Dottore di Ricerca ed Assegnista in Diritto Civile – Università di FirenzeTrib. Reggio Emilia, decreto 23 marzo 20071. L’atto di destinazione trascrivibile ex art. 2645 ter c.c.La codificazione degli atti di destinazione con effetto di separazione patrimoniale di cui all’art. 2645 ter (1) ha sollecitato un intenso dibattito dottrinario(2). Le problematiche sollevate dalla norma sono molteplici e riguardano, oltre al significato del riferimento normativo alla meritevolezza di tutela quale indice che qualifica l’interesse destinatorio, l’intensità della limitazione della responsabilità e la tutela delle ragioni creditorie.In linea generale, va precisato che la novella detta norme relative alla trascrizione in senso stretto, ma anche norme di fattispecie (soggetti, forma, durata del vincolo e così via) che identificano i requisiti di rilevanza e validità del vincolo. L’art. 2645 ter contiene previsioni di carattere sostanziale, funzionali ad individuare il minimum che il titolo deve presentare ai fini della trascrivibilità e della produzione dei relativi effetti.L’analisi dell’atto di destinazione nel quadro della crisi familiare – e del recente provvedimento giudiziale che se ne è occupato – richiede preliminarmente di sciogliere il nodo interpretativo legato al concetto di meritevolezza di tutela. Quest’ultima ha subito una precisa evoluzione che ha preso le mosse dalla ratio contingente a fondamento della relativa codificazione(3), verso un’accezione negativa in termini di liceità(4) e, ancora, alla rivalutazione della dimensione sociale e di funzionalizzazione dell’autonomia privata(5). Recentemente, entrata in crisi la visione finalistica ed una lettura dell’art. 1322 c.c. connessa a posizioni ideologiche forti, la dottrina si è sforzata di individuare un significato tecnico e neutrale attraverso un approccio analitico o, ancora, è ricorsa ad essa come clausola generale volta a colpire contratti leciti ma abusivi rispetto ai terzi e fonti di responsabilità aquiliana per lesione dell’altrui libertà contrattuale(6).Ai fini che rilevano in questa sede non sembrano meritevoli di accoglimento gli orientamenti che sono ricorsi alla qualifica super-individuale e di pubblica utilità dell’interesse per giustificare la rilevanza del vincolo destinatorio nei confronti dei creditori e degli aventi causa: lo scopo che giustifica la destinazione risulterebbe meritevole di tutela solo “ove esprima un interesse prevalente rispetto alla tutela dei diritti del ceto creditorio, rilevante sul piano etico o di pubblica utilità”(7). Tali tentativi finiscono per trascurare il significato innovativo e dirompente della novella volto ad estendere la sfera operativa dell’autonomia privata in nome di un limite, la cui individuazione non appare rigorosamente giustificata. La meritevolezza e l’iter valutativo operato dall’interprete a bene vedere non individuano un giudizio orientato in senso solidaristico e super-individuale. Essa concretizza un’attività di inserimento dell’atto atipico di destinazione nel sistema giuridico nel rispetto di norme imperative e dei principi di ordine pubblico – reperibili nel settore al quale è ascrivibile l’interesse concreto – e buon costume, alla luce dei criteri di selezione derivanti dai principi costituzionali. Del resto, il riferimento all'”atto” quale figura pi generale delle iniziative giuridiche del soggetto e non al negozio nè al contratto esprime “una precisa presa di posizione del legislatore in favore della pi estesa libertà di scelta da parte del destinante della categoria giuridica di iniziativa da adottare, in relazione alle circostanze”(8).2. Gli accordi tra coniugi in occasione della crisi familiare.L’atto di destinazione (nella sua dimensione statica o dinamica) ben può adattarsi – come la giurisprudenza di merito ha avuto modo di constatare – nell’alveo degli accordi patrimoniali tra coniugi in occasione della crisi della famiglia per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, primo tra tutti il mantenimento dei figli nati dal matrimonio.L’esigenza manifestata nella prassi è quella di individuare strumenti negoziali in grado di garantire una corretta sistemazione dei rapporti patrimoniali e, in particolare, un’efficace risposta alle esigenze di mantenimento che derivano dalla cessazione del rapporto coniugale.Il problema della rilevanza dell’autonomia privata nel settore familiare è da lungo tempo oggetto di viva attenzione in dottrina e giurisprudenza nelle molteplici forme che la stessa autonomia può assumere(9). Da pi parti è stato rilevato il dispiegarsi di un processo di “privatizzazione” del diritto di famiglia contrapposto alla superata concezione pubblicistica come istituzione sociale, nonchè il superamento di un assetto familiare di carattere “monocratico”(10) verso una comunità di eguali(11); in questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno evidenziato la centralità dell’accordo tra coniugi quale strumento ordinario per la regolamentazione del rapporto, ritenendo applicabile ai rapporti familiari l’art. 1322 c.c.(12).é opinione ampiamente condivisa che la vigente disciplina del diritto di famiglia, abbandonato il principio gerarchico ed attuato il principio costituzionale di eguaglianza fra coniugi, riservi maggiori spazi all’autonomia privata rispetto al sistema precedente(13). Tale considerazione deve accompagnarsi alla consapevolezza della specificità giuridica del settore familiare, tale per cui la natura degli interessi tutelati giustifica limitazioni all’autonomia coniugale, in particolare a protezione degli interessi dei membri della famiglia (figli minori e altri parenti), dei terzi e di esigenze di certezza legale(14).L’analisi si concentra sull’applicazione dello strumento destinatorio nella fase patologica del rapporto familiare come strumento in grado di coniugare l’effetto di sistemazione dei rapporti patrimoniali con la garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal coniuge e della realizzazione dell’interesse meritevole di tutela (il mantenimento dei figli) che deriva dalla opponibilità del vincolo trascritto ex art. 2645 ter c.c. e dalla limitazione della responsabilità patrimoniale(15).Il tema si inserisce nell’ambito degli accordi di natura patrimoniale aventi effetto traslativo con i quali un coniuge fa acquistare all’altro o a terzi (normalmente i figli) la proprietà o altro diritto reale su beni determinati, intendendo così regolare e disciplinare l’assetto dei rapporti conseguenti alla separazione, sia se contenuti nel verbale di omologa della separazione consensuale sia se non omologati(16).Nella prassi giudiziaria si registra un crescente interesse alla stipulazione di accordi volti a regolare i rapporti economici tra coniugi in occasione della crisi della famiglia(17), con una progressiva tendenza a ridurre l’incidenza dei limiti tradizionalmente imposti agli atti di autonomia privata nell’ambito dei rapporti di famiglia.Di questi accordi la giurisprudenza ammette validità ed efficacia anche quando non sono stati trasfusi nell’accordo omologato, talvolta qualificandoli come contratti e sottoponendoli alla relativa disciplina. Anche in dottrina si ritiene ammissibile l’estinzione dell’obbligo di mantenimento del coniuge separato attraverso la corresponsione dell’assegno o di beni in un’unica soluzione, in quanto si tratta di un assetto di interessi circoscritto nell’ambito della autonoma determinazione dei coniugi stessi, i quali assumono a proprio carico il rischio economico della sopravvenienza di situazioni che rendano l’attribuzione inadeguata, in difetto o in eccesso(18).La posizione accolta dalla dottrina pi recente trova il conforto della giurisprudenza della Cassazione secondo la quale sia nella fase fisiologica che in quella patologica del matrimonio, i coniugi operano in un contesto caratterizzato dall’assenza di regolamentazione rigorosa da parte del legislatore che ha stabilito un minimo di disciplina inderogabile, rimettendo all’autonomia privata la determinazione del contenuto degli obblighi legali(19). In questo contesto eguaglianza e tutela del coniuge “debole” costituiscono i limiti all’esercizio dell’autonomia privata volti a garantire un minimo indisponibile di tutela.Uno degli aspetti che ha a lungo occupato l’evoluzione giurisprudenziale concerne l’individuazione del requisito causale degli accordi traslativi tra coniugi il cui necessario presupposto è rappresentato dalla crisi coniugale, a fronte della difficoltà e delle resistenze nel nostro