramente e semplicemente su interessi ricadenti nella sfera soggettiva dei singoli (14), la responsabilità civile muta in strumento di attuazione di politiche socio-economiche di più ampio raggio (15).
Nuove e diverse istanze di portata meta-individuale esigono di essere soddisfatte attraverso il meccanismo della responsabilità civile. L’evoluzione del sistema muove nel senso di inaugurare una funzione sociale delle regole di responsabilità civile, intesa quale sintesi di istanze di risarcimento, di punizione, di deterrenza, di educazione, di prevenzione (16) e di giustizia (17).
Da ultimo va profilandosi un problema di funzionalizzazione della responsabilità civile le cui regole devono essere costruite, interpretate ed applicate in maniera tale da guardare non soltanto limitativamente al danneggiante e al danneggiato, ma anche agli interessi della collettività. È da qui che nasce l’idea che la responsabilità civile possa assolvere a una funzione punitiva (18).
Non si tratta di una nuova edizione della funzione sanzionatoria della responsabilità civile, bensì piuttosto di un modello completamente diverso e per struttura e per funzioni. L’afflizione irrogata dal giudice nei confronti del danneggiante non è corrispondente alla sola perdita subita dalla vittima dell’illecito, ma al contrario è superiore ad essa, né limita la sua portata applicativa ad una mera punizione fine a se stessa, bensì si propone – anche attraverso la forza monitoria della consapevolezza di incorrere in condanne gravose – di esercitare una pressione psicologica anche con efficacia preventiva del danno sia sul medesimo autore dell’illecito sia sulla generalità dei consociati (19).
Chiare indicazioni in tal senso provengono, fra l’altro, anche dai cc. dd. Principles of European Tort Law compilati da una Commissione di studiosi e di esperti di diritto civile dei diversi Paesi dell’Unione Europea (20), costituitasi nel 1992 con lo specifico obiettivo di approfondire le ricerche sui diversi sistemi vigenti nei vari Stati e verificare le possibilità di una soluzione compromissoria tra i principi di civil law e quelli di common law per la costruzione di un diritto comune europeo della responsabilità civile.
Segnatamente, fra gli altri, l’art. 10:101, sotto la rubrica Natura e scopo del risarcimento dei danni, dopo aver enunciato che Il risarcimento dei danni consiste nel pagamento di una somma di denaro per rimettere il danneggiato, nei limiti in cui il denaro possa, nella posizione che avrebbe occupato se l’illecito non fosse stato commesso, prosegue affermando che Il risarcimento dei danni ha anche per scopo la prevenzione del danno, consacrando a chiare lettere di tale guisa la prevenzione come funzione delle regole di responsabilità civile (21).
Depone, altresì, nel senso di una lettura punitiva del nuovo aspetto che la responsabilità civile va assumendo anche in campo europeo l’art. 10:301, ai sensi del quale nella valutazione del danno non patrimoniale devono essere oggetto di considerazione tutte le circostanze del caso concreto, la durata e le conseguenze del torto nonché la gravità dell’azione illecita. Il richiamo esplicito, nella liquidazione del danno non patrimoniale, a parametri soggettivi di commisurazione del quantum debeatur – evocanti la c.d. malice dei punitve damages – rende ancora più nitida la tendenza ad orientare lo statuto della responsabilità civile verso finalità punitive e preventive.
Gli interessi della cui protezione la responsabilità civile deve farsi carico non sono più solo ed esclusivamente individuali, in quanto tali contenuti e contenibili all’interno della singola sfera privata, bensì sociali ed a rilevanza pubblica (22).
L’emersione sempre più nitida di questa nuova versione sociale della responsabilità civile avallerebbe l’idea di chi sostiene l’impossibilità di una spiegazione unitaria, monistica dell’aspetto funzionale della responsabilità civile (23).
Anzi, per effetto della esplosione degli impieghi del modello della responsabilità civile, rischierebbero di saltare due tra i più cospicui risultati della fase precedente, le caratteristiche di unitarietà e di laicizzazione del modello (24), creandosi conseguentemente un problema di un dualismo tra funzione privatistica e funzione pubblicistica del modello della responsabilità civile.
Di fronte a nuove funzioni del sistema delle regole di responsabilità aquiliana, tuttavia, l’idea più convincente è che nella società del postmoderno anche tale istituto – al pari di quanto accaduto già per altri pilastri del diritto civile, solo apparentemente monolitici, quali la proprietà, la famiglia, la società e l’impresa, tanto per citare alcuni esempi (25)– transita verso una scomposizione in una molteplicità di modelli che si atteggiano in maniera diversa a seconda degli interessi tutelati (26).
