ISSN 2239-8570

Recensione al volume “Due Diligence e Responsabilità” di Francesco Ricci, Cacucci Editore, Bari, 2008 (di Mario Mauro)

 

Dottorando in diritto civile

F. RICCI, Due Diligence e Responsabilità, Cacucci Editore, Bari, 2008, pp. 261

Nella società contemporanea, l’indiscutibilità del ruolo determinante svolto dalle informazioni conduce all’affermazione che queste “non sono più solo il presupposto strategico delle attività di mercato, ma divengono esse stesse oggetto del mercato”. Da qui muove la riflessione di Francesco Ricci nel suo recente lavoro, Due diligence e responsabilità.

Il costo e la disponibilità dell’informazione ed il ruolo rivestito dagli intermediari fondano il concetto di efficienza informativa. Vale a dire, quanto più le informazioni sono pubblicamente disponibili (di conseguenza, poco costose) e quanto più nel mercato sono presenti investitori professionali in grado di elaborarle e verificarle in modo efficiente, tanto più i prezzi tendono a riflettere completamente tutte le informazioni accessibili. Al contrario, quanto più l’informazione è difficile da conseguire (perciò, costosa) e quanto più gli investitori sono privi della professionalità per l’elaborazione, tanto meno il mercato realizza l’efficienza informativa.

Sullo sfondo due necessità. Da una parte, l’esigenza di disporre di un’informazione completa e affidabile, al fine di compiere consapevolmente le proprie scelte sul mercato; dall’altra l’interesse ad acquisire un’adeguata capacità di elaborazione e verifica dei dati (in proprio o in forma di consulenza).

Su quest’ultimo aspetto si concentra il contratto di due diligence, il quale “costituisce una delle più sofisticate ed evolute figure di accordo per la gestione dei conflitti incentrati sui flussi normativi. Esso tende a realizzare l’esigenza di ricorrere all’intermediazione informativa per conseguire un affidamento specifico su un’attività più sofisticata e professionale rispetto a quella che ha caratterizzato l’opera degli intermediari dell’informazione nella fase che ha preceduto l’avvento delle tecnologie informative.”

Chiarito il punto di partenza, si può indicare cosa si intenda con l’espressione due diligence. Di essa esistono due accezioni: in senso generico, nella sua traduzione letterale (diligenza dovuta) individua il parametro di diligenza adeguata per eseguire una determinata operazione commerciale. In termini più tecnici, l’espressione indica “la verifica accurata di una realtà aziendale che si rende necessaria per valutare la convenienza di determinate operazioni e che per questo deve esserre eseguita in maniera adeguata alla cura di tale esigenza specifica”. In quest’ultimo senso, l’esame della due diligence può essere svolto attraverso due profili, come attività di opera intellettuale e come intesa tra le parti, dalla quale discendono diritti ed obblighi.

Il largo utilizzo nella prassi commerciale ha portato a delineare diverse figure di due diligence, in relazione ai soggetti coinvolti ed agli interessi che possono venire in conflitto. Inoltre, ultimamente qualche timido riconoscimento sta avvenendo anche a livello normativo e giurisprudenziale.

Al termine del primo capitolo descrittivo dell’istituto,  emerge un panorama frastagliato. A fronte dell’unicità del paradigma di riferimento, questo si declina in plurime fattispecie a cui riconnettere diversi interessi e diversi possibili conflitti. La chiusura è altamente problematica ed isola alcune tra le principali questioni aperte a cui è necessario cercare una risposta. Ricordandone solo alcune tra le più rilevanti, qual è la responsabilità del consulente nei confronti del committente per l’eventuale inadempimento dell’incarico relativo alla prestazione di una due diligence? Qual è quella del venditore che abbia dato informazioni inesatte o incomplete compromettendo in tal modo la due diligence fornita all’acquirente? Coloro che hanno subito un danno causato da informazioni false o incomplete oppure sulla base di giudizi errati o scorretti espressi in una due diligence possono avere tutela nei confronti dell’autore o del committente? Tale tutela spetta anche a coloro che non hanno sofferto un danno diretto ma hanno preso decisioni che si sono rivelate svantaggiose sulla base di informazioni o giudizi?

In mancanza di una disciplina organica della due diligence per rispondere a questi ed altri quesiti è necessario individuare l’orizzonte normativo al quale ricondurre le varie sub-figure, non solo per poter stabilire se vi sia un filo conduttore attorno al quale esse possano essere aggregate alla luce dei profili essenziali comuni, ma anche per poter concretamente individuare quale sia la regola di composizione del conflitto da applicare di volta in volta al caso di specie”.

Esaurita la trattazione fenomenologica, la seconda parte del lavoro si concentra interamente sulla ricostruzione dogmatica della due diligence, articolandosi sostanzialmente su tre aspetti. In primo luogo, la ricostruzione di una figura generale di responsabilità da informazioni inesatte. In secondo luogo, si pone il problema di limitarne l’ambito soggettivo, distinguendo l’area dei soggetti meritevoli di tutela dalla resto della collettività che in astratto potrebbe essere danneggiata dalla messa in circolazione di informazioni inesatte. Infine, l’individuazione del migliore rimedio per contemperare il conflitto tra l’interesse ad informare e quello ad essere informato.

