ISSN 2239-8570

Le fonti e il nesso di causalità nella responsabilità medica, di Giuseppe Vettori

Ordinario di Diritto Civile – Università di Firenze SOMMARIO: 1. Le fonti. – 2. Il contatto sociale. – 3. Le conferme e le novità. – 4. Il nesso causale. – 5. La funzione della responsabilità civile.1. Le fontiLa distinzione fra le aree di responsabilità contrattuale e extracontrattuale è un confine labile in Italia e in Europa ove emergono varie ipotesi costruttive. Qualche cenno può essere utile.L’Avant-projet di riforma del diritto francese delle obbligazioni prevale una vera rivoluzione dell’impianto del Code civil.Secondo i redattori il Titolo III del Libro III non si aprirebbe pi con un richiamo al contratto, ma semplicemente alla disciplina Des Obligations, suddivisa in sottotitoli, disposizioni comuni e disposizioni relative alle due forme di responsabilità(1). L’esito è chiaro. Si unifica le due aree e si differenzia la disciplina del danno privilegiando in particolare alla persona.La recente riforma del BGB è altrettanto significativa sotto un altro profilo.La nuova disciplina lambisce solamente la responsabilità secondo una tradizione che privilegia la disciplina e la costruzione raffinata del rapporto obbligatorio e ammette il cumulo di responsabilità anche se, per alcuno, esistono segni verso un “percorso di progressiva uniformazione del concetto di responsabilità civile”(2).Sia i Principi Lando (art. 8:102) che il Common Frame of Reference (3:102) ammettono il cumulo dei mezzi di tutela che non sono incompatibili precisando che una parte può domandare il risarcimento del danno anche quando faccia ricorso ad altra forma di tutela(3).Nel nostro diritto interno sono diverse le opinioni.La dottrina si divide.Alcuni autori ribadiscono la netta separazione delle due aree fissando il discrimine nella violazione di un diritto, tipica della responsabilità aquilina, e nella violazione di un obbligo tipico della responsabilità contrattuale(4). Altri tendono ad avvicinare le due aree(5).La giurisprudenza applica il concorso fra regole di responsabilità in molti settori dei rapporti privati. Dal diritto societario e finanziario(6) ai rapporti di famiglia(7), dai rapporti di lavoro(8) alla risarcibilità dei danni non patrimoniali(9).Sempre pi spesso si fa riferimento al “contatto sociale” per attrarre nell’area contrattuale una serie di rapporti e per invertire l’onere probatorio in presenza di una posizione soggettiva del danneggiato ritenuta meritevole di particolare protezione. I tratti sono noti. E’ solo il caso di ricordarli in breve.2. Il contatto sociale.Secondo una delle ultime sentenze sul punto(10) “le obbligazioni possono sorgere da rapporti contrattuali di fatto, in quei casi in cui taluni soggetti entrano tra loro in una relazione (É) a cui si collegano obblighi di comportamento di varia natura”.L’ipotesi del medico dipendente, si osserva, è emblematica di una responsabilità che non può essere (solo) aquiliana, ma contrattuale, per non avere fatto ciò a cui si era tenuti in forza di una professione c.d. protetta che incide sul bene della salute, tutelato dall’art. 32 della Costituzione.Ma l’elenco è sempre più ampio.Basta ricordare la responsabilità dell’insegnante per i danni arrecati all’allievo(11), della responsabilità della Pubblica amministrazione(12) e da ultimo della banca che paghi a un soggetto non legittimato un assegno in violazione della legge di circolazione(13).In tutti questi casi dal contatto a cui l’ordinamento collega obblighi di comportamento si reputa che derivi una responsabilità contrattuale per due motivazioni. Perchè si viola un obbligo (1218) e non si lede un diritto (2043), o perchè si è in presenza di un’obbligazione ex lege (1173) ispirata ad un’intensa protezione del creditore.3. Le conferme e le novità.Una recente sentenza della Cassazione(14), a sezioni unite, torna in modo puntuale sulle fonti della responsabilità medica, con alcune significative novità. Vediamole.Il caso concerne il contagio da epatite a seguito di trasfusioni in occasione di un intervento chirurgico in una casa di cura. I giudici di merito avevano respinto la domanda ritenendo che l’attore non avesse provato il nesso di causalità tra la