Una controversia sorta fra un’impresa per il servizio mensa e la scuola allievi Carabinieri di Roma dà origine ad una fondamentale pronuncia (Cass., Sez. 1, 12 luglio 2016, n.14188, est. Valitutti) con la quale la Suprema Corte accoglie l’orientamento, fino a quel momento minoritario, sulla natura contrattuale della responsabilità ex art. 1337 c.c. Il pregiudizio lamentato dal ricorrente derivava, nel caso di specie, dalla mancata approvazione ministeriale di un contratto d’appalto, in assenza della quale questo non poteva produrre i propri effetti. In primo grado e in appello, i giudici del merito ritengono che il credito vantato per i danni subiti a causa della condotta dell’amministrazione in pendenza dell’approvazione debba considerarsi estinto: l’inquadramento della fattispecie della responsabilità precontrattuale rientrerebbe difatti nell’alveo della disciplina aquiliana, con conseguente sottoposizione al termine quinquennale di prescrizione (art. 2947 c.c.).
La Cassazione, nel sovvertire le pronunce che l’avevano preceduta, decide di rispolverare la tanto discussa categoria del cd. contatto sociale („faktische Vertragsverhältnisse auf sozialem Kontakt”), che parte della dottrina tedesca (cfr. Haupt, Über faktische Vertragsverhältnisse, Leipzig 1941) aveva impiegato per ricondurre talune figure prive di un accordo formalizzato fra le parti (o fondate su un accordo nullo) alla disciplina contrattuale.
L’ulteriore passo in avanti che la Cassazione intraprende rispetto alle prime teorizzazioni dell’istituto (il cui capostipite nel nostro ordinamento è considerato, Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Rivista di diritto commentato, 1956, II, 361) coinvolge l’uso dell’aggettivo “qualificato”: nella parole della Suprema Corte stessa, infatti, «l’elemento qualificante di quella che può ormai denominarsi culpa in contrahendo solo di norme, non è più la colpa, bensì la violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca fra le parti», con la conseguenza che «il contatto sociale tra sfere giuridiche diverse deve essere qualificato, ossia connotato da uno scopo che, per il suo tramite, le parti intendano perseguire».
Tali considerazioni muovono dal fatto che la teoria dei cd. obblighi di protezione trae il suo fondamento normativo nel combinato disposto dell’art. 1174 e 1175 c.c.: l’obbligazione viene difatti a configurarsi come una struttura complessa, corredata non solo dalle prestazioni principali, ma anche da quegli obblighi accessori di informazione e protezione dell’affidamento, la cui lesione merita di essere «sottoposta dall’ordinamento alla più pregnante ed efficace forma di responsabilità, rispetto a quella aquiliana, rappresentata dalla responsabilità contrattuale (prescrizione decennale, inversione dell’onere della prova a favore del danneggiato, maggiore estensione del danno risarcibile)».
Sono altresì individuate una serie di fattispecie che tradizionalmente vengono inquadrate nello schema della responsabilità da contatto sociale: responsabilità dell’insegnante per danni autoinferti dall’alunno, del medico dipendente della struttura sanitaria per l’attività medico-chirurgica, attività di mediazione tipica (senza vincolo di mandato o altro legame obbligatorio), della banca negoziatrice di assegno non trasferibile per pagamento a soggetto non legittimato. Ciò che accomuna queste diverse figure sotto l’egida della disciplina contrattualistica è «l’affidamento che ciascuna di esse [parti] ripone nella buona fede, correttezza e professionalità dell’altra», tale da generare fra queste «obblighi di protezione che precedono e si aggiungono agli obblighi di prestazione scaturenti dal contratto».
A sostegno delle proprie argomentazioni, la Suprema Corte evoca due precedenti (Cass. 20 dicembre 2011, n. 27648, con nota di Castronovo, La Cassazione supera sé stessa e rivede la responsabilità precontrattuale, in Europa e diritto privato, 2012, 1233; Cass. 21 novembre 2011, n.24438, con nota di Scognamiglio, Tutela dell’affidamento, violazione dell’obbligo di buona fede e natura della responsabilità precontrattuale, in Responsabilità civile, 2012, 1949) i quali, sebbene non identificassero una chiara attrazione della responsabilità precontrattuale nell’ambito contrattuale, di fatto ne applicavano la disciplina rimediale (per l’identificazione del danno risarcibile e l’esclusione della prova in ordine all’elemento soggettivo della controparte).
In senso difforme si erano invece espresse la maggior parte delle pronunce della Corte stessa (ex multis, Cass. 5 agosto 2004, n.15040, Cass. 29 luglio 2011, n. 16735), secondo le quali l’art. 1337 c.c. impone una regola di condotta a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio e costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale. Indicazioni analoghe sono quelle provenienti dalla Corte di Giustizia Europea (Officine meccaniche Tacconi s.p.a., 17 settembre 2002, C-334/00) secondo la quale «la responsabilità che eventualmente risulta dalla mancata conclusione del contratto non può essere di natura contrattuale», rientrando al contrario nella materia dei delitti o quasi delitti. Critici nei confronti della riconduzione alla disciplina contrattualistica alcuni importanti contributi dottrinali (Cfr. Roppo, Il contratto, Milano 2011, 177 ss.; Barcellona, Trattato sulla responsabilità civile, Torino 2011; nonché Zaccaria, Der aufhaltsame Aufstieg des sozialen Kontakts (la resistibile ascesa del «contatto sociale»), in Rivista di Diritto Civile, 2013, 77). Specialmente quest’ultimo sottolinea come la giurisprudenza più recente si stia appropriando di una categoria giuridica che nello stesso ordinamento tedesco, dopo la sua teorizzazione, non ha più ricevuto alcun seguito (il più recente riferimento è quello di Lambrecht, Die Lehre vom faktischen Vertragsverhältnisse, Tübingen 1994) a causa dei rischi di moltiplicazione delle fattispecie di responsabilità cui espone.
L’autore dell’articolo è Federico pistelli?
Esattamente, l’Autore è il Dott. Federico Pistelli.