La scrittura privata con la quale un genitore “ dichiara di donare” al figlio un immobile è all’origine di una controversia ereditaria tra i discendenti, la quale offe alla III sezione la possibilità di chiarire due profili di disciplina dell’istituto della donzione. La sentenza in esame, infatti, si segnala, da un lato, per il chiarimento circa la distinzione tra atto di donazione e atto di ultima volontà; dall’altro, per la definizione dei presupposti della collazione.
Quanto al primo profilo, la Corte conferma le decisioni dei giudici di merito nella parte in cui escludono che siffatta scrittura privata possa valere come atto di ultima volontà, come invece sostenuto dal ricorrente. Difatti, nel caso di specie, si sarebbe alla presenza di un mero progetto dispositivo non impegnativo, per mancanza della intenzione di disporre in caso di morte.
A riguardo, la II sezione precisa che, ai fini della sussistenza di un atto di ultima volontà, sub specie di testamento olografo, occorre accertare proprio l’intenzione dell’estensore di porre in essere un atto di ultima volontà, ossia un atto volto a produrre effetti dopo la sua morte e a causa di essa. Oltretutto, il testamento rappresenta, in generale, l’unico atto deputato a disporre dei propri interessi mortis causa.
A tal fine, la Corte puntualizza quali sono i requisiti irrinnunciabili per la qualificazione di un atto come testamento: la formalità e la solennità dell’atto; la certezza e la serietà della manifestazione di volontà del suo autore; la sicura determinazione del contenuto delle singole disposizioni.
In considerazione di ciò, la Cassazione esclude che la scrittura privata de quo possa essere qualificata come testamento, poiché qui la morte non assurge a causa dell’atto.
La Corte conferma poi le sentenze di merito anche sotto un altro profilo. Viene, infatti, esclusa la possibilità di considerare il negozio come donazione nulla per difetto di forma, così come del pari viene esclusa la sua conferma per effetto di un atto di volontaria esecuzione.
I giudici osservano che una donazione nulla è insuscettibile di sanatoria da parte del donante, essendo consentita la sola rinnovazione, con efficacia ex nunc, per effetto di un altro atto dotato dei requisiti di forma e di sostanza per questo prescritti dalla legge. L’art. 799 c.c. consente, in via eccezionale, la convalida della donazione nulla solamente da parte degli eredi o aventi causa del donante che siano a conoscenza del motivo di nullità. In tali casi, la convalida si può realizzare attraverso un atto di volontaria esecuzione del negozio, accompagnato dalla consapevolezza della causa della nullità.
Ciò posto, la Cassazione, nel caso di specie, esclude in modo radicale la possibilità di sanare il negozio, non solo perché una donazione nulla non è, in astratto, sanabile, per i motivi sopra esposti; ma, prima ancora, perché la dichiarazione effettuata dal de cuius non è qualificabile affatto come donazione, trattandosi di una mera dichiarazione unilaterale dell’intenzione di donare. La scrittura privata in esame, infatti, non reca alcun accordo tra donante e donatario.
Nel contempo, la sentenza si sofferma su un altro aspetto della disciplina delle donazioni, chiarendo la figura della donazione di modico valore.
Nella vicenda successoria in esame, infatti, a fianco della predetta dichiarazione uniltarale non donativa, viene in considerazione l’atto di liberalità con il quale il de cuius lasciava alla figlia taluni gioielli di modico valore.
I giudici di merito avevano escluso l’assoggettamento a collazione di quei gioielli, sul presupposto del loro modico valore rispetto all’asse ereditario.
A riguardo, la Cassazione chiarisce, invece, che anche le donazioni in esame sono soggette a collazione, con l’unica eccezione di quelle fatte al coniuge del de cuius ai sensi dell’art. 738 c.c.. Pertanto, in caso di donazione di modico valore a favore della figlia, l’obbligo di collazione sorge automaticamente a seguito della apertura della successione. Con la conseguenza che i gioielli donati devono essere conferiti all’asse ereditario, indipendentemente dalla espressa domanda dei condividenti, per il fatto stesso che si stia procedendo alla divisione ereditaria.
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