trasfusione e l’ epatite poichè “dalla documentazione prodotta tempestivamente”(15) non risultava che alla data del ricovero l’attore non fosse già affetto da tale patologia.Da qui la necessità di fissare ancora questioni essenziali sulla responsabilità della struttura sanitaria e sull’onere probatorio.a) Sul primo aspetto è noto che la responsabilità dell’Ente pubblico o privato era ritenuta di natura contrattuale in base al “rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale (É) comportava la conclusione di un contratto”(16) mentre l’obbligazione del medico dipendente aveva la stessa natura sulla base della teoria del contatto sociale(17).Entrambi i rapporti erano disciplinati per analogia con le norme del contratto di prestazione d’opera intellettuale.. con il conseguente riduttivo appiattimento della responsabilità della struttura su quella del medico.b) Un indirizzo pi recente ha qualificato il rapporto paziente struttura come un autonomo e atipico contratto (di spedalità) al quale si applicano le regole ordinarie sull’inadempimento con due conseguenze importanti.• La responsabilità prescinde dall’accertamento di una condotta negligente del medico ed ha invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni direttamente riferibili all’ente(18).• Sicchè l’obbligo derivante da tale contratto complesso riguarda oltre l’alloggio, le prestazioni ospedaliere di carattere medico, paramedico e assistenziale la cui violazione può comportare la responsabilità dell’ente per fatto proprio o del dipendente sulla base dell’art. 1228 c.c..La sentenza condivide e conferma tale indirizzo distribuendo in modo innovativo l’onere probatorio in ordine al nesso causale.E’ noto come la precedente giurisprudenza ripartiva l’onere probatorio.Il paziente doveva provare l’esistenza del contratto, l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie e il nesso di causalità tra l’azione e l’omissione, mentre doveva solo allegare l’inadempimento del sanitario. D’altra parte il debitore aveva l’ onere di provare di aver tenuto un comportamento diligente(19).Ciò che viene messo in discussione, appunto, è la prova del nesso causale(20).4. Il nesso causaleCome è noto nelle obbligazioni di mezzi il creditore doveva provare la carenza di diligenza (che aveva impedito di conseguire il risultato) e nelle obbligazioni di risultato il debitore doveva dimostrare che il mancato risultato era dipeso da causa a lui non imputabile. Tale distinzione dogmatica si reputa superata per almeno tre ragioni.a) In ciascuna obbligazione si richiede, seppur in modo diverso un “risultato pratico da raggiungere attraverso il vincolo” e “l’impegno del debitore per (…) ottenerlo”.b) La responsabilità del professionista comprende una serie di “doveri (…) accessori ma integrativi dell’obbligo primario di prestazione ancorati al dovere di buona fede, quali obblighi di protezione, indispensabili per il coretto adempimento della prestazione professionale in senso proprio”(21).c) La distinzione fra obbligazioni di mezzi e di risultato urta, secondo i Giudici di legittimità, con il criterio unico di reparto fissato dalla Corte per ogni richiesta conseguente ad una responsabilità contrattuale(22).Da qui la svolta anche in merito alla prova del nesso di causalità.Il creditore deve allegare e non provare l’inadempimento e il nesso di causalità fra questo e il danno con un unico aggravio.”L’allegazione non può limitarsi ad indicare un generico inadempimento, ma deve far riferimento ad un inadempimento qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, non è stato (…) causa del danno”(23).Ciò è tanto più rilevante se si consideri che, secondo un orientamento recente della Cassazione, “i criteri di accertamento del nesso causale adottati dalla Cassazione penale (alto grado di probabilità logica e di credibilità razionale) trovano applicazione solo nel diritto penale e nelle fattispecie omissive; mentre nelle ipotesi di responsabilità civile, soprattutto se si versa in casi di illecito (anche) commissivo, la verità probabilistica si può fermare su soglie meno elevate”(24).La svolta è netta e coinvolge non solo il medico ma ogni obbligazione professionale precisando che il creditore non deve pi