ISSN 2239-8570

Le Sezioni Unite sulla ammissibilità delle servitù di parcheggio, di Lucilla Rogantini


DOCUMENTI ALLEGATI

Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervengono al fine di dirimere il lungo contrasto giuridico in merito alla possibilità di costituire e riconoscere servitù prediali di parcheggio.

La vicenda processuale a fondamento della presente pronuncia trae origine dalla domanda di nullità di un contratto costitutivo di servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi in genere.

La suddetta domanda è stata rigettata dalla Corte d’Appello, così confermando la decisione del Tribunale di primo grado. Avverso la pronuncia dei giudici di merito, poi, il proprietario del fondo servente ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo che lo stesso fosse assegnato alle Sezioni Unite, stante il contrasto giurisprudenziale relativo alla generale ammissibilità delle servitù prediali di parcheggio.

Al fine di definire il denunciato conflitto, gli ermellini muovono innanzitutto da una ricognizione dell’evoluzione giurisprudenziale e della posizione dottrinaria formatesi in materia.

Un primo orientamento della giurisprudenza, consolidato fin dal 2004 (Cass. 8137/2004), ha sostenuto che il parcheggio di autovetture su di un’area non potesse essere considerato espressione di un diritto di servitù, difettando in esso il carattere della “realitas”, intesa quale inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso. Infatti, la mera “commoditas” di parcheggiare l’auto riferita a determinate persone, caratteristica tipica del diritto di parcheggio, “non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari”.

Questo principio è stato poi ribadito anche da Cass. 20409/2009, la quale ha altresì evidenziato come nel nostro sistema giuridico non sia concesso ai privati di costituire servitù che siano meramente personali, ossia le c.d. “servitù irregolari”. Tali forme di servitù, che limitano il diritto di proprietà su di un fondo a beneficio non del fondo confinante, bensì del singolo proprietario di quest’ultimo, devono, invece, essere ricondotte nell’ambito del diritto d’uso o di figure affini quali la locazione, l’affitto o il comodato.

Ancora, con la sentenza n. 23708/2014 la Corte, ribadendo l’argomento del difetto di realitas e del concetto di commoditas di parcheggiare quale vantaggio personale, ha decretato la nullità del contratto costitutivo di servitù di parcheggio per impossibilità dell’oggetto.

La posizione della dottrina è, invece, prevalentemente favorevole alla ammissibilità della servitù di parcheggio.

I commentatori, rifacendosi al principio della autonomia negoziale, riconoscono la possibilità, qualora sussistano determinati requisiti, di costituire servitù di parcheggio, in luogo di meri rapporti obbligatori.

Quale elemento in favore della legittimità della costituzione di una servitù di parcheggio, è stata individuata la affinità esistente tra il transitare con un’autovettura su un fondo di proprietà altrui ed il parcheggiarla. Così come per il passaggio, infatti, anche per il parcheggio, in base al principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c., è possibile costituire tra i proprietari di fondi confinanti un rapporto di natura reale. Siffatto rapporto impone un peso sul fondo servente per il vantaggio del fondo dominante, configurando una qualitas fundi.

La dottrina evidenzia, poi, che la costituzione di una servitù di parcheggio fornisce sì un vantaggio individuale alla persona, ma arreca un’utilità altresì per il fondo dominante, contribuendo a renderlo più fruibile. A tale fine occorre, tuttavia, che il diritto in oggetto presenti determinati requisiti e, in particolare: l’immediatezza (nel senso che il titolare del fondo dominante debba potersi avvalere dell’utilitas derivante dalla servitù senza collaborazione di altri soggetti); l’inerenza al fondo servente (quale peso di detto fondo) e al fondo dominante (quale utilitas); la vicinanza (in quanto per essere veramente utile l’area di parcheggio non deve essere lontana dal fondo dominante). La servitù deve, inoltre, procurare un vantaggio specifico e diretto per il fondo dominante, migliorandone l’utilizzo complessivo (l’esempio classico è quello del fondo a destinazione abitativa che vede accrescere la sua utilità dal diritto di parcheggiare sul fondo del vicino).

A partire dal 2017, la giurisprudenza di legittimità registra un’inversione di tendenza rispetto al descritto orientamento negativo ammettendo, a certe condizioni, la possibilità di costituzione della servitù prediale di parcheggio. Secondo Cass. 16698/2017“lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione”.