ordinamento ad ammettere negozi traslativi astratti.L’analisi del panorama giurisprudenziale mette in luce una pluralità di soluzioni progressivamente “perfezionate” nella riflessione dei giudici, in costante dialogo con la dottrina: alcune pronunce (pi risalenti nel tempo) sono ricorse, in assenza di corrispettività, alla qualificazione in termini di donazione(20), orientamento a ragione criticato dagli interpreti(21); in altre sentenze si è rilevato che l’attribuzione de qua consisterebbe in una modalità di un pi ampio accordo transattivo(22), tesi non pienamente soddisfacente(23); si è inoltre sostenuto l’inquadramento delle fattispecie negoziali in oggetto in termini di contratti atipici, la cui causa andrebbe rinvenuta nell’adempimento dell’obbligazione di mantenimento, escludendo così la causa donativa(24). Parte della dottrina ha accolto questa ricostruzione osservando come la causa solutoria possa validamente porsi come causa esterna idonea a sorreggere l’attribuzione patrimoniale ed escludere il carattere di liberalità, pur con diverse ricostruzioni in ordine alla precisa configurazione del detto contratto(25). Da altri si è fatto riferimento alla categoria dei “negozi determinativi degli obblighi legali” riconducibili ai negozi di accertamento, mediante i quali le parti verificano l’esistenza di un obbligo legale scatuirente da una determinata situazione e ne determinano il contenuto e la prestazione a carico del debitore(26).La pi recente giurisprudenza della Cassazione, con riferimento alle pattuizioni contenute negli accordi di separazione personale tra coniugi, è ricorsa all’art. 1322 comma 2 c.c. ed alla meritevolezza di tutela secondo l’ordinamento giuridico, fattispecie ritenuta idonea ad integrare una causa autonoma ed atipica(27). L’atto di separazione personale consensuale, osserva la Suprema Corte, costituisce un negozio giuridico bilaterale a carattere non contrattuale (in quanto privo del connotato della patrimonialità): le clausole a contenuto patrimoniale ivi previste configurano “veri e propri contratti atipici, con particolari presupposti e finalità, non riconducibili nè al paradigma delle convenzioni matrimoniali nè a quello della donazione, ma diretti comunque a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.”(28).3. Atto di destinazione e crisi familiare. Il Decreto del Tribunale di Reggio Emilia, 23 marzo 2007.Delineato lo stato del problema, l’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. può risultare di concreta utilità al fine di vincolare determinati beni per la soddisfazione degli obblighi oggetto del contratto della crisi coniugale.La problematica è stata oggetto di un recente provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia(29), la cui fattispecie concreta può essere così ricostruita: due coniugi, già consensualmente separati con accordo omologato, si rivolgono al Tribunale per modificare le condizioni di separazione chiedendo la sostituzione della clausola che prescrive a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori mediante il versamento alla madre affidataria di un assegno mensile con il trasferimento alla stessa della quota di un mezzo di determinati beni immobili. Il Tribunale tuttavia valuta la modifica proposta non rispondente all’interesse della prole: l’obbligo di mantenimento dei figli verrebbe ad essere sostituito con il trasferimento di immobili alla madre affidataria senza alcuna garanzia in ordine alla destinazione dei cespiti e dei loro frutti (naturali e civili) al mantenimento dei figli stessi. I Giudici suggeriscono ai coniugi il ricorso all’atto di destinazione ex art. 2645 ter e l’apposizione del relativo vincolo sugli immobili trasferendi, al fine di sottrarre gli stessi alla libera disponibilità della madre e vincolarli alla realizzazione dell’interesse della prole. I coniugi accolgono i suggerimenti del Tribunale e presentano istanza di modifica delle condizioni di separazione prevedendo che, a seguito del trasferimento alla madre affidataria di determinati immobili e nel quadro dell’accordo di adempimento dell’obbligo di mantenimento, la stessa “ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c. si obbliga ad impiegare i frutti degli immobili (É) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritto (É) a carico degli immobili (É) e, una volta estinto detto mutuo, ad impiegare i frutti per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del pi giovane dei figli”. E’ previsto un ulteriore vincolo di destinazione che si sostanzia in un divieto di alienazione, in quanto la madre affidataria si obbliga “ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c. a non alienare gli immobili (É) sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del pi giovane dei figli”.Il Tribunale, previo esame dell’applicabilità dell’art. 2645-ter cod. civ. e degli effetti del vincolo impresso, valuta positivamente la modifica proposta ritenendo sufficientemente salvaguardato l’interesse della prole.Le questioni affrontate dai Giudici possono essere articolate nelle seguenti considerazioni:1. La locuzione “atti” di cui all’art. 2645 ter, proprio per la centralità attribuita all’autonomia negoziale, deve intendersi riferita “al genus dei negozi (atti e contratti) volti a imprimere vincoli di destinazione ai beni purchè stipulati in forma solenne”. Tale riferimento letterale viene dunque limitato al solo requisito formale richiesto ai fini della trascrizione. Conseguentemente, si rileva la validità della costituzione del vincolo mediante verbale d’udienza in quanto atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ. e titolo idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari.2. L’atto di destinazione, osservano i Giudici, ha ad oggetto il trasferimento e la destinazione di beni immobili, riferendosi a negozi atipici ma anche a contratti con causa normativamente disciplinata. Ciò rilevato, l’accordo in concreto stipulato tra i coniugi deve essere valutato in ordine al profilo causale. A tal riguardo, il giudizio di meritevolezza di tutela dell’interesse destinatorio è ricostruito in termini di giudizio di liceità, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e dell’ampia casistica degli accordi tra coniugi in occasione della crisi familiare: la valutazione di meritevolezza è operata in concreto, in conformità alla funzione che i giudici sono chiamati a svolgere nell’ordinamento.Quanto al primo aspetto, il Tribunale affronta una questione formale e, pi precisamente, la compatibilità della prescritta forma pubblica (art. 2645 ter c.c.) con il verbale di udienza. La risposta non può che essere è nel senso dell’ammissibilità della costituzione del vincolo in sede di udienza atteso che il relativo verbale costituisce atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 cod. civ. e (previa omologazione dell’accordo) è titolo idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari – a norma dell’art. 2657 c. c. – del negozio di trasferimento di diritti reali e – a norma dell’art. 2645 ter c.c. – del vincolo di destinazione(30).La giurisprudenza costante e la dottrina pressochè unanime(31) attribuiscono al verbale di udienza le caratteristiche di cui all’art. 2699 c.c., superando quegli orientamenti che qualificano tale documento come “atto pubblico non negoziale”(32). La Suprema Corte sul punto ha recentemente ribadito che le clausole inserite negli accordi di separazione con cui si opera il trasferimento a favore di uno o di entrambi i coniugi della proprietà di beni mobili od immobili hanno natura attributiva e, in quanto contenute in un verbale che assume la veste di atto pubblico, trascrivibili una volta intervenuta l’omologazione(33).I Giudice emiliani evidenziano inoltre la pi intensa limitazione della responsabilità patrimoniale introdotta dall’art. 2645 ter c.c. rispetto a quella sancita all’art. 170 c.c. in tema di fondo patrimoniale. In comune tali figure di destinazione presentano il requisito obiettivo che sta a fondamento e giustifica l’aggredibilità dei beni destinati, ovvero la connessione teleologica tra l’obbligazione assunta e la realizzazione dell’interesse (la tutela delle esigenze familiari nell’un caso, l’interesse stabilito dal conferente nell’altro).L’art. 170 c.c. prevede espressamente un elemento ulteriore che legittima il creditore ad aggredire i beni conferiti in fondo ovvero l’ignoranza dell’estraneità del debito assunto rispetto all’esigenze della famiglia; con tale formulazione la norma ha inteso bilanciare il principio di inespropriabilità