provare il nesso causale, ma semplicemente allegare un inadempimento tale da determinare in concreto il danno subito.Con ciò la Corte delinea una responsabilità del professionista secondo un modello di particolare rigore e ribadisce la centralità del giudice nel precisare il reparto dell’onere probatorio secondo un indirizzo consolidato.Basta ricordare che la Cassazione a sezioni unite ha precisato di recente che, in assenza di indicazioni univoche del legislatore, l’interprete nella “ricostruzione della fattispecie sostanziale e nella conseguente ripartizione dell’onere della prova” deve “utilizzare il criterio della maggiore vicinanza o disponibilità della prova”. Ciò in base a principi desumibili dall’art. 24 della Costituzione(25).Si tratta di un modo razionale di amministrazione del danno anche nel nostro caso perchè il professionista può con pi facilità fornire la prova sull’inesistenza del nesso di causalità. Si può solo avanzare qualche osservazione sul ruolo della giurisprudenza in questo settore e sulla funzione della responsabilità.5. La funzione della responsabilità civile.a) Sempre più spesso i giudici innovano il sistema con un mezzo diverso dall’analogia.Molte volte si applica la norma “come se da sempre contenesse la previsione che consente la soluzione nuova”(26). In tal modo “si è trasformato un sistema di legge scritta” in uno diverso nel quale questa non ha pi in sè un senso compiuto senza il diritto applicato. Sicchè “l’aggiunta di senso del diritto giurisprudenziale” si è ormai consacrata come pura fonte che concorre con quella primaria(27) creando la regola.Ciò non deve stupire affatto perchè si adotta un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma ordinaria, con un metodo che potremo definire inconsapevolmente rimediale(28).Provo a spiegare perchè muovendo da due corollari indiscussi.Il rimedio presuppone l’esistenza di un interesse protetto(29). Ciò significa che tale strumento non si sostituisce al diritto o all’obbligo sostanziale ma intende fornire un piano di tutela adeguata in presenza di forme complesse e di nuovi beni da tutelare.In questa area assumono particolare rilievo i principi costituzionali. Non foss’altro perchè “la necessaria corrispondenza tra interesse protetto e rimedio”(30) esige la costruzione di una regola che sia rispettosa delle norme ordinarie e dei principi ordinatori della materia che debbono, nella sentenza, essere rigorosamente individuati e precisati come premessa di una soluzione controllabile in base ai parametri offerti dalla legge e dalla Carta costituzionale.b) D’altra parte non è dubbio che siamo in presenza di una nuova stagione della responsabilità civile.Dopo l’inversione metodologica degli anni settanta del secolo scorso, che ha spostato l’attenzione dall’illecito al danno e ai criteri di imputazione pi efficienti per ripararlo, l’evoluzione sociale sta sollecitando una diversa preminenza di alcune finalità rispetto ad altre.La riparazione della vittima e la finalità deterrente nei confronti del danneggiante sono oggi prevalenti secondo un’evoluzione che è in atto in tutti gli ordinamenti nazionali. Anche tale evoluzione non deve impensierire.Si tratta solo di trovare un equilibrio rigoroso tra punizione e riparazione in modo che le funzioni riparatoria e deterrente della responsabilità civile possano coesistere senza invasioni di campo.(1) F. D. Busnelli, L’illecito nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti verso una riforma? Le prospettive di una novellazione del libro IV del codice civile nel momento storico attuale (atti del convegno di Treviso, del 23-25 marzo 2006), in Riv. dir. civ., 2006, 6, p. 440 ss. e il riferimento al progetto di revisione del codice civile svizzero,argentino, e al nuovo codice civile della Repubblica Ceca.