Il sistema della responsabilità extracontrattuale, in altri termini, non abbandona la classica funzione risarcitoria, ma associa ad essa, in relazione ad altre tipologie di interessi tutelati e ad altri tipi di illeciti, anche una funzione punitiva, rispondente alle esigenze del sociale in quanto finalizzata a scoraggiare la realizzazione dell’illecito, puntando ad anticipare la soglia della protezione come un prius piuttosto che come un posterius rispetto all’illecito medesimo (27).
Nella tutela della persona, rectius dei diritti della personalità, quali la dignità, la reputazione (28), la riservatezza, l’identità personale, giusto per menzionarne alcuni, la funzione punitiva e preventiva assume un ruolo particolarmente caratterizzante specie allorquando la riprovevolezza del comportamento lesivo costituisce il criterio esclusivo per l’imputazione della responsabilità ed il parametro principale per la quantificazione del risarcimento (29). I tradizionali rimedi del risarcimento riparatorio presentano a tal riguardo limiti insuperabili e dimostrano tutta la loro inadeguatezza (30).
Si riaffaccia così l’idea di chi ascrive alla responsabilità civile due funzioni inscindibilmente connesse: quella della reintegrazione del patrimonio del danneggiato; quella genericamente afflittiva nei confronti del soggetto che ha violato un precetto normativo (31). Sebbene nel risarcimento sia maggiormente evidente l’aspetto reintegratorio non per questo può ignorarsi la funzione punitiva e deterrente (32).
Non si allontana da simili conclusioni chi, pur affermando che il diritto europeo continentale della responsabilità civile ascrive all’illecito civile quale unica conseguenza l’obbligo di risarcimento del danno provocato, asserisce d’altra parte che non sfugge al giudice europeo l’esigenza di calibrare il risarcimento alla gravità della colpa e ad eventuali vantaggi economici conseguiti in virtù del comportamento illecito (33). Invero, riconoscere il rilievo dell’elemento soggettivo della colpa (ma anche, a fortiori, del dolo), nonché dei profitti illeciti realizzati dal danneggiante ai fini della quantificazione del risarcimento equivale, a rigor di logica, ad una considerazione degli elementi strutturali dell’illecito aquiliano non solo sotto il profilo dell’an, ma anche sotto quello del quantum dell’obbligazione risarcitoria, attribuendo in definitiva al risarcimento una chiara finalità punitiva oltre che meramente riparatoria (34).

4. “Punitive damages” e proporzionalità del risarcimento: l’esigenza di una considerazione completa dell’articolato assiologico leso.
La ricostruzione del concetto di danno in senso giuridico, quale lesione di un interesse protetto o giuridicamente rilevante secondo i criteri sistematici positivi, fornisce d’altra parte un ulteriore e utile ingresso alle condanne cc.dd. punitive. La determinazione del quantum debeatur nell’obbligazione risarcitoria, infatti, deve – e non può essere altrimenti – prendere le mosse dalla esatta individuazione dell’interesse leso.
Orbene, se l’interpretazione analitica dell’art. 2043 c.c. ha dimostrato che il necessario presupposto logico-giuridco di ogni responsabilità civile è il danno, ai fini della quantificazione dell’obbligo riparatorio dell’effetto giuridico occorre appuntare l’attenzione proprio su tale elemento e fare riferimento a tutti gli interessi lesi dal fatto illecito. Se ben si osserva, spesso accade che l’offesa arrecata oltrepassa i confini della sfera di pertinenza del singolo soggetto per investire in maniera più o meno intensa complessi di interessi diffusi o collettivi, la cui titolarità gravita in capo ad enti esponenziali o, comunque, ad una pluralità di soggetti (35), come avviene per la salute pubblica, l’ambiente, la sicurezza dei prodotti, la concorrenzialità del mercato, ma anche per la famiglia, dove cioè l’interesse del privato si unisce ad altri interessi di rilevanza ulteriore. È quanto accade ad esempio negli illeciti plurioffensivi (cc.dd. Mass Torts), a fronte dei quali è consentito l’esercizio delle cc.dd. class actions (36). Vi sono alcuni casi in cui la vicenda dell’illecito aquiliano non si esaurisce, come potrebbe sembrare prima facie, nell’ambito del rapporto esclusivo tra danneggiante e (primo) danneggiato, ma il rapporto, ad un più attento esame, si amplia fino a ricomprendere al suo interno altri soggetti (secondi danneggiati). L’offesa non si arresta alla lesione immediata arrecata al soggetto leso, ma estende la sua portata lesiva anche ad altri interessi meta-individuali.
