ISSN 2239-8570

Vendita internazionale: decisivo il luogo di destinazione finale della merce

Cass.[ord.], sez. un., 25 ottobre 2009, n. 21191  

Jacopo Mazzantini – Avvocato del Foro di Firenze

 

“In tema di compravendita internazionale di cose mobili, individuato il luogo di consegna in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita, e riconosciuto come luogo di consegna principale quello ove è convenuta la esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici (e cioè il luogo di recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente), sarà dinanzi al giudice di quello Stato che tutte le controversie sorte in tema di esecuzione del contratto, ivi compresa quella relativa al pagamento dei beni alienati, andranno legittimamente introdotte e conseguentemente dibattute (a prescindere dal luogo in cui il vettore eventualmente incaricato prenda in consegna la merce stessa)”.

E’ questo il principio di diritto che hanno sancito le Sezioni Unite nella ordinanza n. 21191/2009, ribaltando, così, l’orientamento sino ad oggi prevalente.

Le stesse Sezioni Unite, infatti, con la sentenza  n. 10941/2007 avevano così statuito: “In tema di vendita internazionale implicante trasporto di merci, luogo della consegna – ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. a), convenzione di Vienna 11 aprile 1980 (resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 11 dicembre 1985 n. 765) – è quello nel quale i beni sono trasmessi al vettore, salvo specifica deroga pattizia in ordine alla diversa consegna rilevante ai fini della liberazione del venditore. Sicché, ove la consegna delle merci al primo trasportatore perché le faccia pervenire all’acquirente debba avvenire in Italia, la giurisdizione in ordine alla controversia sull’esecuzione e sull’adempimento del contratto è devoluta al giudice italiano” .

La Suprema Corte, con la ordinanza n. 21191/2009, opera un vero e proprio revirement giurisprudenziale, sulla base dei seguenti motivi.

“È noto come l’individuazione del giudice competente quoad iurisdictionis con riferimento alle controversie aventi ad oggetto un rapporto contrattuale vada condotta, nelle controversie tra soggetti domiciliati negli Stati membri dell’Unione Europea (ad eccezione della Danimarca), sulla base del Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio, il quale, dopo aver stabilito all’art. 2, punto 1, che «le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro», in tal modo individuando, quale foro generale, quello del convenuto, prevede, all’art. 5, punto 1, un foro speciale alternativo, poiché «la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta» anche «davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o dev’essere eseguita» (lett. a), precisandosi ancora (lett. b) che, ai fini dell’applicazione di tale disposizione, e salvo diversa convenzione, «il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è, nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto»”.

“Poiché, peraltro, il Regolamento non scolpisce i caratteri di una precisa nozione di «luogo di consegna», occorre stabilire se, con tale sintagma, il legislatore comunitario abbia inteso introdurre un concetto autonomo, conforme al significato letterale dell’espressione, ovvero abbia voluto fare riferimento ad un concetto giuridico suscettibile di diversa interpretazione a seconda della legge nazionale o delle norme di diritto materiale uniforme dettate dalle convenzioni internazionali in concreto applicabili”.

 

 Per rispondere a tale quesito, secondo le Sezioni Unite, risultano “decisivi…i principi indicati dalla Corte di Giustizia europea in ordine all’esigenza di concentrazione della giurisdizione in un’unica autorità giudiziaria competente a conoscere di tutte le vicende contrattuali”.

 Il riferimento è, in particolare, alla sentenza n. 386/2007 della Corte di Giustizia della C.E.: “L’art. 5, punto 1, lett. b., primo trattino, del regolamento (Ce) del Consiglio del 22 dicembre 2000 n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che tale disposizione è applicabile in caso di pluralità di luoghi di consegna in un unico Stato membro. In ipotesi del genere il giudice competente a conoscere di tutte le domande fondate sul contratto di compravendita di beni è quello nel cui circondario si trova il luogo della consegna principale, la quale dovrà essere determinata in ragione di criteri economici. In mancanza di elementi decisivi per stabilire il luogo della consegna principale, l’attore può citare il convenuto dinanzi al giudice del luogo di consegna di sua scelta”.