(2) F.D. Busnelli, op. cit., p. 443: “la norma connotante il genus è il nuovo ¤ 280, Abs.1” che “implicitamente vale a qualificare come species le residue regole risarcitorie riferite esclusivamente alla disciplina (degli effetti) dell’atto illecito (arg. ex ¤ 253, Abs. 2, che mutuando il contenuto dell’abrogato ¤ 847, Abs.1, intende ricondurre al genus una regola nata come species relativa all’atto illecito).” Significativa è la nuova disposizione sui danni da informazioni inesatte (¤ 241, Abs. 2) e sul danno non patrimoniale derivante da una “menomazione del corpo, da una lesione della salute,da una violazione della libertà o della autodeterminazione sessuale”, illecito che si libera dal legame con la colpa del danneggiante ” per aprirsi ad una rilevanza che va dalla responsabilità soggettiva a quella oggettiva, dalla responsabilità extracontrattuale a quella contrattuale (passando attraverso la Vertrauenshaftung,) dalle categorie civilistiche di responsabilità alle figure speciali di responsabilità previste dalle leggi di settore”.(3) Queste tendenze lasciano tracce evidenti nelle due pi accreditate ipotesi di uniformazione, i Principles redatti dall’European Group of tort Law (European Group of Tort Law, Principles of European Tort Law and Commentary, Vienna –New York, 2005) e dallo Study Group on a European Civil Code (c.d. Progetto von Bar), Study Group on a European Civil Code (Book V) Principles of European Tort Law (European Principles of Non-contractual Obligations Arising out Damage Caused to Another), prepared by Professor Chr. von Bar. In entrambi si parte dal danno superando il dogma della centralità della colpa senza privilegiare in assoluto le ipotesi di responsabilità oggettiva. Si rivolge particolare attenzione al nuovo rapporto fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e all’ipotesi selettiva della lesione rilevante che non utilizza il termine ingiustizia, (pensato nel codice italiano come modello mediano fra l’assenza francese e la tipizzazione tedesca), ma utilizza, invece, un approccio diverso dai singoli ordinamenti. Con un esito comune, i Principles partono dalla necessità di un interesse protetto come elemento della responsabilità. Il testo redatto dal gruppo di von Bar, al contrario, muove dalla tipizzazione per arrivare alla formula di apertura. Anche se in entrambi i casi è comunque chiara l’esigenza del un criterio selettivo dell’interesse protetto. Certo è che, in entrambi i progetti, è essenziale la disciplina del danno non patrimoniale e il pregiudizio alla persona, recependo i vari modelli che in Europa si sono formati con l’apporto del legislatore e della giurisprudenza teoria e pratica.(4) C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006.(5) F.D. Busnelli, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit., p. 449(6) Le disposizioni in tema di OPA disciplinano i comportamenti che i soci devono assumere in presenza di mutamenti degli assetti proprietari di società quotate. L’esigenza di tutela degli investitori azionisti è compresa nella finalità di tutela del mercato finanziario e dei capitali (prevista nell’art. 92 del t. u. f.) e si articola secondo una ricostruzione scandita in giurisprudenza secondo il seguente schema. “L’obbligo di lanciare l’OPA si configuraÉcome un obbligo contrattuale che ope legis si inserisce nel contratto sociale”, ma la norma non prevede come sanzione, in caso di violazione, “il potere del singolo azionista pretermesso di ottenere coattivamente il risultato” bensì solo l’obbligo a carico dell’inadempiente di rivendere il pacchetto acquisito in eccedenza. Da qui l’esigenza di un’attenta interpretazione, la quale reputa che la disciplina “non esaurisca gli strumenti di autotutela accordati dall’ordinamento a chiunque vanti una posizione giuridicamente rilevante” e non esclude affatto la risarcibilità di un danno ingiusto. Ciò perchè, si dice nella sentenza, “il principio del neminem laedere sancito dall’art. 2043 rappresenta il cardine dei diritti soggettivi contrattuali e non” incorporati nel nostro caso nella azioni dei soci di minoranza. Ne segue la risarcibilità del danno in presenza di una responsabilità contrattuale. Il groviglio teorico è evidente. L’apparato sanzionatorio della legge è completato dal principio del neminem laedere. Non si parla di concorso di azioni o di cumulo di danni ma di una responsabilità contrattuale per la violazione della regola aquiliana. Senza contare la difficoltà della liquidazione del danno “correlata a titoli per loro natura destinati alla fluttuazione”. (Trib. Milano 9 giugno 2005,in Foro it., 2005, n. 3211 con osservazione di A. Palmieri). La Corte