In tali ipotesi, circoscrivere l’area del risarcibile all’interesse del singolo significa lasciare scoperta una importante e consistente area di interessi. Affinché il risarcimento sia pienamente satisfattivo e onnicomprensivo dell’intero articolato assiologico leso e quindi realmente adeguato e proporzionato alla lesione inferta (come giustamente esigono le Corti sopra citate) è indispensabile che nella considerazione del fatto illecito e, dunque, del danno, rientri, altresì, la valutazione dei pregiudizi arrecati anche a quelle componenti assiologiche che esorbitano dalla sfera del singolo, ma che con l’interesse individuale direttamente leso risultano intimamente collegate ed avvinte da un nesso di interdipendenza (37).
Piuttosto, la primaria e, per certi versi, condivisibile preoccupazione è che il risarcimento onnicomprensivo e completo dell’intero articolato assiologico leso – coprendo anche l’interesse superindividuale, di cui il singolo è titolare solo in misura percentuale – possa tradursi in un ingiustificato arricchimento ovvero in una locupletazione da parte del solo danneggiato (38). Utili indicazioni per il superamento di simili problemi potrebbero venire dall’Avant Projet de Réforme du Droit des Obbligationes, che, all’art. 1371, contempla espressamente – a fronte di certe condotte “manifestement délibérée, et notamment d’une faute lucrative” – la possibilità di condannare il responsabile “outre les dommages-intérêts compensatoires, à des dommages-intérêts punitifs” con l’ulteriore facoltà di destinare una parte della somma al Tesoro pubblico (39). Come pure altrettanto indicative sono le soluzioni adottate dal nostro diritto positivo, ad esempio all’art. 140, comma 7 del codice del consumo, laddove espressamente si stabilisce che le somme ingiunte dal giudice per l’inadempimento delle decisioni adottate siano versate all’entrata del Bilancio dello Stato.
Di tale guisa è possibile recuperare la conformità all’ordine pubblico e l’auspicata proporzionalità del risarcimento del danno. In tale senso, poi, il principio di proporzionalità, che sta alla base della verifica sulla compatibilità con l’ordine pubblico, non deve interpretarsi in modo rigoroso come assoluta corrispondenza matematica tra il danno cagionato e l’entità del risarcimento. In chiave attenuata, la proporzionalità potrebbe essere intesa come parametro che impone al giudice di valutare, sia pure senza formule prestabilite, la correlazione equilibrata tra il quantum del danno e quello del risarcimento, tenendo conto di tutti gli elementi fattuali dell’illecito, della gravità della condotta lesiva, dell’arricchimento del danneggiante.
In ogni caso, non deve trascurarsi che “ la responsabilità civile è stata, nelle famiglie di civil law e common law, il settore forse di maggiore omogeneità culturale delle due esperienze, per lo sviluppo intrinsecamente pretorio (40). Tale trend è destinato a ridurre ulteriormente le distanze tra i due sistemi. In quello che è stato definito il processo di formazione di «un ordinamento giuridico di dimensioni continentali» (41) ovvero di globalizzazione o uniformazione giuridica (42) si inserisce, da ultimo, il c.d. Regolamento Roma II (43), il quale introduce – alla stessa stregua del suo antecedente in ambito negoziale, Roma I – lo shopping del diritto anche per le regole proprie della responsabilità extracontrattuale. Proprio siffatta possibilità introdurrebbe per altra via nel nostro sistema il modello punitivo-deterrente di responsabilità civile.

 


(1) Per un primo commento alla sentenza delle sezioni unite n. 16601 del 5 luglio 2017 vedi G. PONZANELLI, Le Sezioni Unite sulla delibazione di sentenze straniere di condanna a danni punitivi, in Quotidiano giuridico, 12 luglio 2017; A. CARRATO, Danni punitivi: semaforo verde per il loro riconoscimento nell’ordinamento italiano, in Quotidiano giuridico, 7 luglio 2017; R. SAVOIA, Le Sezioni Unite aprono la strada al riconoscimento in Italia di sentenze straniere che contengano risarcimenti punitivi, in Diritto & Giustizia, fasc.118, 2017, pp. 7 e ss.