dei beni destinati e dei frutti (principio che concretizza l’interesse all’effettiva realizzazione della destinazione a fondamento del fondo ed agevola l’accesso al credito per la soddisfazione dei bisogni familiari(34)) con la tutela dell’affidamento dei creditori. Dalla lettera della previsione risulta infatti una ripartizione dei debiti in tre categorie: quelli contratti per soddisfare i bisogni della famiglia; quelli che il creditore ignorava essere estranei ai bisogni della famiglia; ed infine quelli contratti per scopi estranei alla vita familiare che il creditore sapeva essere tali. L’espropriabilità è esclusa solo per quest’ultima categoria. L’onere di provare la consapevolezza dell’estraneità del credito allo scopo familiare grava sui coniugi, come del resto rileva costantemente la giurisprudenza(35): spetta a tali soggetti, al fine di evitare l’esecuzione sui beni conferiti nel fondo e sui relativi frutti, fornire la prova dell’effettiva conoscenza dell’alienità alle esigenze familiari in capo al creditore(36).L’art. 2645 ter non contiene alcuna previsione relativa alla dimensione soggettiva di conoscenza dell’estraneità del debito, potendo così legittimare rilievi di insufficiente tutela dell’affidamento dei creditori. Il silenzio della norma lascia intendere l’irrilevanza di tale ulteriore requisito (negativo) per l’aggredibilità dei beni vincolati, dando vita ad una limitazione della responsabilità patrimoniale pi intensa rispetto alla previsione del fondo.Merita a questo punto soffermarsi brevemente sul “grado” di separazione patrimoniale che caratterizza le due forme di destinazione di beni ad uno scopo. Per entrambe le fattispecie sono ravvisabili i caratteri della unilateralità (e dell’unidirezionalità) della limitazione della responsabilità patrimoniale: i beni destinati possono essere aggrediti solo da una certa categoria di creditori; tale limitazione non vale tuttavia nella relazione inversa(37). I creditori il cui diritto trova fondamento nella destinazione, se insoddisfatti, possono aggredire il patrimonio “generale” del debitore per la tutela del proprio diritto. La ricostruzione in termini di unilateralità, oltre al conforto letterale della norma, coniuga l’effetto di garanzia patrimoniale che la destinazione produce nel momento in cui consente solo a determinati creditori la possibilità di aggredire i relativi beni, con la centralità del profilo di realizzazione del vincolo e del perseguimento dell’interesse, valore prevalente nell’ottica legislativa. Non sembra invece meritevole di accoglimento l’impostazione che valuta legittime ed opponibili entrambe le tipologie di limitazioni della responsabilità (unilaterale e bilaterale) “secondo modulazioni disegnate dalle parti”(38).Il carattere unilaterale della separazione lascia aperto l’interrogativo in ordine alla qualificazione della responsabilità del conferente in termini di sussidiarietà ed alla possibilità di opporre ai creditori che agiscano per il soddisfacimento dei propri diritti il beneficio di preventiva escussione dei beni destinati. Il punto è discusso. Sembra preferibile accogliere una risposta di carattere positivo, argomentando dalla casistica delle destinazioni tipiche, dalla lettera e dalla ratio della norma(39). La sussidiarietà è infatti principio generale che si trae dalla disciplina del fondo patrimoniale(40) e trova conferme anche nel regime delle società personali. Essa appare coerente con la funzione di garanzia realizzata dalla limitazione della responsabilità patrimoniale: se solo certi creditori sono legittimati ad aggredire i beni vincolati, è principio di coerenza che detti beni siano escussi per primi da tali soggetti. La configurazione in termini di sussidiarietà si pone a tutela non solo dell’interesse del conferente a salvaguardare il patrimonio personale ove sussistano beni destinati sui quali i creditori possano agire, ma anche dei suoi creditori personali. La diversa ricostruzione aprirebbe il varco a conseguenze irragionevoli: nonostante la sussistenza di beni vincolati, i creditori “da destinazione” potrebbero aggredire il patrimonio generale del conferente ponendosi in concorrenza con i creditori personali non ammessi, invece, a soddisfarsi sui beni destinati, diminuendone le prospettive di garanzia in modo ingiustificato.3.1. (segue) Meritevolezza di tutela dell’interesse destinatorio e idoneità causale.L’atto di destinazione è valutato dai Giudici nella prospettiva causale del trasferimento tra coniugi e nella meritevolezza dell’interesse destinatorio; nel caso de quo, il trasferimento avviene tra i coniugi con vincolo di destinazione a favore della prole, a titolo di mantenimento di questa.Da un punto di vista strutturale la fattispecie (trasferimento di beni e costituzione del vincolo) è ricostruita in termini unitari e la giustificazione causale che sorregge la complessa operazione – e che risolve in positivo il giudizio di meritevolezza – consiste nell’adempimento degli obblighi di mantenimento e nella tutela degli interessi dei figli. Al riguardo, il Tribunale mostra di accogliere il pi recente orientamento della Cassazione nel senso della atipicità causale, superate quelle interpretazioni che facevano ricorso alla causa solutionis od alla causa transactionis(41). Del resto, la Suprema Corte ha avuto modo di stabilire l’ammissibilità dei negozi traslativi atipici in forza dell’autonomia negoziale garantita ai privati dall’art. 1322 c.c., purchè vi sia a fondamento una causa lecita(42).La liceità della causa e la meritevolezza dell’interesse a fondamento di tali fattispecie sono state ampiamente approfondite in giurisprudenza e valutate nelle loro implicazioni, pur con alcune perplessità in ordine agli effetti preclusivi della corresponsione una tantum a fronte del principio di proporzionalità sancito dall’art. 148 c.c.(43). Abbiamo già indicato come la giurisprudenza ritenga valido l’accordo col quale si preveda la corresponsione del contributo al mantenimento dei figli con un trasferimento immobiliare, purchè non vi sia contrasto con il primario interesse del minore.Interessante è l’iter argomentativo accolto a fondamento del giudizio di meritevolezza di tutela dell’interesse destinatorio ex art. 2645 ter. Si rigetta – in quanto inutile e fuorviante – una qualificazione della meritevolezza orientata in senso solidaristico che oltrepassa la liceità e la conformità della fattispecie al sistema delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico alla luce delle interpretazioni operate dalla giurisprudenza. Superata la ratio contingente che ne ha storicamente giustificato l’inserimento nel codice civile del 1942, il giudizio in discorso nulla in pi aggiunge alla attività che da sempre i giudici sono chiamati ad operare nel valutare un atto espressione di autonomia privata: la conformità alle norme imperative, ai principi di ordine pubblico del settore di rilevanza giuridica nel quale è ascrivibile la fattispecie, entro il quadro costituzionale e, pi ampiamente, delle fonti sovranazionali.E’ indicativa dell’inutilità del concetto di meritevolezza quale requisito autonomo e valutativo la pressochè totale assenza della stessa nelle pronunce giudiziali(44). In limitate ipotesi la giurisprudenza è ricorsa alla declaratoria di immeritevolezza di tutela di fattispecie contrattuali atipiche, pervenendo a giudizi sovrapponibili alla illiceità. Al di là delle declamazioni, la nullità del contratto per immeritevolezza risulta priva di contorni autonomi rispetto alla illiceità: il contratto contrario a norme imperative, ordine pubblico e buon costume è ritenuto illecito e/o (indistintamente) immeritevole(45); lo stesso canone dell’utilità sociale è ricondotto nell’alveo di un limite negativo all’autonomia privata(46). Di recente, la Cassazione(47), pur sostenendo l’astratta differenziazione e l’autonomia dei due giudizi, ha sottolineato come la ricostruzione maggioritaria in giurisprudenza sia abrogativa del criterio di cui all’art. 1322 comma 2 c.c.Ebbene, se esigue sono le pronunce che sanzionano il contratto per immeritevolezza di tutela, ancor meno frequenti sono le sentenze nelle quali i Giudici affrontato il problema della autonomia del giudizio che conduce alla declaratoria di nullità fondata sulla illiceità piuttosto che sulla immeritevolezza. Al riguardo, si può menzionare una non pi recente pronuncia della Suprema Corte che sembra addentrarsi in tale questione, senza tuttavia indicare i contorni della distinzione la quale rimane enunciata