Una controversia relativa all’inadempimento di un contratto di appalto diventa l’occasione, per le Sezioni Unite, per affrontare, tra altre, la questione relativa al potere del giudice d’appello di rilevare d’ufficio la nullità del contratto. La sentenza si inserisce così in quel filone giurisprudenziale che, successivamente alle pronunce del 2012-2014, è intervenuto a puntualizzare il regime delle impugnative negoziali.
Nel caso in esame, secondo il ricorrente, la circostanza per cui entrambe le parti avevano prestato assenso alla pronuncia di implicita validità del contratto di appalto in primo grado precluderebbe al giudice d’appello di potere rilevare d’ufficio la nullità di quel contratto per violazione di norme imperative, pena la violazione di detto giudicato implicito di validità.
A sostengo di questa impostazione, il ricorrente richiama una serie di precedenti, tra cui, in particolare Cass., n. 6191/2004 e, da ultimo, Cass., n. 23235/2013.
Secondo l’invocato orientamento, i poteri di cognizione del giudice d’appello sono delimitati dai motivi prospettati dalla parte che impugna la sentenza, secondo il principio “tantum devolutum, quantum appellatum”, ai sensi degli artt. 342 e 246 c.p.c.. Pertanto – si ritiene – è ben vero che l’art 1421 c.c., in tema di nullità del contratto, prevede che essa sia rilevabile d’ufficio “in ogni stato e grado del processo”. Pur tuttavia – secondo questa tesi – tale regola necessiterebbe di essere coordinata con i principi che governano il processo civile, e cioè con il carattere dispositivo del gravame, con il principio di disponibilità della prova e con la regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c..
Se ne conclude, quindi, che il giudice d’appello non possa dichiarare, di sua iniziativa, la nullità del contratto per un motivo basato su fatti diversi e nuovi rispetto a quelli dedotti da colui che ha proposto impugnazione.
Siffatta preclusione opererebbe altresì nel caso in cui sulla validità del rapporto contrattuale si sia formato il giudicato anche implicito, come nelle ipotesi in cui il giudice di primo grado, nell’accogliere la domanda, ritenga implicitamente valido il contratto, di cui le stesse parti non contestano poi la validità in sede di appello.
Le Sezioni Unite ritengono, invece, di non condividere siffatto orientamento e considerano il relativo motivo di ricorso non fondato. A sostegno della propria tesi, i giudici richiamano il principio di diritto enunciato dalle stesse Sezioni Unite nel precedente n. 26242/2014, in cui si afferma che “nel giudizio di appello e in quello di Cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo”.
Ciò posto, le Sezioni Unite, nel caso di specie, osservano che il rilievo d’ufficio della nullità da parte del giudice d’appello sia giustificato dalla sua inerenza alla rilevazione di una eccezione rilevabile d’ufficio, basata sui fatti di causa oggetto del giudizio primo grado e di appello. Tali fatti condurrebbero al rigetto della domanda principale derivante dal contratto, cioè la domanda di pagamento del corrispettivo dell’appalto, proposta senza mettere in discussione la sua validità. Poiché, tuttavia, l’accertamento di tali fatti implica sempre la valutazione del modo di essere del contratto, la possibilità, per il giudice d’appello, di rilevarne la nullità sarebbe giustificata proprio dall’appello stesso.
Per questi motivi, le Sezioni Unite arrivano alla conclusione secondo cui, poiché il contratto rappresenta il fatto costitutivo della pretesa di cui si discute nel giudizio di appello, la questione della sua nullità ben può costituire oggetto del potere di rilevazione officiosa, integrando una eccezione in senso lato, relativa ad un fatto già allegato in primo grado. Tale conclusione trova, peraltro, fondamento normativo nell’art 345 c.p.c. relativo alla previsione del potere di rilevazione d’ufficio delle eccezioni soggette a rilievo officioso.
La soluzione qui segnalata appare, dunque, coerente con l’impostazione prospettata dal precedente del 2014, nonché rispettosa della stessa ratio dell’istituto della rilevazione d’ufficio: ossia impedire che un contratto nullo possa costituire il presupposto di una decisione che postuli la validità del contratto stesso, finendo per essere equiparato a un contratto valido ed efficace, anche solo provvisoriamente.
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