L’ordinanza n. 9978 del 16 maggio 2016 di rimessione della questione alle sezioni unite della cassazione è stata oggetto di numerosi commenti tra i quali si menzionano: A. DI MAJO, Riparazione e punizione nella responsabilità civile, in Giur. it., 8-9, 2016, pp. 1854 e ss.; C. DE MENECH, Il problema della riconoscibilità di sentenze comminatorie di punitive damages: alcuni spunti ricostruttivi, in Riv. dir. civ., 6, 2016, pp. 1644 e ss.; ID., Verso la decisione delle sezioni unite sulla questione dei danni punitivi: ostacoli apparenti e reali criticità, in Persona e mercato, I, 2017, pp. 3 e ss., E. D’ALESSANDRO, Riconoscimento di punitive damages: in attesa delle Sezioni Unite, in Int’l Lis n. 2/2016, pp. 90 e ss.; M. GRONDONA, L’auspicabile “via libera” ai danni punitivi, il dubbio limite dell’ordine pubblico e la politica del diritto di matrice giurisprudenziale (a proposito del dialogo tra ordinamenti e giurisdizioni), in Dir. civ. cont., 31 luglio 2016; A. MONTANARI, La resistibile ascesa del risarcimento punitivo nell’ordinamento italiano (a proposito dell’ordinanza n. 9978/2016 della Corte di Cassazione), in Dir. civ. cont., 2 febbraio 2017.
(2) Più correttamente l’archetipo più remoto del danno punitivo, genericamente inteso quale afflizione di natura civile esorbitante la stretta misura del danno cagionato alla vittima di un illecito, può farsi risalire al codice di Hammurabi del 2.000 a. C., alle leggi ittite del 1.400 a.C. ed alla legge di Mosè del 110 a.C.
In Inghilterra già nel 1200 esisteva una legislazione che sanzionava nella misura del duplum i comportamenti lesivi (trespass ) posti in essere a danno di soggetti religiosi. I torts di trespass to persons, to land e to chattels, erano puniti attraverso il ricorso ai cc. dd. double damages al fine di assicurare una adeguata tutela, anche in termini di prevenzione, alla inviolabilità della persona e delle cose da questa possedute contro ogni offesa ed interferenza fisica (corpore corpori) da parte di terzi. La denominazione originaria era quella di multiple damages. Già nel 1275 una legge prevedeva la sanzione di double damages contro i responsabili dei torts di trespass, stabilendo testualmente «Trespassers against religious persons shall yeld double damages».
Sulla ricostruzione storica cfr. diffusamente V.Z. ZENCOVICH, La responsabilità civile in AA.VV., Diritto privato comparato, Bari, 1999, p. 249.; v., altresì, G. PONZANELLI, I punitive damages nell’esperienza nordamericana, in Riv. dir. civ., 1983, pp. 436 ss., il quale rimanda per ulteriori approfondimenti bibliografici a: G. DRIVER & J. MILES, The Babilonian Law, 1952, p. 501; M. BELL, Modern Damages, London, 1959, p. 75; R. PFEIFFER, Introduction of the Old Testament, New York, 1948, p. 210; J. SMITH, The origin and history of hebrew law, 1960, p. 16.
(3) Ne mette in luce le differenze U. MATTEI, Responsabilità per torts e contrapposizione tra diritto inglese e diritto nordamericano, in Le «responsabilità speciali». Modelli italiani e stranieri. Atti del Convegno di Salerno 29 e 30 novembre 1990, Napoli, 1994, pp. 233 ss..
(4) Cfr. P. GALLO, Tipicità ed atipicità dell’illecito in common law, in Atlante di diritto privato comparato, Bologna, 1992, pp. 145 ss.; F. GIOVAGNOLI, I Punitive Damages nell’esperienza statunitense: l’applicazione estensiva dell’istituto alle ipotesi di breach of contracts e product’s liability, in Magistra, Banca e Finanza – www.magistra.it – 2002.
Nell’ambito della letteratura statunitense si rinvia ai contributi di D. D. ELLIS, Fairness and Efficiency in the law of punitive damages, 56 S. Cal. Lax Rev., 1982, p. 103; D.G. OWEN, Civil punishment and the public good, 56 S. Cal. Law Rev., 1982, p. 103; G.T. SCHWARTZ, Deterrence and punishment in the common law of punitive damages: a comment, 56 S. Cal. Law Rev., 1982, p. 133; J.C. MCCARTHY, Punitive damages in bad faith cases, Kentfield, California, 1991; G. W. BOSTON, Punitive damages in tort law, New York (1993); E. JEFFREY GRUBE, Punitive damages: a misplaced remedy, 66 S. Cal. Law Rev., 1993, p. 841.
