L’inadempimento di un preliminare di vendita immobiliare diviene l’occasione per affrontare la questione della rilevanza dell’irregolarità urbanistica sulla validità del preliminare di cui si chieda l’esecuzione in forma specifica.
Nel caso di specie, la società promissaria acquirente cita in giudizio la società costruttrice promittente venditrice per sentire pronunciare la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. a causa dell’inadempimento di quest’ultima, oltre alla condanna al risarcimento dei danni derivanti da ritardo nel trasferimento della proprietà. Il Tribunale accoglie la domanda e trasferisce la proprietà in capo alla società promissaria acquirente, condannandola, però, a pagare il prezzo maggiorato degli interessi al saggio legale. Sicché, questa propone appello eccependo due censure: da un lato, contesta l’omesso riferimento, nel preliminare, alla regolarità urbanistica dell’immobile oggetto di vendita, in violazione della legge n. 47/1985, con la conseguenza che non sarebbe stata possibile una pronuncia ex art. 2932 c.c.; dall’altro, contesta il pagamento del prezzo maggiorato degli interessi, nonostante l’inadempimento della controparte, che avrebbe ritardato il rogito per l’impossibilità di dimostrare la regolarità dell’immobile. Il gravame, tuttavia, non trova accoglimento in quanto la società promittente venditrice non aveva potuto essere presente al rogito a causa di un legittimo impedimento del suo rappresentante legale (motivi di salute), a fronte del quale l’odierna ricorrente aveva assegnato inopinatamente un ulteriore termine nel giorno seguente la data prestabilita. Tale termine viene ritenuto incongruo dalla Corte d’Appello di Bologna e, quindi, inidoneo a determinare l’inadempimento della promittente venditrice. Né viene riscontrato un inadempimento in relazione alla regolarità urbanistica dell’immobile, in quanto il contratto si sarebbe regolarmente concluso qualora non vi fosse stato l’impedimento del legale rappresentante della promittente venditrice. L’inadempimento viene imputato, piuttosto, alla promissaria acquirente, la quale aveva rifiutato di presentarsi per ben due volte alla stipula del definitivo alle date indicate da controparte.
La società promissaria acquirente propone allora ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Ai presenti fini, giova soffermare l’attenzione sul primo motivo, con il quale si evidenzia che nel contratto era espressamente previsto l’obbligo della promittente venditrice di garantire la piena regolarità urbanistica dell’immobile. Con la conseguenza che la sua mancata presentazione alla stipula del rogito sarebbe stata dovuta, unicamente, alla impossibilità di provare tale regolarità urbanistica. Prova ne sarebbe la circostanza che la controparte aveva presentato al Comune di Parma una sanatoria per mutamento di destinazione d’uso senza opere nel 2011 e che nel 2015 aveva presentato una SCIA avente a oggetto la sanatoria di opere interne realizzate in difformità rispetto al titolo edilizio. Sicché, stante la comprovata sussistenza di una serie di irregolarità e di abusi strutturali dell’immobile, la Corte d’Appello avrebbe dovuto rilevare la nullità del contratto preliminare.
La Cassazione reputa il motivo di ricorso in parte inammissibile e in parte infondato. Con particolare riguardo alla questione della violazione dell’art. 40, comma 2, della legge n. 47/1985, la Corte disattente l’orientamento minoritario presso la giurisprudenza di legittimità favorevole a estendere la previsione di nullità anche ai contratti preliminari (cfr. Cass., n. 23591/2013; Cass., n. 28194/2013; Cass., 18621/2015). Sicché, la Cassazione ribadisce il proprio prevalente indirizzo interpretativo, secondo il quale la nullità prevista dal citato art. 40, comma 2, della legge n. 47/1985 per i negozi immobiliari privi della necessaria concessione edificatoria si applica ai soli contratti con effetti traslativi, non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita. A sostagno di tale posizione, i giudici richiamano due argomenti: da un lato, il tenore letterale della norma, la quale fa riferimento ad “atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali”; dall’altro, l’eventualità che, successivamente al preliminare, intervenga la concessione in sanatoria degli abusi edilizi eventualmente commessi, con conseguente esclusione della nullità del contratto definitivo ed esperibilità dell’azione ex art. 2932 c.c. (cfr. Cass., n. 28456/2013; Cass., n. 9318/2016; Cass., n. 21942/2017; Cass., n. 11659/2018; Cass., n. 6685/2019). In effetti, nel caso di specie, l’irregolarità urbanistica non era relativa alla mancanza di permesso di costruire, ma alla sola destinazione d’uso del bene, quindi si trattava di una mera irregolarità poi oggetto di sanatoria.
A sostegno dell’indirizzo maggioritario, la Cassazione richiama anche un recente approdo delle Sezioni Unite n. 8230/2019 con il quale è stata affermata la natura di nullità solo formale dell’art. 40, comma 2, della legge n. 47/1985: trattasi di nullità testuale, «con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi a effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile»; ciò non toglie, comunque, che il titolo debba sussistere realmente e sia riferibile proprio a quell’immobile. Con la conseguenza che la presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, rende il contratto del tutto valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.
In considerazione di ciò, nella specie, l’irregolarità urbanistica lamentata non rileva neanche ai fini della nullità del contratto definitivo, che ben può essere sottoposto a esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c..
Lascia un commento