di Appello ha di recente ribaltato il ragionamento. Si è sostenuto che la disciplina dell’ OPA esclude l’esistenza di un diritto soggettivo degli azionisti a ricevere un’offerta di acquisto e dunque anche il diritto al risarcimento da inadempimento di un obbligo contrattuale. L’unico danno, ipotizzabile, si osserva ancora, è l’interesse negativo tipico della responsabilità precontrattuale e non l’utilità derivante da un contratto concluso. Resta dunque il dubbio sul danno dovuto in presenza di un comportamento scorretto imputabile alla controparte in presenza di un obbligo legale di comportamento (App. Milano, 15 gennaio 2007, in Riv. dir. comm., 2007, II, 63; Giur. it., 2007, 1707; Banca, borsa tit. cred., 2007, II, 572, con nota di Desana, Giur. merito, 2007, 2578, con nota di Merluzzi e in Corriere giur., 2007, 1560, con nota di Rofli).(7) Sul danno endo-familiare la Cassazione ha segnato, di recente, un punto di svolta significativo. Acquista concretezza il rilevo della dignità e della responsabilità di ogni componente del nucleo familiare ed è prevista la fonte e la misura del danno risarcibile per la lesione di tali situazioni soggettive. Si osserva che i singoli “conservano le loro essenziali connotazioni e ricevono tutela prima ancora che come coniugi e figli come persone in attuazione dell’art. 2 della Costituzione”. Sicchè il rispetto della dignità e della personalità nella sua interezza assume i connotati di un diritto inviolabile la cui lesione è il presupposto logico della responsabilità. E’ evidente come questo indirizzo incida sulla rilevanza giuridica delle posizioni soggettive all’interno della Comunità familiare.(8) La specificità del rapporto di lavoro, nel nostro tema, deve essere riconosciuta proprio per la sua “speciale attitudine a metabolizzare” i diritti della persona nelle relazioni obbligatorie. Dove il carattere assoluto e indisponibile delle situazioni esistenziali si salda con il carattere imperativo e inderogabile delle norme di quel rapporto. Qui il dovere formale di astensione si specifica, di recente, in un obbligo di protezione sino a creare un diritto a vedersi assegnate mansioni professionalmente adeguate pena il risarcimento di un danno esistenziale su cui si sofferma la Corte di Cassazione a sezioni unite.(9) D’altra parte la tipologia del danno alla persona si arricchisce sempre pi nell’area dei rapporti contrattuali.Basta pensare alla riforma del BGB, al testo dei Principi di diritto europeo dei contratti (PECL) al nostro Codice del Consumo (artt. 94, 95, 96) che nel disciplinare il “danno da vacanza rovinata” nella violazione del contratto turistico rende palese la rilevanza, nel nostro sistema, del danno non patrimoniale da inadempimento su cui si è molto discusso in dottrina. Le soluzioni ipotizzabili sono note. La giurisprudenza utilizza la tecnica del concorso di azioni o del cumulo dei danni; espediente utile, che assicura, in molti casi, decisioni ragionevoli: dal medesimo fatto possono nascere diritti diversi, azionabili assieme o in concorso, a scelta del danneggiato. A ben vedere è possibile una diversa qualificazione che prescinda dall’art. 2059 e ss. c.c. e ammetta la risarcibilità di un interesse non patrimoniale violato all’inadempimento di un contratto o di un obbligo legale. La giustificazione teorica è già stata indicata dalla dottrina pi attenta che sollecita una nuova disciplina del danno contrattuale non patrimoniale per porre un argine all’estensione dell’illecito acquiliano che ha avuto una espansione amplissima e tende a entrare e, talora, a scardinare altri istituti con regole pensate per i rapporti fra terzi estranei, le quali non sempre sono pienamente compatibili con altre norme. Se le parti sono legate da un rapporto debbono e possono, in molti casi, trovare piena operatività i criteri speciali di protezione che si conformano a quel determinato rapporto.(10) Cass. 19 aprile 2006 n. 9085, in Resp. e risarcimento, 2006, fasc. 6, 64, nota di Mazzucchelli “Rispetto all’operatore professionale la coscienza sociale, prima ancora che l’ordinamento giuridico, non si limita a chiedere un non facere e cioè il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge fidando nella sua professionalità, ma appunto quel facere nel quale si manifesta la perizia che ne deve contrassegnare l’attività in ogni momento”.