Per il diritto inglese vedi The Law Commission, Aggravated, exemplary and restitutionary damages – a Consultation Paper, London, 1993; A. BURROWS, The scope of exemplary damages, 109 L.Q.R., 1993; A. BEEVER, The structure of aggravated and exemplary damages, Oxford Journal of Legal Studies, vol. 23, n. 1, 2003, p. 87.
(5) A tal riguardo cfr. E. URSO, Recenti sviluppi nella giurisprudenza statunitense e inglese in materia di punitive damages: i casi Txo production corporation v. Alliance resources corporation e AB v. south west water services Ltd, in Riv. dir. civ., 1995, pp. 81 ss., in particolare nota 1.
(6) V. JANECEK, Exemplary Damages: A Genuine Concept?, in European Journal of Legal Studies, 6, 2 Autumn/Winter 2013/14, p 191, afferma che «Exemplary damages can briefly be described as a type of damages that are contrary to the basic principle of damages, ie compensation. In contrast to compensatory damages, they seek to punish and deter a defendant but not to compensate the loss. Exemplary damages are awarded for the most outrageous conduct of the defendant where he acts with a reckless disregard of the plaintiff’s rights3 and where his behaviour is so unacceptable or even shocking that the court must show its disapproval of it».
Sul “potere” dei danni punitivi e sul ritardo dell’Europa nell’adozione del rimedio cfr. AA.VV., The Power of Punitive Damages, Cambridge, 2012.
(7) Sul punto cfr. G. BROGGINI, Compatibilità di sentenze statunitensi di condanna al risarcimento di «punitive damages» con il diritto europeo della responsabilità civile, in Europa e diritto privato 1999, pp. 479 ss.; A. SARAVALLE, I «punitive damages» nelle sentenze delle corti europee e dei tribunali arbitrali, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1993, IV, pp. 867 ss.; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, Danni punitivi, ordine pubblico e sentenze straniere delibande a contenuto anfibio, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 6, 2006, pp. 771 ss; Z. CRESPI REGHIZZI, Sulla contrarietà all’ordine pubblico di una sentenza straniera di condanna a punitive damages, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2002, fasc. 4, pp. 977 ss.; E. D’ALESSANDRO, Pronunce americane di condanna al pagamento di punitive damages e problemi di riconoscimento in Italia, in Rivista di diritto civile, 2007, pp. 383 ss.
In generale sul problema della delibazione delle sentenze straniere vedi C. CONSOLO, Limiti alla esecuzione di decisioni straniere, in Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.2, 2000, pp. 397 e ss.
(8) Sul concetto di ordine pubblico, oltre alla bibliografia richiamata nella nota precedente, vedi FUMAGALLI, Considerazioni sulla unità del concetto di ordine pubblico, in Comunicazioni e Studi, XVII-XVIII, 1985, p. 616; in generale sul riconoscimento delle sentenze straniere cfr. G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, Padova, 1954, pp. 283 ss.; E. BETTI, Problematica del diritto internazionale privato, Milano, 1956, p. 286; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, La procedura civile internazionale, Padova, 1996, pp. 442 ss.; CIVININI, Il riconoscimento delle sentenze straniere, Milano, 2001, pp. 55 ss.; F. MOSCONI – R. CLERICI, Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, pp. 318 ss.; T. BALLARINO, Manuale breve di diritto internazionale privato, Padova, 2002, pp. 90 ss.
(9) Le qualificazioni sono di L. NIVARRA, Brevi considerazioni a margine dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite sui «danni punitivi», in Dir. civ. cont., 30 gennaio 2017, che ritiene del tutto in linea con i tempi tale nozione di ordine pubblico.
(10) Tanto nell’ordinanza di rimessione n. 9978 del 2016 quanto nella sentenza 16601 del 2017 e, ancor prima, nella sentenza del 15 aprile 2015 n. 7613 (con la quale la Corte di Cassazione ha riconosciuto la compatibilità con l’ordinamento italiano delle astreinte) si menzionano alcune norme che contemplano ipotesi tipiche di risarcimenti iper-compensativi.