Muovendo da tale precedente, le Sezioni Unite giungono ad affermare che, “individuato il luogo di consegna in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita, e riconosciuto come luogo di consegna principale quello ove è convenuta la esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici, sarà dinanzi al giudice di quello Stato che tutte le controversie sorte in tema di esecuzione del contratto andranno legittimamente introdotte e conseguentemente dibattute”.

“Va pertanto affermato, in tema di vendita internazionale di cose mobili, il principio della prevalenza del Regolamento comunitario 44/01…sulle disposizioni dettate, in subiecta materia, dalla Convenzione di Vienna. L’identificazione del “luogo di consegna” in ipotesi di merci da trasportare va compiuta, pertanto, sulla scorta del medesimo criterio (economico) unificante del luogo “finale” di destinazione delle merci con riferimento a tutte le obbligazioni reciprocamente nascenti dal contratto (ivi inclusa quella di pagamento), onde l’art. 31 della suddetta Convenzione deve essere oggi interpretato nel senso che esso contiene (quanto alla disposizione relativa alla consegna al vettore) una regula iuris idonea a disciplinare i rapporti obbligatori tra le parti sotto il profilo della valutazione dell’eventuale dies inadimpleti contractus, ma non (anche) una regola di giurisdizione”.

 La Suprema Corte afferma di essere ben consapevole delle “molteplici e suggestive obiezioni…sollevate in dottrina, tanto sotto il profilo della possibile inapplicabilità di tale regola iuris ai casi in cui il contratto di compravendita non implichi l’immissione delle merci nel possesso del compratore (si evoca l’ipotesi delle vendite effettuate tramite commissionari o società di trading, ovvero, su di un piano più generale, quella dei negozi traslativi nei quali una parte contrattuale agisca, in concreto, su di un piano puramente “commerciale”, rendendosi acquirente delle merci al solo scopo di rivenderle ad un terzo soggetto, cui i beni di regola perverranno senza essere transitati per le mani dell’intermediario), ovvero ai contratti conclusi, nel settore delle grandi distribuzioni commerciali, con le cd. “centrali d’acquisto” (allorché il venditore sia, cioè, a conoscenza della destinazione ultima delle merci presso le diverse sedi del gruppo operante nel settore)”.

Evidenzia, tuttavia, che “il criterio del luogo di adempimento (e di consegna) inteso come luogo di recapito finale della merce dal punto di vista dell’acquirente (ossia luogo in cui i beni entrano nella materiale disponibilità del destinatario, a prescindere da quello in cui il vettore eventualmente incaricato prenda in consegna la merce), pur non costituendo ideale panacea a tutti i possibili (ed inevitabili) problemi operativi destinati a porsi di volta in volta in singole fattispecie, consente pur sempre quel risultato finale auspicato con forza dalla corte di giustizia e costituito dalla unificazione e centralizzazione del forum litis tra parti contrattuali”.

Sottolinea, infine, che il concetto di consegna materiale (rectius, di destinazione finale)…sotto un profilo più strettamente morfologico/normativo, appare più rigorosamente rispettoso del principio di gerarchia delle fonti sopranazionali, atteso che il regolamento 44/01, per quanto adottato in base alla particolare fonte di competenza comunitaria prevista dall’art. 65 CE ed inserita con il trattato di Amsterdam, è pur sempre atto normativo emanato da un’istituzione comunitaria, come tale dotato di supremazia rispetto al diritto convenzionale (oltre che a quello interno), così che in seno allo stesso diritto comunitario andranno legittimamente ricercate le chiavi interpretative della normativa regolamentare – di qui l’abbandono del pur suggestivo sentiero ermeneutico tracciato, in parte qua, dalla Convenzione di Vienna”.

Cass.[ord.], sez. un., 25 ottobre 2009, n. 21191

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