e non definita nella sua specificità giuridica(48).L’equiparazione di tali giudizi è invece frequentemente accolta dalla giurisprudenza di merito che si è pronunciata sull’ammissibilità del trust interno. L’analogia delle operazioni (al di là delle differenze strutturali) esalta l’utilità del riferimento all’esperienza maturata dalla giurisprudenza in questo campo: da essa risulta come il compito dell’interprete sia quello di valutare caso per caso la conformità della fattispecie concreta di trust all’ordinamento, verificando che siano rispettati le norme inderogabili ed i principi di ordine pubblico. Il nucleo del giudizio di meritevolezza consiste “nell’analisi pregnante degli atti istitutivi del trust per verificare l’eventuale sussistenza in concreto di deroghe a disposizioni imperative, ineludibili dall’autonomia privata”(49), ciò anche alla luce della “mancanza di consapevoli apporti giurisprudenziali all’analisi della norma”, una volta abbandonato il criterio dell’utilità sociale che, nella relazione al codice civile, ne aveva giustificato l’adozione. Nella consapevolezza di una lettura ambigua da parte della pi recente giurisprudenza di Cassazione, il sindacato dell’autorità giudiziaria deve concentrarsi sulla non illiceità della fattispecie negoziale, abbandonando i “massimi sistemi”(50). Stesse considerazioni sono a fondamento di altre pronunce ove si precisa come “i principi sovraordinati fungono, riguardo all’autonomia contrattuale, quali limitazioni inderogabili ed esterne, pi che come finalità che i contraenti debbano prefiggersi”(51).Il giudizio di meritevolezza così ricostruito e l’analisi concreta che esso impone richiedono – nella fattispecie – di verificare che il ricorso all’atto di destinazione salvaguardi efficacemente gli interessi dei minori. In sede di omologazione di separazione consensuale e di relative modifiche il Tribunale è infatti chiamato a valutare la legittimità e l’opportunità delle condizioni pattuite, in primis rispetto all’interesse dei figli. E’ in questo contesto che emerge l’utilità concreta del vincolo destinatorio quale rafforzamento degli obblighi di mantenimento e garanzia di effettivo adempimento. L’utilità, osserva il Tribunale, deriva dalla destinazione dei frutti che derivano dall’immobile (canoni) al pagamento del mutuo garantito da ipoteca sull’immobile stesso ed al mantenimento dei figli, garantendo agli stessi una fonte di reddito non aggredibile dai creditori “personali” della madre. Tale soluzione consente di coniugare il risultato concreto perseguito dalle parti, consistente nell’adempimento dell’obbligo di mantenimento in un’unica soluzione, con la periodicità di reddito (i canoni di locazione), garantita dal vincolo di destinazione opponibile a terzi.Altro aspetto messo in luce dal Tribunale con riguardo al grado di salvaguardia delle esigenze della prole concerne l’ampio panorama dei soggetti che, ex art. 2645 ter c.c., possono agire per la realizzazione dell’interesse di destinazione: oltre al conferente, “qualsiasi interessato”. Tra essi si annoverano il Pubblico Ministero, il tutore, curatore speciale o, anche, i parenti del minore, instaurandosi così un controllo indiretto sull’operato del genitore affidatario titolare dei beni ed un conseguente stimolo ad operare correttamente per la realizzazione dell’interesse.Un ultimo cenno ascrivibile alle utilità in senso ampio del ricorso all’atto di destinazione in questo settore riguarda il trattamento fiscale. Trattandosi di accordo tra coniugi finalizzato a regolare l’assetto dei rapporti in conseguenza della separazione, è da ritenere applicabile il regime di favore stabilito dall’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74(52) nella lettura fornita dalla Corte Costituzionale(53) e successivamente dalla Corte di Cassazione(54), ovvero l’esenzione “dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”. Pi precisamente, nell’estendere tale beneficio ai trasferimenti connessi alla separazione personale la Corte qualifica detti negozi come strumenti destinati a dare sistemazione agli interessi dei coniugi e della famiglia in generale, interessi dunque costituzionalmente rilevanti (artt. 29 e 31 Cost.)(55). Il trattamento fiscale di favore non configura un privilegio per qualsiasi contratto in occasione della crisi (generica) del matrimonio, ma comprende le sole fattispecie relative a separazione e divorzio per le quali risulti esclusa ogni manifestazione di capacità contributiva.(1) “Art. 2645-ter. – Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche (1) – Gli atti risultanti da atto pubblico, con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo.”. Articolo inserito dall’art. 39 novies, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273 convertito con modifiche dalla legge 23 febbraio 2006 n. 51, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2006 (in vigore dal 1¡ marzo 2006).(2) Per tutti, G. VETTORI, Atto di destinazione e trust: prima lettura dell’art. 2645 ter, Obbl. Contr., 2006, 4, p. 777 ss.; A. GENTILI Le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesi dell’art.2645 ter c.c., Rass. dir. civ., 2007, 1, pp. 1 – 50; F. GAZZONI Osservazioni sull’art. 2645 ter c.c., in www.judicium.it e in Giust. Civ., 2006, p. 165 ss.; G. GABRIELLI, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità immobiliare nei registri immobiliari, Riv. dir. civ., 2007, 3, 321 ss.; E. NAVARRETTA, Le prestazioni isolate nel dibattito attuale. Dal pagamento traslativo all’atto di destinazione, Riv. dir. civ., 2007, 823 ss.; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, Riv. dir. civ., 2006, II, p. 183 ss.; M. NUZZO, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, p.59 ss.(3) V. la Relazione al Re-Imperatore del Ministro Guardasigilli al Libro del Codice Civile “Delle obbligazioni”, Torino, 1941, n. 8.Al riguardo, E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, II ed., Torino, 1960, 324, portavoce di un “appello ad una visione forte e inedita del concetto di “causa”, alla cui penetrazione nel codice civile contribuì notoriamente in maniera attiva (anche nel senso di darne una sorta di interpretazione autentica: all’insegna di un’aperta fedeltà ai principi che sarebbero stati originalmente inaugurati dal fascismo)” (così, U. BRECCIA, Continuità e discontinuità negli studi di Diritto privato. Testimonianze e divagazioni sugli anni anteriori e successivi al secondo conflitto mondiale, in Quaderni Fiorentini per la Storia del Pensiero Giuridico Moderno, XXVIII (1999), p. 335).(4) G. B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, p. 172-173; ID., La formula “funzione sociale” dalle idee del positivismo giuridico alle scelte del legislatore del 1942, Riv. dir. priv., 2003, p. 682.(5) Assume valore centrale la limitazione dell’autonomia negoziale in vista dell’utilità sociale derivante dalle norme costituzionali. La dottrina si è ampiamente soffermata sull’applicabilità dell’art. 41 Cost. all’autonomia privata e pi in generale sul rilievo costituzionale della stessa ed i limiti che ne derivano. Al riguardo, A. SOMMA, Autonomia privata, Riv. dir. civ., 2000, II, p. 597. In tema, per tutti, M. NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975; G. PALERMO, Funzione illecita e autonomia privata, Milano, 1970, p. 176 ss.(6) F. DI MARZIO, Appunti sul contratto immeritevole, Riv. dir. priv., 2005, 2, p. 305.(7) A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 117.(8) A. FALZEA, Riflessioni preliminari, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, p. 5.In senso analogo, G. PALERMO, Configurazione dello scopo, opponibilità del vincolo, realizzazione dell’assetto di interessi, ivi, p. 73 ss., il quale nel riferirsi all’atto di destinazione e l’atipicità che lo caratterizza utilizza l’espressione “contenitore”; A. GAMBARO, Appunti sulla proprietà nell’interesse altrui, in Trusts, 2007, 2, p. 171.(9) In particolare, A. ZOPPINI, Contratto, autonomia contrattuale, ordine pubblico familiare nella separazione personale dei coniugi, in Giur. it., 1990, I, 1, c. 1325, ID., L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 227 ss.; DORIA, Autonomia privata e “causa familiare “, Milano, 1996, il quale rileva osserva come riferirsi ad un concetto unitario di autonomia privata sarebbe fuorviante e poco utile a fronte della specificità dei settori del diritto di famiglia; l’A. accoglie pertanto un metodo di indagine di tipo “orizzontale” degli atti di autonomia privata, soffermandosi sulla natura degli stessi per individuarne l’efficacia e la disciplina applicabile; G. CECCHERINI, Contratti tra coniugi in vista della cessazione del mènage, Padova, 1999.