In dottrina vedi V. SCALISI, Illecito civile e responsabilità: fondamento e senso di una distinzione, in Riv. dir. civ., 6, 2009, p. 676, nota 54, riporta alcuni rimedi risarcitori additati dalla dottrina siccome connotati da funzione punitiva: l’art. 18, l. 300/1970 in tema di licenziamento invalido o inefficace; il previgente art. 18, l. 349/1986 in materia di danni ambientali; l’art. 96 c.p.c. in tema di responsabilità processuale; l’art. 12, l. 47/1948 (legge sulla stampa), richiamato pure dalla sentenza n. 151/2008 della Corte d’appello di Trento.
Anche P.G. MONATERI, (a cura di) «I danni punitivi», in Il danno alla persona, Torino, 2000, pp. 687 ss., riconosce la possibilità di “individuare nelle disposizioni vigenti in Italia quantomeno la presenza di alcuni aspetti sanzionatori tipici del concetto relativo al danno punitivo”.
(11) Cfr. M. DI MARZIO, Vita nuova per il danno da lite temeraria (in attesa che l’ennesima riforma rimescoli le carte) in Giur. merito 2007, 6, p. 1590.
(12) Il riferimento è alla sentenza della Corte di Cassazione n. 7613 del 15 aprile 2015 commentata, fra gli altri, da N. SCIARRATTA, La Cassazione su astreinte, danni punitivi e (funzione della) responsabilità civile, in Dir. civ. cont., 7 luglio 2015.
(13) Vedi in proposito C. SALVI, La responsabilità civile, in Trattato di Diritto Privato, (a cura di G. Iudica e P. Zatti), Milano 2005, p. 30, il quale afferma che «Il giudizio di responsabilità […] è permeato da valutazioni che in una certa misura trascendono una considerazione meramente ‘privata’ della posizione delle parti. La dimensione dell’interesse ‘generale’ assume in effetti strutturalmente, nella responsabilità civile, un peso maggiore che in altri settori del diritto privato. Un motivo di “interesse generale” […] va posto alla base sia della traslazione del danno dalla vittima a un altro soggetto (problema dell’imputazione), sia della valutazione dell’interesse leso, anche nella comparazione con quello sottostante l’attività lesiva (problema dell’ingiustizia del danno) ».
(14) Afferma P. BENAZZO, Le ‘pene civili’ nel diritto privato d’impresa, Milano, 2005, p. 4, che l’eccessiva privatizzazione, che escluderebbe la configurabilità delle sanzioni privatistiche di carattere affittivo, non potrebbe tuttavia negare che il risarcimento dei danni non sempre si dimostra reazione adeguata ed efficace.
(15) Vedi S. RODOTÀ, Modelli e funzioni della responsabilità civile, S. RODOTÀ, Modelli e funzioni della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., II, 3, 1984, p. 600.
(16) Afferma già da tempo l’idea che un efficiente sistema della responsabilità civile debba assolvere soprattutto al compito di prevenzione dei danni, tra gli altri, G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, trad. it. di De Vita, Varano, Vigoriti, Milano, 1975, pp. 261 ss. Vedi anche P. PERLINGIERI, Le funzioni della responsabilità civile, in P. Sirena (a cura di) La funzione deterrente della responsabilità civile, Milano 2011, pp. 269 e ss. pubblicato anche in Rassegna dir. civ. 1, 2011, pp. 155 e ss.
(17) Cfr. L. DI BONA DE SARZANA, Funzioni e modelli giurisprudenziali del danno patrimoniale, in Danno e responsabilità, 2004, p. 593, laddove afferma che il risarcimento punitivo «soddisfa il desiderio della società e del privato cittadino di vedere rimossa l’ingiustizia perpetrata».
(18) Sul rapporto tra risarcimento del danno e funzione punitiva vedi anche P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino, 1998, pp. 333 ss.
(19) P. SIRENA, Dalle pene private ai rimedi ultracompensativi, in Studi in onore di Cesare Massimo Bianca, p. 828 sottolinea l’inefficienza del solo rimedio risarcitorio per svolgere quella funzione di prevenzione generale dell’illecito che si suole assegnare alla responsabilità civile; cfr. pure in tale direzione P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, diretto da Sacco, Torino, 1998, p. 21.
(20) La Commissione è presieduta da C.V. BAR, che si occupa da tempo del problema del rapporto tra risarcimento del danno e punizione; fra le sue opere vedi in particolare a tal riguardo Gemeineuropäisches Privatrecht, Monaco, 1996.
