ISSN 2239-8570

Vincolo di forma unilaterale anche per i contratti bancari, di Chiara Sartoris.


DOCUMENTI ALLEGATI

La sentenza in esame appare significativa in quanto conferma, esplicitamente, i principi enunciati dalle Sezioni Unite n. 898/2018 per i contratti di intermediazione finanziaria c.d. monofirma anche ai contratti bancari privi di sottoscrizione da parte della banca.
Oggetto del contendere è la impugnazione di una serie di contratti di conto corrente, da parte di più correntisti, i quali domandano la nullità, ritenendo che la documentazione depositata dalla banca (il modulo di apertura del conto e la lettera integrativa dello stesso) sia insufficiente a dare prova della forma scritta di cui all’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 385/1993.

La prima sezione respinge i ricorsi richiamando proprio i principi recentemente enunciati dalle Sezioni Unite nel precedente in materia di contratti di intermediazione finanziaria c.d. monoforma: la validità/nullità del contratto va valutata considerando che il requisito della forma scritta deve essere inteso in senso non meramente strutturale, bensì funzionale, avendo riguardo alla finalità di protezione della parte debole espressa dalla regola sulla forma (c.d. neoformalismo).

In realtà, a queste stesse conclusioni la Corte era già pervenuta, nella materia dei contratti bancari, in una serie cospicua di precedenti giurisprudenziali: sulla base della natura funzionale, non strutturale, del requisito formale, è stato più volte affermato che «la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca non determina la nullità per difetto della forma prevista dall’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 385 del 1993». Il requisito formale, infatti, è posto «a garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo, in presenza di comportamenti concludenti dell’istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto» (cfr. Cass., n. 16070/2018; Cass., n. 14646/2018; Cass., n. 14343/2018).

In aggiunta, a tale orientamento la prima sezione mostra di aderire anche nel caso di specie, sulla base di un ulteriore argomento: la assimilabilità del contratto quadro c.d. monofirma, regolato dal T.U.F., rispetto alle concrete fattispecie di contratti c.d. monofirma disciplinati dal T.U.B..
I giudici respingono, infatti, la tesi – sostenuta dai ricorrenti – della non assimilabilità delle due fattispecie, rilevando come il riferimento alla redazione per iscritto del contratto, presente tanto nell’art. 23 T.U.F., quanto nell’art. 117, comma 1, T.U.B., unitamente all’attività di consegna al cliente di un esemplare del contratto, vale a identificare non un requisito di struttura del contratto, bensì un comportamento del professionista.

Ne consegue, secondo la Corte, che anche in tema di contratti bancari, la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca non determina nullità per difetto della forma scritta, «trattandosi non già di un requisito del contratto ma della prescrizione di un comportamento che la banca (al pari dell’intermediario finanziario, ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998) deve osservare nell’interesse del risparmiatore o del correntista, altrimenti conseguendone la sanzione della nullità».

Nel caso di specie, in particolare, l’esistenza dei contratti, nonostante la mancanza di sottoscrizione della banca, risulta dimostrata non solo dalle rispettive copie, ma anche dalle lettere integrative firmate dai correntisti, nelle quali viene comunicata l’avvenuta ricezione delle missive attraverso cui la banca aveva comunicato l’apertura dei singoli conti correnti e illustrato le relative condizioni. Conseguentemente, si tratta di negozi conclusi per corrispondenza (proposta firmata dalla banca contro accettazione da parte dei clienti), che hanno ricevuto pacifica applicazione da parte di entrambe le parti.

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