ISSN 2239-8570

Modifica delle condizioni della separazione consensuale: dichiarazione del coniuge di essere economicamente autosufficiente e vizi del consenso (nota a Cass., 19 marzo-8maggio 2008, n. 11489), di Antonio Gorgoni

Cass., 19 marzo – 8 maggio 2008, n. 11489 

Ricercatore di diritto privato

Sommario: 1. Il caso e le questioni. – 2. La decisione della Cassazione.

1. Il caso e le questioni.

Il marito adiva il tribunale con ricorso ai sensi dell’art. 710 c.p.c. chiedendo non solo la modifica delle condizioni della separazione, ma anche altri provvedimenti che esulano dall’oggetto del giudizio camerale attivato.Segnatamente egli chiedeva: 1) la modifica della dichiarazione, sottoscritta dai coniugi, di essere economicamente autosufficienti; 2) l’accertamento del deterioramento delle sue condizioni economiche derivanti da un’iscrizione ipotecaria; 3) l’accertamento dell’indebito comportamento della moglie la quale, rifiutando sostegno economico al figlio che iniziava l’attività imprenditoriale, aveva accresciuto l’esposizione debitoria del ricorrente nei confronti della banca erogatrice del mutuo ipotecario; 4) la revocazione per indegnità della donazione indiretta oggetto dei patti della separazione consensuale; 5) il riconoscimento a proprio favore di un assegno mensile di mantenimento.Il tribunale rigettava il ricorso e la Corte d’Appello, in sede di reclamo, dichiarava inammissibili tutte le domande, salvo quella riguardante la richiesta dell’assegno periodico di mantenimento. Inammissibilità per i seguenti motivi: la 2) perché il procedimento di cui all’art. 710 c.p.c. non termina con una pronuncia accertativa né dichiarativa; la 3) perché la moglie, in sede di separazione, non aveva assunto alcuna obbligazione verso la prole; la 4) in quanto l’effetto giuridico richiesto non può essere conseguito attraverso il procedimento camerale volto esclusivamente alla modifica delle condizioni della separazione.La quinta domanda, pur dichiarata ammissibile in rito, è rigettata nel merito perché il ricorrente non forniva la prova del deterioramento della propria situazione economica, né allegava fatti indicativi di un miglioramento del reddito della moglie tale da consentire all’organo giudicante di verificare l’insorgenza di una sopravvenuta sperequazione tra le posizioni dei coniugi.Il marito ricorre in Cassazione.Prima di esaminare la pronuncia della Suprema Corte indichiamo le questioni sollevate da questo caso.Una riguarda l’ammissibilità nel procedimento previsto dall’art. 710 c.p.c. (richiamato dall’art. 711 u.c. c.p.c.) della domanda volta a far valere un vizio del consenso degli accordi di separazione. Nella fattispecie il marito adduceva di aver firmato un foglio in bianco riempito successivamente dal legale della moglie in modo difforme da quanto concordato.Un’altra investe l’interpretazione della locuzione “giustificati motivi”, presupposto per ottenere la revoca o la modifica dei provvedimenti del giudice della separazione.L’ultima attiene alla modificabilità della dichiarazione, formalizzata nel verbale presidenziale, di essere economicamente autosufficiente. Più in generale ci si domanda se la regola contenuta nell’art. 156 ult. co. c.c. dell’efficacia rebus sic stantibus sia derogabile.