(10) DORIA, op. cit., p. 64.(11) G. VETTORI, Diritti della persona e unità della famiglia trent’anni dopo, in Famiglia, Persone e Successioni, 2007, 3, p. 197 ss.(12) Oltre agli Autori citati alle precedenti note, V. E. RUSSO, Negozio giuridico e dichiarazioni di volontà relative ai procedimenti “matrimoniali” di separazione, di divorzio, di nullità, in Dir. fam. pers., 1989, p. 1079 ss.; S. PATTI, Regime patrimoniale della famiglia e autonomia privata, Familia, 2002, p. 285 ss.; L. BALESTRA, Gli accordi in vista del divorzio: la cassazione conferma il proprio orientamento, in Corr. giur., 2000, p. 1023 ss., il quale prefigura una “stagione nuova per l’autonomia privata nell’ambito dei rapporti familiari”.Ampia ed autorevole dottrina individua nell’accordo di separazione una natura negoziale ma non contrattuale, così, A. FALZEA, La separazione personale, Milano, 1943, p. 96 ss.; ZATTI, MANTOVANI, La separazione personale dei coniugi (artt. 150-158 cod. civ.), Padova, 1983, p. 380 ss. In tema, anche M. COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio, e di annullamento del matrimonio, in Foro it., 1995, V, c. 109.(13) Fondamentale in questo processo, al di là dell’intervento legislativo riformatore, è stata l’attività della Corte Costituzionale la quale in pi di un’occasione ha ricondotto al principio di autonomia contrattuale gli accordi tra i coniugi aventi contenuto patrimoniale. Tra le molte sentenze del Giudice delle Leggi, è opportuno ricordare la sentenza n. 16 dicembre 1970 n. 188 (reperibile sul sito della Corte www.cortecostituzionale.it) che ha abrogato la disciplina limitativa, con riguardo ai terzi, della prova delle convenzioni matrimoniali ed ha assoggettato le convenzioni alle regole generali dei contratti; la sentenza 27 giugno 1973 n. 91 (reperibile sul medesimo sito internet), che ha abrogato il divieto di donazioni tra coniugi, legittimando così l’attività negoziale tra gli stessi, superando la ricostruzione in termini di nullità. Pi di recente, la sentenza n. 25 febbraio 1999 n. 41 (pluriedita; in Notariato, 1999, 211, con nota di De Cristofaro; in Famiglia e dir., 1999, 213, con nota di Petrelli) muovendo dal principio di parità tra coniugi e della loro piena autonomia, ha abrogato la presunzione assoluta di gratuità degli atti di trasferimento immobiliare tra essi ai fini dell’imposta di registro.Con riferimento ai progressivi maggiori spazi conquistati dall’autonomia privata entro la disciplina del diritto di famiglia, V. G. OPPO, Autonomia negoziale e regolamento tipico nei rapporti patrimoniali tra coniugi, Riv. dir. civ., 1997, I, p. 19 ss.; E. QUADRI, Il diritto di famiglia: evoluzione storica e prospettive di riforma, Dir. e giur., 2003, p. 269 ss.; G. CIAN, Autonomia privata e diritto di famiglia, in Confini attuali dell’autonomia privata, (a cura di) A. Belvedere e C. Granelli, Padova, 2001, p. 37 ss.; S. PATTI, Regime patrimoniale della famiglia e autonomia privata, Familia, 2002, p. 285 ss.; A. ZOPPINI, L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, Riv. dir. civ., 2002, I, p. 213 ss. Cfr. inoltre E. BARGELLI, I limiti dell’autonomia privata nella crisi coniugale (a proposito di una recente pronuncia della Corte Costituzionale tedesca), Riv. dir. civ., 2003, 1, p. 57 ss.; ID., L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi in occasione o in vista del divorzio, Riv. crit. dir. priv., 2001, 2-3, p. 303 ss.(14) Sul punto G. CIAN, Autonomia privata e diritto di famiglia, cit.; T. AULETTA, Gli accordi sulla crisi coniugale, Familia, 2003, 1, p. 45 ss., il quale osserva che “se è vero che il matrimonio tutela in primo luogo interessi dei coniugi, riveste pur sempre rilevanza sociale. (É) L’ordinamento infatti tutela il rapporto di coppia solo in quanto gli sposi si impegnino a creare una stabile comunione di vita fondata sul rispetto di determinati valori (fedeltà, assistenza, collaborazione, ecc.) fissati dalle legge”.(15) Per quanto attiene al divorzio, sono da considerare, per la comunanza di problematiche, soltanto il trasferimento o la costituzione di diritti reali che trovano la loro fonte nella sentenza di divorzio. Ciò in considerazione del consolidato indirizzo della Cassazione in ordine alla nullità delle convenzioni preventive di divorzio. La giurisprudenza di legittimità in contrasto con la prevalente dottrina qualifica in termini di radicale nullità per “illiceità della causa” gli accordi preventivi tra coniugi in ordine al regime economico del divorzio (cfr. Cass. 11 agosto 1992, n. 9494, in Giur. it., 1993, I, 1, 1495; Cass. 20 febbraio 1996, n. 1315, in Mass. Foro it., 1996, 134; Cass. 11 giugno 1997, n. 5244, in Vita not., 1997, p. 848) “avendo tali accordi sempre l’effetto di condizionare il comportamento delle parti in un giudizio concernente uno status” (Cass. 11 giugno 1997, n. 5244, cit.). Diverso è il caso, secondo la Suprema Corte, delle intese economiche prospettate dalle parti con la domanda congiunta di divorzio, le quali si riferiscono ad un divorzio che i coniugi hanno già deciso di conseguire, non semplicemente prefigurato, e che comunque andranno sottoposte a valutazione giudiziale.Diverso è l’orientamento accolto dalla Cassazione con riferimento alle convenzioni volte a regolamentare gli effetti di un successivo annullamento del matrimonio: in questo caso, si osserva, non si avrebbe un commercio di status (ratio che giustifica la nullità dei patti in vista del divorzio) perchè il procedimento è caratterizzato da forti connotazioni inquisitorie che limitano la volontà delle parti (Cass. 13 gennaio 1993, n. 348 in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, p. 950 con note di M. G. Cubeddu e C. Rimini e in Giur. it., 1993, I, 1, c. 1671 con nota di Casola). Evidenza la contraddizione nella quale cade la Suprema Corte nel sostenere entrambi i menzionati orientamenti, M. COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, in Foro it., 1995, V, c. 105 ss.(16) La Suprema Corte in forza del principio generale dell’autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. ha ritenuto modificabili da parte dei coniugi le pattuizioni stabilite in sede di separazione personale relative ai figli minori senza l’intervento dell’omologa giudiziale (Cass. 24 febbraio 1993, n. 2270, in Corr. Giur., 1993, p. 820 con nota di Lombardi e in Dir. fam. persone, 1994, p. 554 con nota di Doria; Cass. 22 gennaio 1994, n. 657 Giust. civ. Mass. 1994, 72 in Dir. famiglia 1994, 868, in Giust. civ. 1994, I, 912, in Nuova giur. civ. commentata 1994, I, 710, in Famiglia e diritto 1994, 139 e in Giur. it. 1994, I, 1,1476; Cass. 28 luglio 1997, n. 7029, in Giust. Civ. Mass., 1997, c. 1287). Ne risulta dunque che, per quanto concerne la modifiche coeve o antecedenti alla separazione, l’autonomia dei coniugi incontra il limite del rispetto dell’accordo omologato; con riferimento invece alle modifiche successive, la relativa validità incontra il filtro del solo art. 160 c.c., ovvero il rispetto dei diritti inderogabili dei coniugi. In tal modo la Corte di Cassazione ha mostrato di accogliere la tesi pi permissiva, ponendo fine ai contrasti della giurisprudenza, divisa tra chi sosteneva la validità e l’efficacia dei patti modificativi (non omologati) delle condizioni economiche previste in sede di separazione (Cass., 22 aprile 1982, n. 2481 in Giust. Civ. Rep., 1982, c. 888) e chi, invece, vi rilevava una radicale inefficacia (Cass. 5 gennaio 1984 n. 14, in Giust. Civ., 1984, I, p. 669, in Riv. Not., 1984, p. 593; Cass. 13 febbraio 1985, n. 1028 in Giust. Civ., 1985, I, p. 1654 con nota di A. Finocchiaro.(17) In linea generale il conseguimento di soluzioni concordate circa i profili patrimoniali e personali della crisi configura un centrale criterio ispiratore della recente normativa in tema di affidamento condiviso di cui agli artt. 155 bis ss. c.c. (legge 8 febbraio 2006, n. 54).(18) Seppure con posizioni variamente articolate, si esprimono a favore della prestazione “una tantum” in fase di separazione, tra gli altri, G. CECCHERINI, Separazione consensuale e contratti tra coniugi , in Giust. civ., 1996, II, p. 403 ss.; DOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino, 1995, p. 97; ZOPPINI, Contratto, autonomia contrattuale, ordine pubblico familiare nella separazione personale dei coniugi , cit., c. 1325 ss.; MANTOVANI, voce Separazione personale dei coniugi. I) Disciplina sostanziale, in Enc. giur. Treccani, XXVIII, Roma, 1992, p. 19; ANGELONI, Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti familiari, Padova, 1997, p. 356 ss.; OBERTO, I contratti della crisi coniugale, Milano, 1999, p. 795 ss.; DORIA, Autonomia privata e “causa familiare “, Milano, 1996, p. 266.