(21) C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Milano, 1994, pp. 31 ss., invero con argomentazioni di teoria generale, in quanto tali valide anche al di fuori dello specifico ambito del diritto penale, esclude il carattere riparatorio, affittivo e retributivo della pena e la giustifica nell’«impedire il reo di fare nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali». In tal senso l’Autore preconizza la concezione protettiva del tort law, secondo la quale il senso del diritto risarcitorio è la prevenzione e soprattutto la protezione degli interessi; i doveri primari – ritenuti il vero nucleo del tort law – non sono i doveri di restituire o risarcire, ma ben prima di questi, i doveri di astenersi dal danneggiare altri o di seguire la condotta idonea a prevenire od evitare il danno.
(22) Anche numerosi filosofi del diritto (da ultimo HANOCH SHEINMAN, Tort Law and Corrective Justice, in Law and Philosophy, 22, 1, 2003, pp. 21-73) sostengono che funzione preminente del diritto della responsabilità civile è la tutela di interessi e beni socialmente rilevanti.
(23) Cfr. C. SALVI, La responsabilità civile, cit. pp. 243 ss. L’Autore (già nelle pagine 3 e 4) afferma che «Il problema odierno della responsabilità civile risiede appunto in ciò, che al grande ampliamento del campo operativo, e alla crescente importanza dell’istituto come tecnica di mediazione dei conflitti e di tutela dei diritti nelle società contemporanee, non corrisponde una chiara e generalmente condivisa individuazione della ragione, o delle ragioni, che giustifichino il risarcimento (e che spieghino, di converso, perché il danno ingiusto non viene ‘sempre’ risarcito)».
(24) Cfr. S. RODOTÀ, Modelli e funzioni della responsabilità civile, cit., p. 603 ss..
(25) Cfr. V. SCALISI, Proprietà e governo democratico dell’economia, in Atti del XVII Congresso nazionale giuridico-forense, Messina-Taormina 16-21 settembre 1983, Messina 1984, 868-883, ora con il titolo Il nuovo volto della proprietà. Da “potere” a “titolo” di godimento, in ID., Categorie e istituti del diritto civile. Nella transizione al postmoderno, Milano 2005, 463-490.
(26) Anticipa già tale idea G. CALABRESI, Pene private e carattere misto della responsabilità, in Le pene private (a cura di F. D. Busnelli e G. Scalfi), Milano, 1985, p. 414.
(27) Cfr. da ultimo P. SIRENA, Il risarcimento dei c.d. danni punitivi e la restituzione dell’arricchimento senza causa, in Rivista di diritto civile, 6, 2006, Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, Atti del Convegno per il cinquantenario della Rivista, pp. 531 e ss.
(28) Cfr. con specifico riguardo alla lesione della reputazione, fra gli altri, F. COCCHETTI, Il pool di Milano versus Sgarbi: diritto di critica o diffamazione? Nota a Trib. Brescia sez. pen. 3 agosto 1998, in Danno e responsabilità, 1999, fasc. 4, pp. 468 ss., dove l’autore afferma che l’opportunità del danno punitivo si evidenzia quale indispensabile pendant della tutela civile rispetto a quella penale specie in funzione dissuasiva di condotte illecite lesive dei diritti della personalità che non sono “monetizzabili” in termini economici.
(29) Cfr. C. SALVI, La responsabilità civile, cit. pp. 32 e 33, dove sottolinea l’idoneità del giudizio aquiliano a fungere da strumento di controllo sociale e diffuso nei confronti di attività potenzialmente lesive, in particolare per la tutela di alcuni beni come l’ambiente e i diritti della personalità.
(30) Cfr. A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003; G. PONZANELLI, Pena privata, in Enciclopedia Giuridica Treccani, XXII, pp. 1 ss..
(31) È l’opinione di P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Milano, 1967, p. 53; ID., La responsabilità civile, in Il diritto privato nella società moderna, a cura di S. Rodotà, Bologna, 1971, pp. 463 ss..
(32) Sulla funzione punitiva e satisfattoria del risarcimento vedi R. JHERING, Ein Rechtsgutachten, betreffend die Gaübahn, in Jher. Jahrb., 1880. Cfr., altresì, V.Z. ZENCHOVICH, Il problema della pena privata nell’ordinamento italiano: un approccio comparatistico ai punitive damages di common law, in Giurisprudenza italiana, 1985, IV, pp. 18 ss.; P. TRIMARCHI, Causalità e danno, cit., p. 53, afferma che l’obbligo riparatorio «costituisce una sanzione che colpisce chi si è comportato in modo vietato, e la cui minaccia contribuisce preventivamente a scoraggiare il compimento di atti illeciti».