  2. La decisione della Cassazione.

La Cassazione, con la pronuncia in esame (1), conferma il decreto della Corte d’Appello riprendendo principi già consolidati nella giurisprudenza. Vediamoli subito tralasciando i quattro motivi del ricorso.I coniugi, si afferma nella sentenza, non possono intraprendere il procedimento disciplinato dall’art. 710 c.p.c. per far valere vizi della volontà manifestata per regolare le condizioni della separazione. “Oggetto della procedura camerale è esclusivamente l’accertamento dell’esistenza dei ‘giustificati motivi’ che autorizzano la modificazione delle condizioni della separazione…”. I presupposti del procedimento di cui all’art. 710 c.p.c. sono: una valida separazione consensuale e un fatto, qualificato giustificato motivo, sopravvenuto rispetto al tempo in cui è stato concluso l’accordo.Ciò non implica che un eventuale vizio del consenso non possa essere fatto valere in quanto, da tempo, dottrina e giurisprudenza hanno chiarito che l’udienza presidenziale del procedimento di separazione non garantisce la libertà delle volontà espresse. Inoltre l’omologa è intesa come mera condizione sospensiva legale di efficacia dell’accordo di separazione il quale, avendo  natura negoziale (2), può essere affetto da vizi. Di conseguenza la volontà di separarsi, così come gli altri accordi della separazione, possono essere impugnati con i rimedi contrattuali che presidiano la validità del consenso come effetto del libero incontro delle volontà delle parti (errore, violenza e dolo). Ma secondo la sentenza in esame, i vizi del consenso, stante la loro estraneità alla locuzione “giustificati motivi”, devono essere fatti valere in un processo ordinario di cognizione. Sui giustificati motivi, concetto elastico, la pronuncia in commento si sofferma brevemente affermando che essi devono essere intesi “quali fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale gli accordi furono stipulati”. Due sono, quindi, le circostanze evidenziate che legittimano la modifica delle condizioni della separazione: un fatto nuovo e tale da alterare, sostanzialmente, l’equilibrio raggiunto con il precedente accordo.  Questo punto è condiviso dalla giurisprudenza precedente la quale ha più volte affermato che l’incremento del reddito del coniuge debitore o creditore (3) non costituisce, di per sé, giustificato (4) motivo idoneo per rivedere l’importo dell’assegno. Soffermiamoci brevemente.Quanto alla posizione del coniuge obbligato occorre verificare se l’aumento del reddito concreti un’aspettativa per l’altro coniuge sorta durante il rapporto di convivenza matrimoniale, nel senso di poter correlare il maggior guadagno con il lavoro svolto prima della crisi coniugale o con la qualificazione professionale raggiunta nel medesimo periodo. In secondo luogo il giudice accerterà se la somma corrisposta fino a quel momento era idonea o meno a garantire il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Se l’esito di questa indagine è negativo, e sussistendo anche la predetta condizione, il giudice disporrà l’aumento dell’importo dell’assegno poiché la sopravvenienza – l’incremento delle entrate – altera oggettivamente il precedente equilibrio raggiunto in relazione ad una diversa situazione patrimoniale la quale, al tempo, non consentiva al coniuge creditore di continuare il tenore di vita matrimoniale.  Una valutazione complessa è richiesta anche per disporre la riduzione dell’assegno qualora il coniuge creditore incrementi il proprio reddito. Anche qui non è sufficiente dimostrare che il creditore abbia iniziato a lavorare o a svolgere un secondo lavoro; occorre altresì provare che la nuova situazione alteri l’equilibrio raggiunto in precedenza. E segnatamente che il coniuge creditore dell’assegno, in virtù del fatto sopravvenuto, raggiunga o superi il tenore di vita goduto durante la vita matrimoniale. In questo caso il giudice disporrà, a seconda della misura dell’incremento del reddito, la riduzione o la revoca dell’assegno (5).  L’ultimo punto riguarda la possibilità di derogare alla regola dell’efficacia rebus sic stantibus degli accordi di separazione sancita dall’art. 156 ult. co. cod. civ. La Corte d’appello, con decreto confermato dalla sentenza in commento e in linea con dottrina maggioritaria (6), ha affermato che la dichiarazione di essere economicamente autosufficiente può essere sempre modificata attivando il procedimento previsto dall’art. 710 c.p.c. Ne consegue che una mera rinuncia all’assegno di mantenimento, anche non formalizzata nel verbale giudiziale, non ha efficacia definitiva ma è influenzata dalle sopravvenienze nei limiti in cui queste rilevino giuridicamente.

______________________________________________________________________________________NOTE

1) Cass., 8 maggio 2008, n. 11489, in Guida al dir., 2008, 33, p. 62 ss.