(19) Cass., 22 aprile 1982, n. 2481, Rep. Giust. civ. 1982, n. 84; Cass. 17 giugno 1992, n. 7470, in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, 808, con nota di Sinesio; Cfr. inoltre la giurisprudenza citata alla precedente nota 7.(20) Cass. 24 gennaio 1979 n. 526, in Giur. it., 1979, I, 1, 935; Cass. n. 12 giugno 1979 n. 3315, in Foro it., 1981, I, 1702 con nota di Di Lalla e in Riv. not., 1981, 440. La qualificazione in termini di donazione è stata presto abbandonata in giurisprudenza che si è poi curata di escludere tale ricostruzione nonostante il nomen iuris utilizzato dalle parti.(21) La configurazione in termini di donazione trova una serie di ostacoli di non poco rilievo. In primo luogo, nella quasi totalità delle pronunce lo spirito di liberalità è del tutto assente; tale ricostruzione inoltre comporta molteplici conseguenze problematiche, sia sotto il profilo formale che sostanziale. E’ di tutta chiarezza come detto negozio sarebbe soggetto ai rischi “tipici” della donazione: azione di riduzione, revocazione per ingratitudine e per sopravvenienza di figli, obbligo alimentare del donatario, soggezione all’obbligo di collazione. Nè sarebbe ammissibile l’assunzione da parte di uno dei due coniugi dell’obbligo di trasferire un bene, fattispecie che – secondo il costante orientamento giurisprudenziale – rischia di incorrere in nullità trattandosi di preliminare di donazione; a ciò vanno aggiunte le problematiche di ordine formale.(22) Cass., 15 marzo 1991, n. 2788, in Corr.giur. 1991, 891 con nota di Cavallo, Cass., 12 maggio 1994, n. 4647, in Fam. dir., 1994, 660, con nota di Cei, ed in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 882, con nota di Bozzelli; Cass. 5 settembre 2003, n. 12939 in Riv. Not., 2004, p. 468 con nota di Festa Ferrante; App. Torino 9 maggio 1980, in Giur. it., 1981, I, 2, 19. Si mostra favorevole a tale ricostruzione e, pi in generale, all’accordo diretto all’estinzione dell’obbligo di mantenimento mediante attribuzione una tantum in quanto, tra l’altro, idoneo a realizzare “una allocazione dei rischi collegati agli eventi futuri”, A. ZOPPINI, Contratto, autonomia contrattuale, ordine pubblico familiare nella separazione personale dei coniugi , cit., 1327.(23) La critica principale mossa all’impostazione di cui al testo consiste nella indisponibilità dei rapporti giuridici oggetto del negozio transattivo. E’ assai controversa la disponibilità dei diritti coinvolti nell’accordo di separazione, in primis il diritto al mantenimento: ove si ritenga che si tratti di materia sottratta alla disponibilità delle parti, la ricostruzione in termini di negozio transattivo sarebbe sanzionata con l’illiceità. Inoltre, la ricostruzione in termini di transazione non è ritenuta coerente con la possibilità di revisione delle condizioni di separazione garantita dall’ultimo comma dell’art. 156 c.c. Sul punto V. G. DORIA, Convenzioni traslative in occasione della separazione personale e l’interesse del coniuge, cit., p. 230; ID., Autonomia privata e causa familiare, cit., pp. 249 e ss.; G. OBERTO, I trasferimenti mobiliari ed immobiliari in occasione di separazione e divorzio, cit., p. 160.(24) Cass. 5 luglio 1984 n. 3940, Dir. famiglia 1984, 922 ed in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 7; Cass. 21 dicembre 1987 n. 9500, in Corr. giur., 1988, p. 144; Cass. 15 maggio 1997 n. 4306, in Fam. dir. 1998, 81 ed in Riv. Not., 1998, 171.(25) L’effetto di definitiva estinzione dell’obbligazione di mantenimento è stato criticato da parte della dottrina in quanto lesivo dell’operatività della clausola rebus sic stantibus (P. POLLICE, Autonomia dei coniugi e controllo giudiziale: il problema degli accordi di contenuto patrimoniale non omologati, in Dir. giur., 1988, p. 115; M. COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, in Foro it., 1995, V, p. 117, il quale osserva come tale clausola rappresenti un limite alla validità degli accordi patrimoniali tra coniugi, essendo indisponibile la possibilità di modificarla o di rinunziarvi).Di diverso avviso G. OBERTO, I trasferimenti mobiliari ed immobiliari in occasione di separazione e divorzio, cit., p. 177, e ID., I contratti della crisi coniugale, cit., 1342 e ss. secondo il quale è consentito alle parti derogare alla clausola rebus sic stantibus proprio perchè viene pattuita una prestazione di carattere non periodico.(26) E. RUSSO, Gli atti determinativi di obblighi legali nel diritto di famiglia, in Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, Milano, 1983, p. 228 ss. Il rilievo che può essere mosso a questa tesi è che le parti piuttosto che limitarsi a dirimere una situazione di incertezza – elemento caratterizzante i negozi di accertamento (fattispecie tutt’altro pacifica) – compiono una attività dispositiva.(27) Cass. 11 maggio 1984 n. 2887, in Rep. Foro it., 1984, voce Famiglia (regime patrimoniale della), n. 59, secondo la quale l’attribuzione di beni da un coniuge all’altro in occasione della separazione integra un contratto atipico con propri presupposti e proprie finalità; Cass., 23 dicembre 1988 n. 7044 in Giur. it., 1990, I, 1, p. 1320; Cass., 17 giugno 2004, n. 11342, in Giust. civ., 2005, I, 415: “è di per sè valida la clausola dell’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 c.c.”; di recente, Cass., 8 novembre 2006, n. 23801, in Giust. civ. Mass. 2006, 11.(28) Cass. 12 aprile 2006, n. 8516, in Rep. Foro it., 2006, voce Fallimento [2880], n. 50, la quale richiama, a sostegno, Cass., 17 giugno 2004, n. 11342, cit.; Cass., 11 novembre 1992, n. 12110, in Giur. it. 1994, I,1, 304; Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500, cit.; e, con riguardo ad una clausola inserita in un accordo per la separazione di fatto, Cass., 17 giugno 1992, n. 7470 in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, 808.(29) In Trusts, 2007, 419, nota di Tonelli; in Famiglia, persone e successioni, 2007, 779, nota di Partisani; e in Famiglia e minori, 2007, 5, 72, nota di Rossi.(30) La trascrizione del verbale deve essere effettuata a cura del cancelliere entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 6, 2¡ comma, d.leg. 31 ottobre 1990 n. 347.(31) S. TONDO, Trascrizione su titoli inidonei, in Studi Notariato, vol. III,1992; V. GAMMONE, Rassegna di dottrina e giurisprudenza in tema di trascrivibilità del verbale di separazione personale dei coniugi, nota a sentenza Cassazione I sez. 15 maggio 1997 n. 4306, in Riv. Not., 1997, p. 171; P. GIURI, Separazione consensuale, trasferimenti immobiliari, trascrivibilità, Riv. Not., 1997, 6, p. 1425; F. TACCINI, La trascrizione delle convenzioni matrimoniali, Notariato, 2003, 3; G. DORIA, Autonomia privata e causa familiare, cit., pp. 383 e ss., il quale osserva che anche ove non si attribuisse natura di atto pubblico a documento, si tratterebbe comunque di scrittura privata accertata giudizialmente e quindi trascrivibile. Tale interpretazione presenta aspetti di criticità quanto all’atto di destinazione ex art. 2645 ter, essendo discusso in dottrina se la forma solenne dell’atto pubblico sia richiesta ad substantiam ovvero ad transcriptionem.(32) In dottrina vi è chi distingue tra atto pubblico negoziale e non. Solo il primo sarebbe idoneo alla trascrizione e solo rispetto ad esso il notaio sarebbe titolare di una competenza esclusiva al ricevimento, salve le eccezioni di legge espressamente previste. In questo senso, A. BRIENZA, Attribuzioni immobiliari nella separazione consensuale, Riv. Not., 1990, 6, p. 1409 ss., ID., Attribuzioni immobiliari nella separazione e nel divorzio consensuali, ivi, 1992, pp. 598 e ss. a commento di Trib. Firenze 29 settembre 1989. L’orientamento (minoritario) in oggetto ha trovano riscontro in alcune sentenze di merito nelle quali si è sostenuta la irricevibilità nel verbale di separazione di accordi ad immediata efficacia traslativa ritenendo precluso al giudice il potere certificativo ed attributivo della pubblica fede circa le dichiarazioni negoziali delle parti, potendo ricevere accordi ad effetti solo obbligatori (così Trib. Firenze 29 settembre 1989, Riv. Not., 1992, p. 595, Trib. Firenze 7 febbraio 1992, in Dir. fam. e pers., 1993, p. 470, Trib. Napoli 16 aprile 1997, in Fam. e dir., 1997, p. 420).In senso contrario, si è osservata l’infondatezza di tale distinzione e l’incongruenza giuridica di riferire la “negozialità” al documento invece che all’atto inteso come comportamento umano: lo stesso art. 2699 c.c. definisce l’atto pubblico in considerazione del soggetto che lo redige nel rispetto delle richieste formalità, senza riguardo al contenuto (negoziale o meno) dello stesso.