ISSN 2239-8570

Legge Balduzzi e natura extracontrattuale della responsabilità del medico, di Antonio Gorgoni


DOCUMENTI ALLEGATI

La sentenza del Tribunale di Milano, 17 luglio 2014, n. 9693, con riferimento alla fattispecie dell’art. 3 co. 1 l. n. 189/2012 (cd legge Balduzzi), afferma, contrariamente all’orientamento della Cassazione, la natura extracontrattuale della responsabilità del medico dipendente da una struttura sanitaria. La disposizione contenuta in quest’articolo stabilisce che il medico, pur rispettoso delle linee guida e buone pratiche, è tenuto all’«obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile», qualora abbia con colpa lieve arrecato un danno al paziente.

Il tenore letterale, almeno secondo una certa interpretazione, non farebbe sorgere dubbi, nel senso della responsabilità aquiliana del medico, qualora tra quest’ultimo e il paziente danneggiato non sia stato concluso un contratto d’opera professionale. Ebbene, il Tribunale di Milano rafforza questa tesi, legando il significato proprio delle parole alle finalità perseguite dal legislatore (art. 12. co. 1 disp. prel. cod. civ.).

Così, sempre secondo la sentenza che si annota, si spiegherebbe la scelta legislativa, ai sensi dell’art. 3 co. 1 d.l. cit., di escludere la responsabilità penale in caso di colpa lieve (abolitio criminis), pur tenendo ferma la responsabilità civile di natura extracontrattuale in capo al medico. La legge avrebbe superato il consolidato orientamento giurisprudenziale, costante dal 1999, che qualificava la responsabilità del medico dipendente da una struttura sanitaria come da inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 c.c.), originate dal contatto sociale col paziente (art. 1173 c.c.).

La soluzione ermeneutica del giudice milanese si fonda essenzialmente su tre argomenti: 1) la legge di conversione ha modificato il testo originario dell’art. 3 co. 1 d.l. n. 158/2012 che richiamava gli artt. 2236 e 1176 del cod. civ.; 2) l’inequivoco tenore letterale dell’art. 3 co. 1 l. n. 189/2012; 3) la maggiore efficacia della responsabilità extracontrattuale a perseguire le finalità della legge Balduzzi, ossia: il contenimento della spesa sanitaria e il contrasto della medicina difensiva, fenomeno, questo, che, oltre a pesare sempre sulla spesa, costituisce anche un pericolo per la salute dei pazienti.

Nel caso sotteso alla decisione del Tribunale di Milano, secondo la CTU, vi era stata una responsabilità del chirurgo che aveva eseguito l’intervento di tiroidectomia totale non a regola d’arte. Ne era conseguita l’irreversibile paralisi della corda vocale destra e il danneggiamento, solo in parte rimediabile, di quella sinistra.     

Il paziente, attore in giudizio, cita il medico e la struttura sanitaria. Il Tribunale distingue le responsabilità di ciascuno. Poiché, come si diceva, l’esercente la professione sanitaria risponde ai sensi dell’art. 2043 c.c., il paziente dovrà dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano, tra cui l’elemento soggettivo di imputazione della responsabilità. L’azione si prescrive in cinque anni dal fatto.

Diversa, sempre secondo il Tribunale, è invece la posizione giuridica della struttura sanitaria. Si sostiene chiaramente nella sentenza che la legge Balduzzi non ha inciso sulla responsabilità dell’ente. Il citato art. 3 si riferisce solo alla persona fisica, pertanto, si deve confermare la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inadempimento del contratto atipico di spedalità concluso – anche per fatti concludenti – col paziente.

