La Sezione I della Corte di Cassazione affronta la controversa questione relativa alla possibilità, per il curatore fallimentare, di esercitare la facoltà concessagli dall’art. 72 l. fall.: cioè di sciogliersi dal contratto preliminare con il quale l’imprenditore fallito abbia promesso la vendita di un immobile a un terzo, anche nel caso in cui il terzo promissario acquirente abbia trascritto, anteriormente al fallimento, la domanda giudiziale di cui all’art. 2932 c.c. (Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto).
La vicenda alla base dell’ordinanza interlocutoria è proprio quella relativa all’inadempimento di un preliminare di vendita immobiliare concluso tra due società di persone e rimasto inadempiuto.
La promissaria acquirente vede accolta tanto in primo quanto in secondo grado la domanda ex art. 2932 c.c. volta a ottenere una pronuncia costitutiva del trasferimento che tenga luogo del contratto rimasto inadempiuto. Nel frattempo, la società promissaria alienante fallisce e il suo curatore impugna sia la sentenza che dichiara il fallimento sia la sentenza di secondo grado sulla domanda ex art. 2932 c.c. al fine di ottenere la cassazione delle medesime. In questa sede, il curatore deduce di aver comunicato alla promissaria acquirente di volersi avvalere della facoltà concessagli dall’art. 72 l. fall., e richiede, preliminarmente, alla Corte di dare atto dell’intervenuto scioglimento del preliminare.
La Corte rileva che sulla questione in esame sussiste un contrasto giurisprudenziale. Fino al 2004 si è consolidato un indirizzo favorevole a sostenere che la facoltà concessa al curatore ex art. 72 l. fall. possa «essere esercitata fino all’avvenuto trasferimento del bene, ossia fino all’esecuzione del preliminare od al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.» (v. Cass nn. 3001/1982, 4731/1988, 2577/1993, 2803/1995, 4358/1997, 14102/1999, 17257/2002, 7070/2004). Nel 2004 è invece intervenuta una pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 12505/2004) che si è posta in contrasto con il predetto indirizzo. Viene affermato il seguente principio: «Quando la domanda diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l’accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l’apprensione del bene da parte del curatore del contraente fallito, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale dall’art. 72 della legge fallimentare».
Il problema è che tale principio, pur promanando dalle Sezioni Unite, non ha trovato sempre seguito nella giurisprudenza successiva (vi si sono uniformate Cass., nn. 15218/2010, 16660/2010, 27093/2011), che spesso si è richiamata al precedente indirizzo (v. Cass. nn. 20451/2005, 46/2006, 33/2008, 17405/2009).
Anche la Sezione I autrice della presente ordinanza interlocutoria ritiene di non poter condividere il principio enunciato dalle Sezioni Unite. Ad essere sottoposto a critica è l’argomento decisivo adoperato dalla sentenza n. 12505/2004: dal coordinamento tra gli artt. 72 e 45 l. fall. si ricaverebbe che quando la domanda ex art. 2032 c.c. è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l’accoglie, anche se trascritta in data successiva, è opponibile alla massa dei creditori. Ad avviso della Sezione I, tale argomento si risolverebbe in una tautologia: quand’anche si ammettesse che gli effetti della sentenza di accoglimento, ancorché successiva alla data del fallimento, retroagiscano alla data della trascrizione della domanda, «andrebbe ancora spiegato per quali ragioni, a fronte della volontà manifestata in giudizio dal curatore di sciogliersi dal contratto, la domanda dovrebbe essere accolta».
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