L’annullamento degli atti di una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di un servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie regionali costituisce l’occasione per fare il punto sui caratteri e sulla latitudine del dovere di correttezza in materia contrattuale. L’Adunanza Plenaria offre, infatti, un’importante ricognizione dei percorsi evolutivi del dovere di buona fede e correttezza durante le trattative precontrattuali, con una sentenza – espressiva del nuovo e diffuso stile delle sentenze- trattato – che avrà, sicuramente, una ricaduta sulle elaborazioni della dottrina e della giurisprudenza civilistiche.
A seguito dell’annullamento in sede giudiziaria degli atti di esclusione delle due imprese partecipanti alla gara, la stazione appaltante, anziché concludere la procedura, annulla d’ufficio il decreto di indizione della stessa e quello di approvazione degli atti di gara.
L’atto di annullamento in autotutela viene impugnato dalle imprese. Poiché, in primo grado, il TAR riconosce la domanda di risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione dei doveri di buona fede, la stazione appaltante ricorre davanti al Consiglio di Stato. Quest’ultimo rileva, tuttavia, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale della P.A. nella fase anteriore alla scelta del contraente. A ciò si aggiunge l’ulteriore quesito se, in caso di risposta affermativa, siffatta responsabilità sussista solo per il comportamento anteriore al bando di gara ovvero si estenda a qualunque comportamento successivo all’emanazione dello stesso, che possa compromettere la conclusione della procedura.
Astrattamente, sono prospettabili due soluzioni interpretative.
Secondo l’orientamento più estensivo – accolto dalla sentenza in esame – la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione sarebbe configurabile anche prima dell’aggiudicazione della gara e, quindi, anche nella fase precedente alla scelta del contraente (Cfr. Cons. Stato, n. 4236/2012; Cons. Stato, n. 3831/2013; Cass., n. 15260/2014).
Vi è, invece, un orientamento più restrittivo, patrocinato, da ultimo, anche dalla sezione remittente del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato n. 5491/2017), che riconnette una responsabilità precontrattuale della P.A. solo alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto; con la conseguenza che, siffatta responsabilità, non potrebbe sussistere anteriormente alla scelta del contraente, poiché i partecipanti alla gara possono vantare solo un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri amministrativi. Pur sussistendo un contatto sociale tra questi soggetti e la stazione appaltante, la procedura sarebbe governata, unicamente, da regole pubblicistiche, imposte dalla lex specialis di gara. Talché, andrebbe negata la possibilità di ravvisare una trattativa in senso tecnico-giuridico in questa fase.
Di particolare interesse, nella ricostruzione della sezione rimettente, è anche l’argomento basato sulla qualificazione civilistica del bando di gara alla stregua di una offerta al pubblico ex art. 1336 c.c., subordinata al superamento della procedura ad evidenza pubblica. In tal modo, la gara, nel suo esordio procedimentale, sarebbe assimilabile a proposta di contratto in incertam personam. Ne conseguirebbe che, solo a partire dall’aggiudicazione della gara, l’impresa aggiudicataria può fare un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, non prima.
L’Adunanza Plenaria, tuttavia, si discosta da questa ricostruzione e perviene a dare una risposta positiva al quesito sottoposto alla sua attenzione. Alla base di tale decisione viene posto un ampio excursus, di particolare rilevanza per il civilista, sull’evoluzione del contenuto e della portata del dovere di correttezza e buona fede in sede precontrattuale. Si è passati dall’idea di correttezza come espressione della c.d. solidarietà corporativa degli anni Quaranta alla concezione della stessa come manifestazione del dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost..
Alla luce della rilettura costituzionale di questa clausola generale, il dovere di solidarietà che grava su tutti gli individui si intensifica «trasformandosi in dovere di correttezza e di protezione, quando tra i consociati si instaurano “momenti relazionali” socialmente o giuridicamente qualificati, tali da generare (…) ragionevoli affidamenti sull’altrui condotta corretta e protettiva». In questa prospettiva, allora, secondo i giudici, «la “funzione” del dovere di correttezza non è più tanto (o solo) quella di favorire la conclusione di un contratto (valido) e socialmente utile»; l’attenzione si sposta, piuttosto, sulla tutela della persona e delle sue libertà, in particolare, sulla tutela della libertà di autodeterminazione negoziale.
Proprio il riconosciuto legame tra correttezza e autodeterminazione negoziale conduce ad ampliarne lo spazio applicativo anche nei casi in cui, pur mancando una formale trattativa, venga comunque in rilievo una situazione relazionale qualificata, idonea a creare ragionevoli affidamenti.
A sostegno di questa nuova nozione di correttezza, i giudici richiamano due ordini di argomenti. Quanto all’argomento giurisprudenziale, numerose sono le sentenze in cui viene prospettato un ampliamento del dovere in esame. Basti pensare alle fattispecie di: responsabilità precontrattuale da contratto valido ma svantaggioso (cfr. Cass., n. 26725/2017); responsabilità precontrattuale del terzo da prospetto non veritiero (cfr. Sez. Un., n. 8034/2011) o con riferimento alle c.d. lettere di patronage deboli (cfr. Cass., n. 10235/1995); responsabilità precontrattuale per violazione dei doveri di riservatezza o di custodia; responsabilità della P.A. da provvedimento favorevole poi annullato (cfr. Sez. Un., n. 17586/2015).
La tesi patrocinata dall’Adunanza Plenaria trova supporto anche nel dato normativo. Numerose sono le disposizioni che attestano l’esistenza di un dovere di correttezza gravante sulla P.A. anche nell’esercizio di poteri autoritativi sottoposti al regime del procedimento amministrativo. Si pensi all’art. 1 della legge n. 241/1990, che assoggetta l’attività amministrativa ai principi comunitari, tra cui la tutela dell’affidamento legittimo; o all’art. 2 bis sempre della legge n. 241/1990, che obbliga la P.A. al risarcimento del danno ingiusto per inosservanza del termine di conclusione del procedimento.
Alla luce di tali argomenti giurisprudenziali e normativi, i giudici concludono nel senso che una responsabilità precontrattuale sia configurabile tanto nella fase che precede la proposta, quanto nella fase successiva.
Per tale via, viene data risposta anche al secondo quesito formulato dalla sezione remittente: l’ambito di applicazione di tale responsabilità viene esteso non solo ai comportamenti anteriori al bando, ma anche a quelli successivi, ove contrari ai doveri di correttezza e buona fede, all’esito di una veridica da condurre in concreto. Affinché il giudice possa accertare la responsabilità precontrattuale della P.A., occorre, altresì, che il privato dimostri, oltre alla propria buona fede soggettiva, anche che la condotta dell’amministrazione sia oggettivamente contraria a correttezza e lealtà e che sia a quella imputabile per colpa o dolo; il danno evento, il danno conseguenza e il nesso di causalità tra tali danni e la condotta contestata all’amministrazione.
Con questa sentenza l’Adunanza Plenaria contribuisce così a puntualizzare i confini e i contenuti della responsabilità precontrattuale, in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali sul tema, enunciando principi che costituiranno un riferimento centrale anche per il civilista.
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