ISSN 2239-8570

Ammissibile la rilevabilità d’ufficio della nullità anche nel giudizio risarcitorio, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

Con la presente sentenza, la Cassazione porta avanti l’impostazione inaugurata dalle sentenze delle Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242 e 26243 in tema di rilevabilità d’ufficio della nullità negoziale.

Negli arresti del 2014 le Sezioni Unite sanciscono il principio della rilevabilità officiosa della nullità (anche di quella speciale o di protezione) in tutte la ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione). La ratio sottesa a tale principio consiste, difatti, nell’impedire che un contratto nullo «costituisca il presupposto di una decisione giurisdizionale che in qualche modo ne postuli la validità o, comunque, la provvisoria attitudine a produrre effetti giuridici». La preliminare verifica della “non nullità” del contratto rispetto a tutte le azioni di impugnativa negoziale si colloca, dunque, nell’area della pregiudiziale logico-giuridica. Da qui discende l’obbligatorietà della rilevazione officiosa della nullità negoziale.

La Cassazione nel 2016 porta avanti siffatta riflessione, estendendo la rilevazione officiosa della nullità anche nelle ipotesi in cui non venga in considerazione una impugnazione negoziale e, tuttavia, la pretesa azionata in giudizio trovi nel contratto il proprio indefettibile presupposto.

Il giudice, quindi, può rilevare d’ufficio la nullità ogniqualvolta essa costituisca una ipotesi pregiudiziale in senso logico-giuridico.

Nel caso di specie, l’attore agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla inesatta esecuzione di un contratto di prestazione d’opera intellettuale, senza chiederne anche la risoluzione. La domanda risarcitoria, difatti, non presuppone lo scioglimento del contratto. E tuttavia essa postula pur sempre l’esistenza di un contratto valido ed efficace, di cui si contesta solo la non corretta esecuzione: quindi la “non nullità” del contratto si pone anche qui come pregiudiziale logico-giuridica della pronuncia giudiziale, «la quale (…) non potrebbe tollerare di avere come presupposto un contratto affetto da nullità, così da predicarne “in qualche modo (…) la validità o, comunque, la provvisoria attitudine a produrre effetti giuridici” (Cass., Sez. Un., n. 26242 del 2014, cit.)».

Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione conclude, dunque, nel senso che il rilievo officioso della nullità contrattuale, da parte del giudice di legittimità, abbia luogo non soltanto nelle azioni di impugnativa negoziale, ma anche di fronte ad una domanda di inadempimento che sia stata proposta in via autonoma da quella di impugnazione del presupposto contratto di prestazione d’opera intellettuale.

La Cassazione, infine, ha cura di precisare che, in assenza di domanda di accertamento della

nullità, la stessa, una volta rilevata d’ufficio e dichiarata in motivazione dal giudice, non può emergere esplicitamente nel dispositivo, ma «si pone come tramite per il rigetto della domanda risarcitoria» azionata dall’attore, presupponendo quest’ultima la validità ed efficacia del contratto». Se il contratto è nullo, non necessita di essere adempiuto e quindi non può configurarsi responsabilità né diritto al risarcimento.

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