Osserva, infatti, la Corte di Cassazione che la c.d. utilitas per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente) può avere in effetti contenuto assai vario. Per cui la tipicità delle servitù volontarie è da ritenersi di carattere strutturale e non contenutistico, dovendosi verificare la possibilità di costituire la servitù di parcheggio sul piano della conformazione.

La realitas, che distingue il ius in re aliena dal diritto personale di godimento, implica l’esistenza di un legame oggettivo e diretto tra il peso imposto al fondo servente ed il godimento del fondo dominante, al fine di incrementarne l’utilizzazione, sì che l’incremento di utilizzazione deve poter essere conseguito da chiunque sia proprietario del fondo dominante e non essere legato ad una attività personale del soggetto.

In tale nuova prospettiva, il carattere della realità non può essere escluso per il parcheggio dell’auto sul fondo altrui quando tale facoltà sia costruita come vantaggio a favore del fondo, per la sua migliore utilizzazione.

La questione si pone, quindi, non già in termini di configurabilità in astratto della servitù di parcheggio, ma di previsione, in concreto, di un vantaggio a favore di un fondo cui corrisponde una limitazione a carico di un altro fondo.

Così ricostruiti i tratti essenziali del dibattito giurisprudenziale e dottrinale in materia, le Sezioni Unite in commento ritengono di aderire alla tesi favorevole alla configurabilità, a determinate condizioni, di una convenzione istitutiva della servitù di parcheggio, in linea con l’orientamento inaugurato dalla sentenza n. 16698/2017.

Tra gli argomenti a sostegno di questa posizione si riconosce, in primo luogo, la evidente affinità tra il transitare ed il parcheggiare un’autovettura all’interno di un fondo di proprietà altrui.

Vi è poi un argomento di ordine sistematico di indubbia rilevanza, rappresentato dalla legislazione sui vincoli di parcheggio (a partire dalla l. n. 765/1967) che dimostra il favore del legislatore verso la destinazione di spazi privati a parcheggio. Addirittura, ripetute pronunce della Corte di Cassazione hanno affermato l’esistenza in tali casi di un diritto reale d’uso sulle aree destinate a parcheggio così estromettendo l’argomento della mancata ammissibilità della servitù di parcheggio per difetto di inerenza al fondo.

Ancora la Corte sottolinea come la tesi negatrice abbia sempre dato per assunto che l’utilità sia riferibile alle persone e non ai fondi, così non approfondendo adeguatamente l’estensione dei concetti di utilità ed inerenza.

La Cassazione – nel solco della dottrina dominante – evidenzia, dunque, che la tesi favorevole alla costituzione della servitù di parcheggio, non solo si conforma al sistema giuridico attuale, ma altresì valorizza il principio dell’autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.). In questo senso, le parti sono libere di prevedere “una utilitas – destinata a vantaggio non già di una o più persone, ma di un fondo – che si traduca nel diritto di parcheggio di autovetture secondo lo schema appunto della servitù prediale e quindi nell’osservanza di tutti i requisiti del ius in re aliena, quali l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’immediatezza, l’inerenza al fondo servente ed a quello dominante, la specifica utilità riservata, la localizzazione”.

Per la Corte deve però considerarsi un ulteriore aspetto (Cass. Sez. Un. n.28972/2020). La servitù può sì essere modellata in funzione delle più svariate utilizzazioni; tuttavia, non può mai tradursi in un diritto di godimento generale del fondo servente. Essa, concretandosi in un rapporto di assoggettamento tra due fondi, importa una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente. Tale restrizione, se pur commisurata al contenuto tipico della servitù, non può, però, risolversi nella totale elisione delle facoltà di godimento del fondo servente, pena lo svuotamento della proprietà dello stesso. In questa prospettiva, spetterà sempre al giudice di merito (Cass. Sez. Un. n.8434/2020) la valutazione se il contratto debba qualificarsi quale contratto ad effetti reali o contratto ad effetti obbligatori.

Le Sezioni Unite concludono, pertanto, nel senso della possibilità di costituire, mediante convenzione, una servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo su fondo altrui a condizione che “in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione”.

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