Tale contratto obbliga la struttura (pubblica e privata) non solo a prestazioni secondarie e accessorie (id est: assistenza al malato, vitto e alloggio in caso di ricovero), ma anche, e principalmente, a svolgere prestazioni di cura. Il cui inadempimento determina una responsabilità della stessa ai sensi dell’art. 1218 c.c., anche se la condotta dannosa sia stata tenuta da un proprio dipendente o da un collaboratore esterno [(art. 1228 c.c.), cfr. Cass. Sez. un., 11.1.2008, n. 577, in Nuova giur. civ. comm., 2008, 5, 616, con nota di R. De Matteis, La responsabilità della struttura sanitaria per danni da emotrasfusione]

Se la domanda è rivolta contro l’ente ospedaliero, l’attore dovrà da un lato provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia, dall’altro, allegare l’inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Resta a carico del debitore (la struttura sanitaria) l’onere di provare che l’inadempimento non vi è stato, oppure che, pur essendovi stato, esso non è eziologicamente riconducibile alla condotta del medico, ma a un evento imprevisto e imprevedibile.

Insomma secondo il Tribunale di Milano, la vittima della malpratice medica, se cita in giudizio la struttura sanitaria e il medico, è assoggettata al regime giuridico dei due tipi di responsabilità civile: contrattuale nei confronti della prima ed extracontrattuale nei riguardi del secondo. Tuttavia – ritiene il Tribunale – stante l’unicità del fatto dannoso, qualora le domande siano fondate nei confronti di entrambi i convenuti, vi è una responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 c.c.

In giurisprudenza l’orientamento della sentenza milanese è condiviso da: Trib. Varese, 26.11.2012, n. 1406, in Studio-Legale-Leggi d’Italia on line, Trib. Torino, 26.2.2013, in Danno e resp., 2013, 373.

Contra: Cass., 17.4.2014, n. 8940 in www.ilcaso.it, con un’articolata motivazione, conclude che «alla norma [art. 3 co. 1 l. n. 189/2012] nessun rilievo può attribuirsi che induca al superamento dell’orientamento tradizionale sulla responsabilità medica da contatto»; Cass., 19.2.2013, n. 4030, in Guida al dir., 2013, 17, 25, sia pur con un obiter dictum; Trib. Arezzo, 14.2.2013, in Danno e resp., 2013, 368, Trib. Rovereto, 29.12.2013, in Danno e resp., 2013, 378, Trib. Cremona, 1.10.2013, n. 593, in www.cassazione.net, osserva acutamente che l’art. 3 d.l. n. 158/2012 rinvia non già all’art. 2043 c.c. nella sua interezza, ma solo all’«obbligo» di cui al medesimo articolo, ossia esclusivamente al risarcimento del danno. Peculiare è, invece, la posizione del Trib. Brindisi, 18.7.2014, in www.cassazione.net, secondo cui in base al principio della cumulabilità dei rimedi, il danneggiato può agire nei confronti del medico con l’azione extracontrattuale da sola o, in alternativa, a quella contrattuale da contatto sociale.

In dottrina si è affermato che il legislatore, nel riferirsi all’«obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile», abbia operato sull’effetto (l’obbligo risarcitorio) e non sulla fattispecie (la natura della responsabilità), cfr.: G. Vettori, La responsabilità medica e il danno non patrimoniale fra legge e giudice. Un invito al dialogo, in Persona e mercato, 2013, 4, 356 e R. Breda, Responsabilità medica tra regole giurisprudenziali e recenti interventi normativi, in Contr. impr., 2014, 3, 786. Contra R. De Matteis, La responsabilità professionale del medico. L’art. 3 del d.l. n. 158/2012 tra passato e futuro della responsabilità medica, in Contr. impr., 2014, 1, 89 ss. e P. Gattari, Profili civilistici della legge Balduzzi: il «senso» del richiamo all’art. 2043 c.c., secondo il quale il Parlamento italiano ha voluto «limitare la responsabilità degli esercenti una professione sanitaria ed alleggerire la loro posizione processuale attraverso il richiamo all’art. 2043». Esprime tale limitazione, secondo l’Autore, anche il disposto dell’art. 3 co. 3 delle legge Baduzzi, che ha introdotto un criterio che circoscrive l’entità del danno biologico risarcibile, attraverso il richiamo degli artt. 138 e 139 d.lgs n. 209/2005 (codice delle assicurazioni private).

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