ISSN 2239-8570

Accordo condizionato alla separazione personale tra coniugi, di Antonio Gorgoni

Cass., Sezione terza civile, 21 agosto 2013, n. 19304
(rel. F. M. Cirillo)

Con la sentenza n. 19304/2013 la Cassazione interviene sulla spinosa questione del rapporto tra autonomia privata, da un lato, inderogabilità dei diritti e doveri derivanti dal matrimonio (art. 160 c.c.) e libertà di separarsi, dall’altro.
Il caso nasce dall’inadempimento di un accordo scritto, perfezionato tra marito e moglie durante il matrimonio, in forza del quale il primo, ricevuta una somma di denaro dalla seconda, si impegna a restituirla nell’eventualità della separazione personale. Nella scrittura il marito dichiara di aver ricevuto venti milioni di lire a titolo di prestito.
Tale accordo, secondo la Suprema Corte, va qualificato come contratto di mutuo (gratuito), il cui obbligo restitutorio è sottoposto alla condizione sospensiva della separazione tra coniugi. Il mutuo è valido ed efficace poiché non viola il principio dell’indisponibilità degli status, né influenza, in modo rilevante, l’intendimento di separarsi.
Sostenere la validità non è scontato, giacché, com’è noto, questi due profili (status e volontà di svincolarsi dal matrimonio) sono stati posti a fondamento dell’orientamento della Cassazione contrario alla validità degli accordi in vista del divorzio (ex multis: Cass. n. 6857/1992, n. 1810/2000 e n. 2076/2003). La sentenza in parola li prende per l’appunto entrambi in considerazione, escludendo, condivisibilmente, che essi vengano in rilievo nel caso di specie.
Quanto al primo si afferma nella motivazione che «non c’è nessuna norma imperativa che impedisca ai coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro e di subordinare la restituzione all’evento, futuro e incerto, della separazione coniugale». L’inderogabilità dei diritti e dei doveri coniugali non è incisa dalla pattuizione de qua.
Riguardo al secondo profilo, la Suprema Corte ritiene che quand’anche si possa ravvisare una «pressione psicologica sul coniuge debitore nel senso di scoraggiarne la separazione, [tale pressione] non si tradurrebbe di per sé nella nullità di un contratto come quello in esame». Quest’asserzione merita una sottolineatura, giacché sembra che la Corte escluda il commercio di status qualora l’accordo, pur non mirando a regolare direttamente gli effetti economici della separazione, determini una qualche pressione sulla psiche dei coniugi.
Ad ogni modo la Cassazione esige, implicitamente, che si valuti volta per volta la causa concreta dell’accordo tra coniugi o tra nubendi. Secondo questa impostazione può essere valido anche un contratto concluso prima del matrimonio (cfr. in tal senso anche Cass., n. 23713/2012); non altrettanto può dirsi, alla luce dell’attuale giurisprudenza di legittimità, ove i nubendi o i coniugi abbiano inteso disciplinare gli effetti economici tipici della separazione o del divorzio.

Cass., Sezione terza civile, 21 agosto 2013, n. 19304

Pubblicato in Famiglia e successioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Newsletter a cura di Giuseppe Vettori