(33) Il riferimento è a G. BROGGINI, Compatibilità di sentenze statunitensi di condanna al risarcimento di «punitive damages» con il diritto europeo della responsabilità civile, in Europa e diritto privato 1999, pp. 482 ss..
(34) G. VETTORI, Diritto privato e ordinamento comunitario, Milano, 2009, p. 296 auspica un nuovo equilibrio fra riparazione e punizione. Lo scritto compare anche con il titolo Responsabilità civile tra funzione compensativa e deterrente in P. Sirena (a cura di) La funzione deterrente della responsabilità civile, Milano 2011, pp. 341 e ss. L’Autore rinvia a F.D. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, in Riv. dir. civ., 2006, 6, pp. 444 e ss.
(35) Cfr. V. SCALISI, Illecito civile e responsabilità: fondamento e senso di una distinzione, cit., p. 677.
(36) Sul tema vedi, G. PONZANELLI, Mass Tort nel diritto italiano, in Resp. civ., 1994, pp. 173 ss. e, da ultimo, E. PODDIGHE, I “Mass Torts” nel sistema della responsabilità civile, Milano 2008; per la lettura straniera, J.B. WEINSTEIN, Individual Justice in Mass Tort Litigation, Evanston 1995.
(37) Commentando la nuova class action del codice del consumo entrata in vigore, dopo numerosi rinvii, il 1 gennaio 2010, I. PAGNI, L’azione di classe del nuovo art. 140 bis: le situazioni soggettive tutelate, l’introduzione del giudizio e l’ammissibilità della domanda, in Riv. dir. civ., 2010, 4, II, pp. 349 ss., individua in situazioni analoghe con riferimento alla posizione del singolo e a quella dell’ente esponenziale “un’unica situazione soggettiva” in capo a più soggetti.
(38) Dalle sentenze della Cassazione – e dei relativi precedenti di merito – negatrici del riconoscimento dei danni puntivi si evince che uno degli elementi di maggiore timore con riguardo al rimedio straniero si rinviene nella singolarità (propria dell’istituto dei danni punitivi) che della condanna non beneficia la collettività, o se si vuole, un’associazione di categoria quale portatrice di interessi diffusi, ma il solo danneggiato che promuove l’azione e che, in tal modo, gode surrettiziamente di una ingiustificata (alla stregua dei principi generali del nostro ordinamento civilistico) locupletazione, sommando al risarcimento compensativo del pregiudizio subito la lesione (spesso del tutto slegata, ma non sempre come nel caso dei “multiple e treble damages”, dal caso concreto e riferita, piuttosto ad altre e simili condotte del danneggiante) comminata all’autore dell’illecito. Dunque il singolo danneggiato finisce per beneficiare di quanto, in realtà, spetterebbe al surrogato.
(39) L’Avant Projet de Réforme du Droit des Obbligationes può leggersi in Eur. dir. priv., 2007, pp. 19 ss.
(40) G. PONZANELLI, I punitive damages, il caso Texaco e il diritto italiano, in Rivista di diritto civile, 1987, II, p. 413.
(41) Sono le parole di A. FALZEA, Riflessioni conclusive, in V. SCALISI (a cura di), Il ruolo della civilistica italiana nel processo di costruzione della nuova Europa, Milano, 2007, pp. 757 ss.
(42) Così C. AMATO – G. PONZANELLI, (a cura di), Global Law V. Local Law. Problemi della globalizzazione giuridica, Torino, 2006; M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna 2000; ID., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna 2002; P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., V, 2002, c. 151 ss.; N. IRTI, La categorie giuridiche della globalizzazione, in Riv. dir. civ., 2002, I, pp. 265 ss.
(43) Cfr. F. POCAR, Nelle nuove obbligazioni extracontrattuali alle parti una scelta sulla legge applicabile, in Guida al diritto, 5, 2007, pp. 11 ss.; G. ALPA, Scattano per la responsabilità da prodotti i principi del luogo dove si verifica il danno, ivi, pp. 24 ss.; C. HONORATI, Restrizioni alla concorrenza: l’indennizzo regolato dal mercato dove si subisce l’effetto, ibidem, pp. 27 ss.

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