(33) Cass., 15 maggio 1997, n. 4306 in Foro it., Rep. 1997, voce Separazione di coniugi, n. 56, ai sensi della quale “l’accordo di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza (redatto da ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c., e ove implichi trasferimenti di diritti reali immobiliari costituisce, dopo l’omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c.”.(34) L’inespropriabilità dei beni vincolati non è rinunciabile da parte dei coniugi. Così, V. DE PAOLA Il diritto patrimoniale della famiglia, III, op. cit., 123; A. MACRI’ Fondo patrimoniale, op. cit, p. 322.(35) Da ultimo, Cass. 15 marzo 2006 n. 5684, Vita not., 2006, 796. In dottrina, V. E. RUSSO Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, Il fondo patrimoniale, cit., 131; F. CORSI Il regime patrimoniale della famiglia, in Tratt. di dir. civ. e comm. a cura di Cicu e Messineo, cit., p. 104.(36) Non è dunque sufficiente ad avviso della dottrina (CIAN, CASAROTTO, Fondo patrimoniale della famiglia, Noviss. Dig. It., Torino 1982, p. 833) e della giurisprudenza (Trib. Perugia 12 febbraio 1987, in Vita not., 1988, I, 604) che i coniugi dimostrino che il creditore avrebbe potuto conoscere l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia con l’uso della normale diligenza, essendo richiesta la prova dell’effettiva conoscenza.A fondamento di tale articolazione dell’onere probatorio vi è secondo alcuno (M. MAGGIOLO, Il fondo patrimoniale, Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, La Famiglia, II, Torino 2000, 387) il principio secondo il quale i fatti negativi (l’ignoranza) non sono oggetto di prova, secondo altri (GALASSO Regime patrimoniale della famiglia, Comm al Cod. Civ. (a cura di), A. Scialoja, G. Branca, I, Bologna-Roma, 2003, p. 169) una presunzione di inerenza dei debiti ai bisogni della famiglia.(37) Nel senso del carattere unilaterale della separazione patrimoniale, G. OPPO, Introduzione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 16 il quale evidenzia la lettera dell’art. 2645 ter ove è fatto riferimento alla sola limitazione unilaterale di responsabilità, a differenza per esempio della previsione di cui all’art. 2447 quinquies comma 3 c.c. che, per i patrimoni destinati ad uno specifico affare, prevede una limitazione perfetta e bilaterale; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 200.In senso problematico P. SPADA Conclusioni, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 206 il quale utilizza i termini di “insensibilità” per indicare la preclusione ai creditori generali del destinante di compiere atti esecutivi sui beni destinati (quella che abbiamo indicato come separazione unilaterale) e “localizzazione”, quale riserva ai soli creditori che hanno un titolo collegato alla destinazione a compiere atti esecutivi sul bene destinato. L’illustre A. da atto che la formulazione dell’art. 2645 ter c.c. muove testualmente nel senso della sola insensibilità, tuttavia si chiede se “la ormai concessa (mera) residualità dell’art. 2740 non ostacoli l’inferenza funzionale che la destinazione trascritta ponga un qualche ostacolo al coinvolgimento del patrimonio residuo nella garanzia patrimoniale”. La risposta all’interrogativo è nel senso positivo, nel senso, cioè, della possibile estensione in direzione della localizzazione.(38) L. SALAMONE, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 152.(39) Nello stesso senso G. OPPO, Introduzione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 15; ID., Brevi note sulla trascrizione di atti di destinazione, Riv. dir. civ., 2007, I, p. 1 ss. ove si osserva che la scelta che sta a fondamento dell’art. 2447 quinquies comma 3 c.c. e che consente alla delibera costitutiva del patrimonio separato di articolare diversamente la responsabilità “per la sua specialità non sembra estensibile giacchè (É) richiede garanzie specifiche, non solo di pubblicità, ma di gestione e di contabilità e ammette l’opposizione dei creditori sociali” (ID., op. ult. cit., p. 4). Contra, F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit.(40) Nell’ambito del fondo patrimoniale, nel silenzio del legislatore, si ammette in testa ai coniugi la possibilità di avvalersi del beneficium excussionis nei confronti dei creditori per i bisogni della famiglia, previsto in tema di comunione legale dall’art. 190 c.c. Così, G. OPPO, Fallimento del matrimonio e tutela del concepito, in Questioni di diritto patrimoniale della famiglia, Padova 1989, 121 il quale osserva che il principio secondo il quale il creditore che abbia garanzia specifica su certi beni “non può rivolgersi contro il residuo patrimonio del debitore senza averli escussi (art. 2911 e ora art. 190 c.c.)” deve valere “a fortiori nell’ipotesi di garanzia fornita da un patrimonio specificatamente destinato al soddisfacimento del creditore, come è dimostrato dal regime delle società personali”; T. AULETTA, Il fondo patrimoniale. Artt. 167-172, Commentario del cod. civ. diretto da P. Schlesinger, cit., p. 305 ss. che rileva come tale strumento tuteli l’interesse del coniuge a salvaguardare il patrimonio personale “nel caso in cui vi siano beni del fondo patrimoniale che i creditori per i bisogni della famiglia possono sottoporre ad esecuzione”, nonchè l’esigenza dei creditori personali del coniuge “di non subire la concorrenza di quelli per bisogni della famiglia sul patrimonio personale del coniuge stesso”, in quanto “rischierebbero di rimanere insoddisfatti a causa della concorrenza dei creditori che potrebbero agire, invece con esito positivo, su altra massa di beni”, quelli, cioè del fondo. Contra, V. DE PAOLA, Il diritto patrimoniale della famiglia, III, Milano 1996, p. 33.(41) “Scartata la tesi della causa solutionis (per difetto di una preventiva predeterminazione quantitativa dell’obbligazione che il trasferimento andrebbe, in tutto o in parte, ad estinguere), nonchè della causa transactionis (per la mancanza di un aliquid datum contrapposto ad un aliquid retentum ed inoltre per l’indisponibilità dei diritti in gioco, attinenti alle prestazioni ex artt. 30 Cost., 147 e 148 cod. civ.), si può riconoscere nel negozio stipulato dai coniugi Tizio e Caia un contratto con causa atipica” (Trib. Reggio Emilia 23 marzo 2007, cit.).(42) Cass. civ., 9 ottobre 1991, n. 10612, in Riv. Not., 1991, 6, pag. 1413. E’ citata inoltre Cass., Sez. Un., 1 ottobre 1987, n. 7341, in Banca borsa tit. cred. 1988, II, 1; Giur. it. 1988, I, 1, 1204 ove si osserva che “il fondamentale principio dell’autonomia contrattuale consente alle parti di stipulare, nei limiti imposti dalla legge, tutte quelle intese negoziali, riconosciute dall’ordinamento giuridico, che vengano ritenute idonee alla tutela dei rapporti in continua evoluzione”.(43) Come accennato, la questione dell’adempimento dell’obbligo di mantenimento in un’unica soluzione deve essere differentemente valutata con riferimento alla separazione o al divorzio. In quest’ultimo caso l’art. 5 comma 8 l. div. consente alle parti di corrispondere l’assegno divorzile in un’unica soluzione ed attribuisce espressamente ad esso efficacia estintivo-preclusiva. Pi articolato è il problema con riferimento al mantenimento del coniuge separato: alcuno vi individua un obbligo indisponibile ex art. 160 c.c. (LISERRE, Autonomia negoziale e obbligazione di mantenimento del coniuge separato, in Riv. Trim. dir. e proc. Civ., 1975, p. 474 ss.; U. MAJELLO, Quaestio, in Questioni di diritto patrimoniale della famiglia discusse da vari giuristi e dedicate ad Alberto Trabucchi, Padova, 1989, p. 524), altri fa in ogni caso salva la clausola rebus sic stantibus (V. DE PAOLA, Il diritto patrimoniale della famiglia coniugale, Milano, 1991, I, p. 191 ss.), altri ancora ammettono la piena disponibilità del diritto al mantenimento considerato che l’unica obbligazione indisponibile in senso stretto è quella alimentare (così, M. COMPORTI, Autonomia privata e convenzione preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, cit., p. 105 ss.).