A tali problematiche non può assolutamente essere data una risposta unitaria. Piuttosto, la tecnica è quella di diversificare ed esaminare come si articola l’istituto nei singoli casi concreti. L’autore isola quattro tipologie, precisando che la due diligence può costituire:

  • a) L’oggetto di doveri di comportamento riconducibili a profili prenegoziali dell’operazione in vista della quale è svolta l’indagine

  • b) L’oggetto di obblighi di prestazione direttamente riconducibili a profili negoziali dell’operazione.

  • c) L’oggetto di obblighi di prestazione specificamente riconducibili al contratto di due diligence e pertanto regolati dalla relativa lettera d’incarico

  • d) Uno strumento di informazione obbligatoria o facoltativa che può trascendere i rapporti negoziali o prenegoziali e costituire il punto di riferimento di interessi e scelte da parte di soggetti terzi.

Da tale schematizzazione deriva che, da una parte, vi è un piano di responsabilità avente sicuramente natura contrattuale, casi sub b) e c); dall’altra, residuano le ipotesi sub a) e d) per le quali è necessario prendere posizione.

La dottrina è divisa e dibatte intorno a tre ricostruzioni: la natura contrattuale, la natura aquiliana oppure si interroga se sia ipotizzabile un terzo tipo di responsabilità.

Prima di riportare la posizione che il Prof. Ricci assume in tale dibattito, bisogna allargare l’orizzonte normativo, considerando non solo il codice civile ma anche cercando se la legislazione di settore possa offrire qualche indicazione utile.  In materia di obblighi informativi, il diritto comunitario interviene principalmente in tre ambiti: la tutela dei consumatori,  la responsabilità degli organi societari e la responsabilità degli intermediari finanziari. Passando in rassegna il materiale normativo, affiora un’area di responsabilità retta da principi comuni:

  • a) La previsione di specifici doveri di protezione correlati con l’esercizio di attività professionali;

  • b) La previsione di specifici doveri di protezione e di informazione specificamente correlati all’affidamento nella professionalità degli operatori;

  • c) La previsione di parametri di diligenza qualificata connessa alla natura dell’attività professionale svolta dall’agente ed al correlativo affidamento nella correttezza della condotta di quello;

  • d) L’inversione dell’onere della prova relativa all’uso di tale diligenza;

  • e) La previsione di una limitazione temporale per l’esercizio dell’azione.

Completato così il panorama normativo, è possibile isolare la posizione dell’autore sulla problematica appena prospettata.

La responsabilità da due diligence “non ha natura contrattuale: infatti, (…), nel nostro ordinamento accede a tale qualificazione solo la responsabilità conseguente alla violazione di specifici obblighi di prestazione, e non anche alla violazione di doveri diversi (…).” Né tantomeno è riconducibile ad un preteso tertium genus di responsabilità. Nonostante la disciplina di settore risolva molte questioni, si presenta sempre il problema di dare una qualificazione alla fattispecie, “al fine pratico di individuare la parte di disciplina generale da applicare per risolvere i problemi di conflitto che non sono risolti dalle disposizioni di settore”.

Pertanto, ove la disciplina di settore non offra una soluzione, le fattispecie di due diligence sono rette dalle due discipline generali di riferimento, contrattuale ed aquiliana, le quali “assumono carattere sussidiario rispetto alle disposizioni speciali di settore e in questo modo continuano a rendere fondata e necessaria la distinzione tra i casi di responsabilità per inadempimento e quelli di responsabilità aquiliana”.

Muovendo da questa convinzione, la terza parte del libro tratta le varie ipotesi di responsabilità da due diligence “considerando parallelamente ciascuno degli elementi che concorrono a costituire la struttura generale di tutte le fattispecie di responsabilità, indipendentemente dalla natura debitoria o aquiliana della stessa, e cioè, rispettivamente: l’ingiustizia del danno, la colpa, il nesso causale, il danno risarcibile”.

Concludendo, durante la lettura risulta in termini comprensibili la ratio dell’istituto: rispondere alle esigenze di disporre di un’informazione vera e adeguata all’operazione commerciale che si intende compiere. L’analisi dell’istituto si sviluppa attraverso una metodologia che si distingue per una vivace sintesi dei problemi connessi alla figura della due diligence ed una risposta concepita muovendo dallo studio di figure generali al fine di valutarne la conformità al problema particolare.

Merita una sottolineatura la considerazione del diritto non come una materia asettica, bensì strettamente collegata alle esigenze del mercato. Infatti, nelle pagine affiora continuamente l’esigenza a cui è chiamato a rispondere l’istituto e la volontà di risolvere il problema in considerazione degli interessi che le parti deducono nel rapporto informativo. La lettura della relazione tra responsabilità aquiliana e contrattuale come un legame di genus-species e lo studio della due diligence alla luce degli elementi comuni delle due aree di responsabilità può lasciare spazio ad opinioni divergenti, sulle quali l’interprete motiva il proprio aderire o discostarsi. Ad ogni modo, l’analisi condotta in termini rigorosi e lucidi isola chiaramente le singole problematiche e le molteplici risposte che la dottrina a queste ha dato, gettando le basi per un fecondo dibattito.

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