(11) Cass. 18 novembre 2005 n. 24456 in Danno e resp., 2006, 1081 ove si dice che “fra insegnante e allievo si instaura ,per contatto sociale, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza”.(12) Cass. 10 gennaio 2003 n. 157 in Giur.it. 2003, 1248, e Cons. Stato, 25 gennaio 2005, n. 340, in Foro amm., 2003, 119.(13) Cass. Sez. Un. 26 giugno 2007, n.14712 Resp. e risarcimento, 2007, fasc. 8, 40, n. Sacchettini e in Corriere giur., 2007, 1706, nota di Di Majo ove si dice che “Pur non senza qualche incertezza , in un quadro sistematico connotato da un graduale avvicinamento dei due tipi di responsabilità (É) la giurisprudenza ha ..mostrato di aderire a una concezione della responsabilità contrattuale (É) derivante da semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere in tali situazioni un determinato comportamento”.(14) Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008 n. 577, in Diritto & Giustizia, 15 gennaio 2008. Il Presidente è Carbone e l’estensore Segreto, due protagonisti di grandi svolte giurisprudenziali che meritano grande attenzione. Vediamola da vicino.(15) La documentazione era stata prodotta dopo i termini dell’art 184 c.p.c. e riprodotta in appello.(16) V. da ultimo Cass. n. 1698 del 26 gennaio 2006, in Foro it. Online 2006, e in Rep. Foro it., Contratto in genere [1740], n. 360.(17) Da ultimo Cass. n. 9085 del 19 aprile 2006, in Resp. e risarcimento, 2006, 6, 64, nota di Mazzucchelli(18) Cass. Sez. Un. 1 luglio 2002 n. 9556 in Foro it., 2002, I, 3060; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1698, cit.(19) Da ultimo Cass. 24 maggio 2006, n. 12362, in Repertorio Foro it., 2006, Professioni intellettuali [5230], n. 198.(20) Cass. Sez. Un. 30 ottobre 2001, n. 13533, in Foro it., 2002, I, 769 nota di Laghezza, in Contratti, 2002, 113, nota di Carnevali, in Nuova giur. civ., 2002, I, 349, nota di Meoli e Cass. Sez. Un. 28 luglio 2005 n. 15781, in Obbl. e contr., 2006, 712, nota Follieri.(21) Così Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008 n. 577, in Foro it., 2008, I, 455 nota di Palmieri e il richiamo a Cass. 19 maggio 2004 n. 9471, in Dir. e giustizia, 2004, fasc. 25, 32.(22) Cass. sez. un. 30 ottobre 2001 n. 13533, cit.(23) Cass, sez. un. 11 gennaio 2008, n. 577, cit.: “nella fattispecie (É) avendo l’attore provato il contratto relativo alla prestazione sanitaria ed il danno assunto ( epatite) allegando che i convenuti erano inadempienti avendolo sottoposto ad emotrasfusione con sangue infetto, competeva ai convenuti fornire la prova che tale inadempimento non vi era stato, poichè non era stata effettuata una trasfusione con sangue infetto, oppure che, pur esistendo l’inadempimento esso non era eziologicamente rilevante nell’azione risarcitoria proposta, per qualunque ragione, tra cui quella addotta dall’affezione patologica già in atto al momento del ricovero.”(24) Cass. 19 maggio 2006 n. 11755, in Danno e Resp., 2006, 1238.(25) Cass. 10 gennaio 2006 n. 141 in Foro it., 2006, I, 704.(26) C. Castronovo, La responsabilità civile in Italia al passaggio del millennio, in Europa e dir. priv., 2003, p. 168-169.(27) C. Castronovo, op. loc. cit.(28) v. U. Mattei, I Rimedi, in Il diritto soggettivo, nel Trattato di diritto civile, dir. da R. Sacco, Torino, 2001, p. 105 ss.; A. Di Majo, Il linguaggio dei rimedi, in Europa dir. priv., 2005, 2, p. 341 ss.; Id, Adempimento e risarcimento nella prospettiva dei rimedi, ivi, 2007, p 2 ss.; D. Messinetti, Sapere complesso e tecniche rimediali, ivi, 2005, p. 605 ss.; P.G. Monateri, Ripensare il diritto civile, Torino, 2006.(29) U. Mattei, op. cit., p.108.(30) V. da ultimo E. Navarretta, La complessità del rapporto fra interessi e rimedi nel diritto europeo dei contratti, Intervento al Convegno svolto a Firenze il 30 marzo 2007 dal titolo Remedies in contract. The common rules for a european law, di prossima pubblicazione nella Collana Persona e Mercato, dir. da G. Vettori; ed ivi il richiamo di Van Gerwen, Of rights, remedies and procedures, in Common Market Law Review, 2000, p. 526.

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