(44) “L'”immeritevolezza” degli interessi perseguiti è quasi divenuta ipotesi di scuola (tra gli ultimi esempi: Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, in Giust. Civ., 1994, I, pag. 1230 e Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, in Giust. Civ., 1996, I, pag. 73). L’esperienza maturata dalla giurisprudenza di merito in tema di trust interno individua invece chiaramente il compito dell’interprete nel valutare caso per caso la conformità della fattispecie con l’ordinamento, verificando che siano rispettati le norme inderogabili ed i principi di ordine pubblico.(45) Consapevole di questo anche F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., secondo il quale “la norma di cui all’art. 1322 comma 2 c.,c. è, al di là dei vuoti richiami, priva di autonoma rilevanza ed è invocata dai giudizi solo per qualificare come atipico un certo contratto il cui controllo è però operato poi in chiave esclusivamente di liceità, onde è meritevole qualsivoglia interesse che non sia illecito”. In generale si è osservato (G. DE NOVA, voce Leasing. Dig. disc. priv., X, Torino, 1993, p. 466) come “il controllo di meritevolezza sui contratti atipici non ha mai avuto, nella nostra giurisprudenza, una effettiva rilevanza”.(46) Così in particolare Cons. St., sez. V., 6 novembre 1992, n. 1212, in Cons. Stato, 1992, I, p. 1582.(47) Cass. 6 febbraio 2004, n. 2288 in Contratti, 2004, 801, con nota di Palmieri, ed in Resp. civ., 2004, 1049, con nota di Bugiolacchi. La Corte ha ritenuto che l’art. 1933 comma 1 c.c. (norma che esclude la spettanza dell’azione per il pagamento di debiti di giuoco o di scommesse) non trovi applicazione per quei contratti, come il contratto di assicurazione, ai quali sia apposta la clausola di beneficio del cambio a favore dell’assicuratore per il caso che il corso di conversione della valuta in cui è espresso il credito per le operazioni di esportazione oggetto della copertura assicurativa, risulti superiore al corso di cambio garantito. Tale clausola, si osserva, non incide sulla qualificazione del contratto che assolve la funzione propria dell’assicurazione; al pi, il contratto potrebbe essere configurato come “contratto atipico valido, siccome diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela in quanto non in contrasto con la legge, l’ordine pubblico e il buon costume” e non riconducibile alla nozione di giuoco e di scommessa.(48) Il riferimento è a Cass. 2 luglio 1975, n. 2578, in Riv. dir. comm., 1976, II, 263. Il caso riguardava un contratto stipulato tra il socio di maggioranza di una società di capitali ed il mandatario della medesima, con cui quest’ultimo si obbligava ad abbandonare la professione di commercialista per curare meglio gli interessi della società a fronte del pagamento di una somma di denaro, contratto che la Corte di merito aveva dichiarato nullo perchè immeritevole di tutela. Tra i motivi del ricorso in Cassazione si osservava come il contratto de quo non presentasse alcun vizio di illiceità, non ponendosi in contrasto con norme imperative, ordine pubblico e buon costume.La Cassazione ha (laconicamente) osservato come la sentenza di merito non abbia considerato illecita la fattispecie contrattuale concreta “ma ha fondato la sua decisione su una considerazione del tutto diversa”, cioè che “in tema di contratti innominati non basta il mancato contrasto con l’ordine pubblico ed il buon costume, ma occorre qualcosa di pi, e cioè che la causa, pur di per sè lecita, sia anche degna di tutela. Ed ha proprio e soltanto negato che sussiste quest’ultimo requisito”.Per un altro precedente, V. Cass. 5 gennaio 1994, n. 75 (in Foro it., 1994, I, 413; in Contratti, 1994, 264, con nota di Taglietti; in Giust. civ., 1994, I, 1, 1498), la quale ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inidoneo a perseguire interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, il contratto di cessione del c.d. cartellino di un giocatore di calcio stipulato da una persona fisica prima che il divieto sancito dalla F.g.c.i. venisse recepito nella legge 23 marzo 1981, n. 91. Al riguardo, osserva la Corte, l’inosservanza delle prescrizioni tassative dettate dal regolamento della Fgci se non costituisce ragione di nullità per violazione di legge ex art. 1418 c.c. “determina l’invalidità e l’inoperatività del contratto medesimo in relazione al disposto dell’art. 1322 comma 2, atteso che esso ancorchè astrattamente lecito per l’ordinamento statuale come negozio atipico (prima dell’entrata in vigore della legge 91/1981) resta in concreto inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela, non potendo attuare, per violazione delle suddette regole, alcuna funzione nel campo dell’operatività sportiva, riconosciuta dall’ordinamento dello Stato”.Sul punto si è osservato come il riferimento alla meritevolezza sia privo di reale consistenza giuridica, trattandosi di contratto nullo per impossibilità dell’oggetto (F. DI MARZIO, La nullità del contratto, Padova, 1999, p. 338). Si è invece pronunciato nel senso della validità di quel contratto, G.B. FERRI, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale, Riv. dir. comm., 1976, ora in Saggi di diritto civile, Rimini, 1996, p. 410.(49) Tribunale di Firenze, 2 luglio 2005, in Trusts, 2006, p. 89. In senso analogo, Trib. Velletri, 29 giugno 2005 (in Trusts, 2005, p. 577 e in Eur. dir. priv., 2005, 785, con nota di S. Mazzamuto), per il quale il trust è un negozio atipico degno di tutela in ragione della meritevolezza degli interessi perseguiti, ai sensi degli art. 1322 e 1324 c.c. La validità del negozio deve pertanto essere accertata in concreto, caso per caso secondo le norme dell’ordinamento giuridico italiano.(50) Decreto del Tribunale di Trieste – Ufficio del giudice tavolare del 23 settembre 2005, Giudice Dott. Picciotto; in Guida al dir., 2005, 41, p. 57 ss.(51) Decreto del Tribunale di Trieste, 7 aprile 2006, Trusts, 2006, 3.(52) L’art. 19, l. 6 marzo 1987, n. 74 sancisce che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonchè ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della L. 1 dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.(53) V. Corte Cost. 10 maggio 1999, n. 154, in Foro it., 1999, I, c. 2168; in Giur. It., 1999, p. 2187; in Riv. Not., 2000, II, p. 657 che ha esteso il regime di cui alla legge 74/1987 alla separazione personale tra coniugi, così risolvendo il problema di costituzionalità in relazione al diverso trattamento tra separazione e divorzio.Precedente in ordine temporale è Corte Cost. n. 176 del 15 aprile 1992, in Riv. sc. fin. e dir. fin., 1993, II, 2: la Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 19, L. n. 74/1987 nella parte in cui non estende l’esenzione del beneficio fiscale agli atti di iscrizione di ipoteca giudiziale imposta a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel procedimento di separazione. Si tratta di una fattispecie circoscritta, relativa alle sole imposte ipotecarie e catastali, le cui motivazioni saranno poi riprese e ribadite nella citata decisione 154/1999.(54) V. Cass., 30 maggio 2005, n. 11458, in Dir. giust., 2005, 37, p. 31 ad avviso della quale la quale in caso di trasferimento di immobili in adempimento di obbligazioni assunte in sede di separazione personale dei coniugi, l’esenzione stabilita dall’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 – già ampliata per effetto delle sentenze della Corte costituzionale 10 maggio 1999, n. 154 e 15 aprile 1992, n. 176 – deve ritenersi estesa “a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi” indistintamente, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche con atti i cui effetti siano favorevoli ai figli.La Suprema Corte ha dunque sancito l’esenzione da ogni imposta e tassa ex art. 19 della legge n. 74/1987 anche per i trasferimenti di beni ai figli la cui giustificazione sia reperibile nella separazione personale, trattandosi nella fattispecie del trasferimento da parte del padre alle figlie di una quota di proprietà della casa di abitazione, in adempimento dell’obbligazione assunta in sede di separazione consensuale.(55) La Corte Cost. con la citata sentenza 10 maggio 1999, n. 154 ha stabilito che “l’art. 19 della L. 6 marzo 1987, n. 74, nella parte in cui non estende l’esenzione in essa prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, non è conforme all’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del principio di eguaglianza che in relazione al principio di ragionevolezza, anche in riferimento agli artt. 29, 31 e 53 Cost.”.
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