2) Cass., 5 marzo 2001, n. 3149, in Fam. e dir., 2001, 4, p. 442 ss.; Cass., 20 novembre 2003, n. 17607, in Guida al dir., 2004, 7, p. 70 ss., sulla simulazione dell’accordo di separazione; Cass., 4 settembre 2004, n. 17902, in Fam. e dir., 2005, 5, p. 508 ss., con nota di I. PAGNI, Vizi del consenso e annullabilità della separazione consensuale omologata: lo sfuggente rapporto tra autonomia negoziale e controllo giudiziale; Cass., 29 marzo 2005, n. 6625, in Giust. civ., 2006, I, c. 933 ss. e Cass., 20 marzo 2008, n. 7450, in Foro it. on line. Giustamente conclude I. Pagni che ove la volontà dei contraenti sia viziata “è logico ammettere la possibilità che si ponga nel nulla l’accordo con un’azione contenziosa, senza passare attraverso i rimedi camerali del reclamo e della revoca, in una visione che conserva all’accordo la natura di atto sostanziale, e ne esclude la fusione col provvedimento giudiziale che ne ha consentito l’efficacia”.

3) Cass. 11 marzo 2006, n. 5378, in Foro it. on line.; Cass., 23 agosto 2006, n. 18367, in Foro it. on line; Cass., 4 aprile 2007, n. 12687, in  Fam., pers. e succ., 2007, p. 1000 ss., con nota di Dossetti; Cass., 28 giugno 2007, n. 14921, in Fam. pers. e succ., 2007, 12, p. 978 ss., con nota di F. R. Fantetti; Cass., 11 settembre 2007, n. 19065, in Fam. e dir., 2008, 4, p. 343 ss., con nota di L. C. Naldi, e ivi Cass., 9 ottobre 2007, n. 21097, p. 334 ss., con nota di C. Carbone; Cass., 28 gennaio 2008, n. 10650, in Fam. e dir., 2008, 8-9, p. 772 ss., con nota di M. Giorgetti, e  Cass., sez. I, 08-05-2008, n. 11488, in Foro it. on line.

4) Secondo la Cass., 11 marzo 2006, n. 5378, cit., l’ex coniuge obbligato a corrispondere l’assegno di divorzio ha diritto alla riduzione dell’importo qualora decida di ridurre il lavoro passando dal tempo pieno a quello parziale, se tale scelta – espressione di libertà fondamentali quali la libera disponibilità delle proprie energie fisiche ed intellettive e la libera scelta dell’attività lavorativa – alteri oggettivamente l’equilibrio determinato al momento della pronuncia del divorzio. Si legge nella sentenza che il predicato “giustificati non mira ad introdurre un sindacato del giudice sulle cause dei sopravvenuti mutamenti delle condizioni economiche della parti, ma evoca semplicemente l’esigenza di una verifica circa l’idoneità di tali mutamenti a giustificare la modifica delle disposizioni sull’assegno”.

5) Secondo la Cass. 11 settembre 2007, n. 19065, cit., il fatto che l’ex coniuge creditore dell’assegno inizi a svolgere un’attività di lavoro autonomo non è di per sé motivo sufficiente per ordinare la diminuzione o l’eliminazione dell’assegno. Il giudice dovrà verificare se il nuovo reddito da lavoro consenta di raggiungere autonomamente un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

6) A. LISERRE, Autonomia negoziale e obbligazione di mantenimento del coniuge separato, in Riv. crit. dir. proc. civ., 1975, p. 486 ss.; A C. DONISI; Limiti all’autoregolamentazione degli interessi nel diritto di famiglia, in Rass. dir. civ., 1997, 3, p. 495 ss.; G. ALPA-E. BARGELLI, Premessa: I rimedi alla crisi familiare, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, vol. I, Famiglia e matrimonio, 2002, p. 906 ss.; ivi C. LUMIA, La separazione consensuale, p. 697 ss.; E. RUSSO, Gli “effetti inderogabili” del matrimonio. Contributo allo studio dell’art. 160 c.c., in Riv. dir. civ., 2004, p. 569 ss.;  C. M. BIANCA, La famiglia. Le successioni, Milano, 2005, p. 228-229; M. MANTOVANI, voce Separazione personale, in Enc. giur., 1996, p. 19; F. MOROZZO DELLA ROCCA, voce Separazione personale, in Enc. dir., 1989, p. 1398-1399; E. CAPOBIANCO, Crisi familiari e autonomia privata, in Rass. dir. civ., 2003, 4, p. 819-820; ID., I trasferimenti patrimoniali nella crisi familiare, in Rass. dir. civ., 2006, 2, p. 359 ss. 

Pubblicato in Famiglia e successioni

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